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Cina e Asia centrale: un ''Nuovo Grande Gioco'' o un antico Dingwei?

Il lavoro è fondato, da un punto di vista teorico, sulle tesi geopolitiche incentrate -sulla base di una rigorosa analisi storica che abbraccia i più svariati settori del sapere - su una sorta di "ineluttabile" ritorno della Cina ad un ruolo di vertice nel panorama politico mondiale. Prima del secolo conosciuto in Cina come il "secolo delle umiliazioni" (parte prima, 1842-1949)), infatti, il Celeste Impero era stato per millenni lo ZhongGuo, lo "Stato del Centro", centro di irresistibile attrazione per genti "diverse", situate al di fuori o ai limiti del perimetro nazionale, eppure disposte ad entrare in contatto con il Centro per riceverne in cambio vantaggi economici e influenze politico-culturali. E quel che avvenne non solo per le tradizionali aree d'influenza sinica, ma anche per la regione dell'Asia centrale, seppur con modalità e tempi distinti.
Distrutto questo "ordine mondiale cinese" con l'avvento delle potenze occidentali, la tesi propone l'obbiettivo di ricostruire analiticamente, seguendo idealmente il movimento a pendolino della storia cinese, quel primato che fece della Cina il motore politico anche di buona parte di quella che oggi è conosciuta come Asia centrale postsovietica. La "Via della Seta" (seconda parte, 128 a.C.-1878) potrebbe allora essere considerata, in un'ottica parzialmente diversa da come comunemente la s'intende, come il maggior strumento d'influenza utilizzato dall'impero cinese per conquistare il suo ruolo di primaria importanza nei confronti della regione centroasiatica. Più specificatamente, l'espressione Via della Seta è stata utilizzata come un fattore relazionale di politica estera, non diversamente da quanto fatto per la SCO nella sezione conclusiva: in quanto tale, essa potrebbe essere ben intesa come un primitivo sistema regionale con al suo vertice la Cina.
Sul finire dell'800, come detto, la Cina fu costretta dalla sua debolezza internazionale a piegarsi su se stessa e ad assistere impotente non solo al crollo di un certo sistema internazionale che aveva interessato tutta l'Asia orientale, ma anche alla fine di un regime politico interno sopravvissuto per duemila anni. Chiuso il secolo buio della dominazione straniera, la "Nuova Cina" avvierà, attraverso un percorso piuttosto turbolento, un processo di lenta ma inarrestabile ricostruzione nazionale: sul versante internazionale, ciò sarebbe equivalso ad una progressiva integrazione della Cina nel sistema internazionale di stampo moderno e occidentale, pur con tutti i retaggi storico-culturali che ne avrebbero immancabilmente condizionato la politica estera generale (parte terza – 1949-20..?).Così come l’opera unificatrice del primo imperatore Qin fu valorizzata dai successori Han, che fecero dell’impero il più immenso e prospero stato del mondo, così l’opera di ricostruzione nazionale di Mao Zedong fu ripresa e radicalizzata dalla leadership del PCC postmaoista. Con la politica di apertura voluta da Deng Xiaoping nel 1978, infatti, la Cina inaugurerà la sua travagliata scalata al boom e agli straordinari successi economici degli ultimissimi anni. “Ritrovata” la via della modernità, la Cina poteva finalmente aspirare anche al quel ruolo politico da grande potenza che la sua storia millenaria e le sue enormi dimensioni le avevano tradizionalmente assegnato.
La svolta, in rapporto all’Asia centrale, avvenne nel 1991 allorché, in seguito alla repentina implosione dell’URSS, fu proclamata la nascita delle cinque repubbliche centroasiatiche indipendenti. Con l’evolversi degli eventi, l’Asia centrale sarebbe ridivenuta quella “regione centrale” teorizzata dai padri della geopolitica moderna, luogo d’incontro e scontro di popolazioni e culture diverse e fucina di civiltà antiche che riaffioravano in superficie dopo oltre un secolo di dominazione russa; terra di enormi contraddizioni, laddove si sarebbero incrociati gli interessi e le strategie internazionali delle più grandi nazioni del mondo. Gli analisti avrebbero coniato l’espressione Nuovo Grande Gioco per definire questi intricati e complessi sviluppi in atto nell’area. Altri studiosi, avrebbero parlato dell’Asia centrale come di un antico Dingwei cinese, uno “spazio vitale ” tradizionalmente rientrante nella sfera d’influenza cinese. Lontano dalla facile conclusioni e utilizzando le più recenti ricerche e documenti di settore, il lavoro termina analizzando in modo sistematico il nuovo sguardo lanciato dalla Repubblica Popolare cinese agli antichi “territori occidentali” (sezione conclusiva), dove considerazioni legate all’integrità nazionale, all’approvvigionamento di risorse energetiche e alla lotta contro il terrorismo internazionale fondano una politica estera dai tratti decisamente innovativi, segno più evidente del ritorno della Cina ad una posizione di supremazia internazionale che, lungi dall’esser conseguenza di un Grande Gioco o di un fittizio programma d’espansione di “spazi vitali”, trova nella storia la sua più precisa collocazione.

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