6
Ho provato ad affrontare questo percorso per chiamarmi fuori dal
coro greco del “Ah, che bravo!”, e provare a capire quanto prima si
limitava a stupirmi.
Sono uno spettatore di professione che ha provato a capirci qualcosa
di più e, forse, è proprio questo che tiene insieme tutto quello che ho
scritto.
Ringraziamenti:
Dal momento che il tempo stringe la borsa e che, per quanto migliorabile, questa
tesi deve trovare una propria dimensione cartacea pseudo-definitiva, invito tutti
coloro che hanno dato una mano, in forme anche diverse, a passare dal laureando
per ritirare il proprio ringraziamento.
P.S. Sono nato poco prima che il Teatro Settimo muovesse i primi passi verso una
nuova idea di narrazione, e se mi laureo ora è perché non ho mai pensato, nella
vita, che per procedere bisogna necessariamente andare in linea retta.
7
PARTE PRIMA
1. Il telefono ed il teatro-invisibile
“…dritto, secco,
come un filo di pensieri…”
1
Spettacolo: s.m. dal latino SPECTACULU(M), da SPECTARE,
OSSERVARE.
2
Se è vero che l’etimo della parola “spettacolo”, nella sua accezione
teatrale, riconduce il significato del termine all’azione del guardare,
dell’assistere, è anche vero che esso trova posto all’interno del campo
semantico, in potenza ben più ampio, dello scrutare e dell’osservare
con attenzione.
Di certo il forte richiamo alla percezione visiva potrebbe indurre a
pensare che esclusivamente una rappresentazione visibile sia in
grado di nomarsi “spettacolo”. Tuttavia vi sono stati dei fenomeni che
hanno contribuito a misurare, a rivisitare e a rivedere tutti i limiti di
questa angusta interpretazione.
Singolarmente la prima sfida a questa concezione viene lanciata dal
telefono.
L’apparecchio telefonico consente, per la prima volta, una forma di
comunicazione diretta e non mediata dalla scrittura.
Rivolgendo uno sguardo alla preistoria del broadcasting
3
si nota che
1
Cfr. Marco Paolini, Gli Album di Marco Paolini – Storie di certi italiani, Einaudi stile libero.
2
Cfr. Dizionario Etimologico, Rusconi Libri, Roma 2003.
3
Cfr. A. Briggs e P. Burke, Storia sociale dei media, il Mulino, Bologna, 2002.
8
le tensioni verso una larga diffusione sono presenti anche ben prima
dell’esordio planetario di mezzi, come la radio e la televisione, che
diverranno sinonimo di comunicazione di massa.
Il telefono, in mancanza d’altro, può prestarsi a nuovi esperimenti di
diffusione verso un ampio bacino di utenza.
Sulla base di tali considerazioni, nel 1877, lo Springfield Republican
afferma trionfante che attraverso il telefono è possibile distribuire nel
paese tutta l’esibizione di una primadonna mentre canta, diffondendo
così la buona musica in una misura finora impossibile
4
.
Il filo del telefono si rende così vettore di un nuovo “teatro-invisibile”.
Prende vita una forma di spettacolo, ancorché rudimentale e scevra di
accorgimenti tecnici dedicati, che si sgancia dalla dimensione iconica
a favore di un’esclusiva espressione auditiva, che però può essere
trasposta “altrove” annullando lo spazio e rendendo fruibile un evento
anche a distanza.
Già in questo primo momento lo spettacolo teatrale si presenta
flessibile, adattandosi facilmente alle nuove tecniche di diffusione, e
camaleontico, dimostrandosi in grado di re-inventarsi nelle difficoltà
che incontra.
Più concretamente nel 1879 in Svizzera viene per la prima volta
trasmessa telefonicamente un’opera teatrale, si tratta di un lavoro di
Doninzetti.
L’esempio elvetico non passa inosservato ed in altri stati si inizia a
proporre degli abbonamenti telefonici per la trasmissione di spettacoli
teatrali e di altri eventi di pubblico interesse
5
.
4
Idem.
