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NarrAttori, un'orazione civile, politica e laica

Questa tesi rappresenta un viaggio, un piccolo viaggio nel mondo della narrazione teatrale, attraverso i mezzi e le tecniche che l’hanno, di volta in volta, custodita e veicolata.

Il percorso inizia al cospetto di un “teatro diversabile”, costretto ad affidarsi solamente alla potenza della parola, che baratta la propria dimensione iconica con la possibilità d’incontrare una maggior diffusione: questo è quel che accade nel primo appuntamento che il teatro dà al telefono, prima, ed alla radio, in seguito.

Dopo un inizio incerto questo teatro affronta l’età dello sviluppo, realizzando la propria diversabilità: non si potrà vedere, però si può ben narrare!
E con questa consolazione si diventa grandi.
Un sentimento, sempre più consapevole, unisce la narrazione alla radio.

I frutti si vedono, almeno sino all’arrivo di una ancor spoglia televisione, che propone un nuovo patto al teatro: gli offre un occhio in cambio di qualche storia da far vedere.
Il teatro accetta subito e, per un po’, si riavvicina alla tradizione, rischiando di perder la memoria di quanto fatto in precedenza.

Tuttavia questo accordo calza stretto al teatro già verso la fine degli anni sessanta, e deve essere definitivamente ristipulato negli anni novanta:
il “teatro di narrazione” è ormai diventato adulto.

Ho provato ad affrontare questo percorso per chiamarmi fuori dal coro greco del “Ah, che bravo!”, e provare a capire quanto prima si limitava a stupirmi.
Sono uno spettatore di professione che ha provato a capirci qualcosa di più e, forse, è proprio questo che tiene insieme tutto quello che ho scritto.

Mauro Favaro

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5 Introduzione Questa tesi rappresenta un viaggio, un piccolo viaggio nel mondo della narrazione teatrale, attraverso i mezzi e le tecniche che l’hanno, di volta in volta, custodita e veicolata. Il percorso inizia al cospetto di un “teatro diversabile”, costretto ad affidarsi solamente alla potenza della parola, che baratta la propria dimensione iconica con la possibilità d’incontrare una maggior diffusione: questo è quel che accade nel primo appuntamento che il teatro dà al telefono, prima, ed alla radio, in seguito. Dopo un inizio incerto questo teatro affronta l’età dello sviluppo, realizzando la propria diversabilità: non si potrà vedere, però si può ben narrare! E con questa consolazione si diventa grandi. Un sentimento, sempre più consapevole, unisce la narrazione alla radio. I frutti si vedono, almeno sino all’arrivo di una ancor spoglia televisione, che propone un nuovo patto al teatro: gli offre un occhio in cambio di qualche storia da far vedere. Il teatro accetta subito e per un po’ si riavvicina alla tradizione, rischiando di perder la memoria di quanto fatto in precedenza. Tuttavia questo accordo calza stretto al teatro già verso la fine degli anni sessanta, e deve essere definitivamente ristipulato negli anni novanta: il “teatro di narrazione” è ormai diventato adulto.

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