5
Ad esempio la Hirmondo, fondata in Bulgaria nel 1893 da Puskas e attiva sino al 1915, prevede nei
propri abbonamenti telefonici una programmazione giornaliera di notizie, spettacoli per bambini e
rappresentazioni teatrali.
9
In particolar modo in Francia la Théâtrophone offre ai propri abbonati
una programmazione telefonica formata da collegamenti in diretta
con le più importanti rappresentazioni teatrali, che si esaurisce solo
con l’avvento della radiofonia nel 1930.
Il teatro trasmesso per telefono rivoluziona così una concezione di
spettacolo non più esclusivamente iconica e rappresenta una piccola
anticipazione di quanto accadrà con la radiofonia.
In Inghilterra la Electrophone offre dal 1884 degli abbonamenti annuali che permettono di collegarsi in
diretta con spettacoli teatrali, concerti e funzioni religiose.
Per un breve periodo (dal 1891 al 1904) si ha negli Stati Uniti una simile offerta grazie alla Telephone
Herald.
10
2. Gli esordi della radiofonia
“…la radio ancora taceva…”
6
La radio contribuisce in modo decisivo a rivoluzionare e ad allargare,
in primis nell’immaginario collettivo, l’idea di spettacolo e la
concezione di pubblico nel primo dopoguerra italiano.
Le capacità di diffusione che questo nuovo mezzo porta in seno si
intuiscono subito immani: come la produzione letteraria aveva
conquistato spazi insperati grazie all’invenzione della stampa, così la
produzione auditiva risulta, almeno in potenza, disponibile ad un
numero inimmaginabile di persone.
Dopo i primi esperimenti di Marconi e i tentativi telefonici di diffusione
di massa, la radio si presenta a tutti i cittadini attraverso un’inedita
ed esclusiva espressione acustica.
Questo nuovo medium, apparso nel territorio italiano in un momento
di pesante difficoltà economica, ereditata dall’avventura nella 1°
Guerra Mondiale, incontra delle persone non abituate a prestare una
forte e continuativa attenzione attraverso gli organi auditivi, e si
scontra immediatamente con una stanchezza ed una sonnolenza
psicofisica che una grande curiosità verso il nuovo mezzo riesce
comunque ad arginare.
Il primo vero documento radiofonico, che attesta l’inizio delle
trasmissioni regolari in Italia, è datato 6 Ottobre 1924.
“URI – Unione Radiofonica Italiana
6
M. Paolini, Bestiario italiano – I cani del gas.
11
[…] a tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro
buonasera.
Sono le ore 21.00 del 6 Ottobre 1924,
trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione
radiofonica italiana. […]”
7
Con queste parole una voce femminile annuncia, dalla stazione radio
di Roma
8
la prima trasmissione radiofonica italiana.
Le ancora poche persone in ascolto, timorose ma incuriosite, si
ritrovano così testimoni della nascita della radiodiffusione nel Regno
Italico.
L’URI, prima concessionaria della radiodiffusione italiana, è sorta solo
poche settimane prima, il 27 Agosto 1924.
9
Nella giornata dell’esordio, la radio sembra voler stupire gli ascoltatori
dando sfoggio immediato di tutte le sue potenzialità e così si
presenta, quel 6 Ottobre, con una programmazione decisamente
eclettica quando non confusa
10
.
Il Regime appare perplesso e spaesato di fronte alla radio:
perplesso perché intravede le possibilità che la radiodiffusione offre,
soprattutto da un punto di vista politico e sociale;
7
Questo l’annuncio completo della prima trasmissione:
“URI – Unione Radiofonica Italiana. 1RO – Stazione di Roma – Lunghezza d’onda: metri 425.
A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buonasera. Sono le ore 21.00 del 6 Ottobre
1924, trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana per il servizio
delle radio audizioni circolari. Il quartetto composto da Ines Viviani Donarelli, che vi sta parlando,
Alberto Magalotti, Amedeo Fortunati, Alessandro Cicognani eseguirà: Haydn, dal quartetto opera sette.
Primo e secondo tempo.”
Da www.radio.rai.it
8
Unica operante sino all’attivazione della stazione di Milano nel 1925.
9
L’URI è sorta il 27 Agosto del 1924 dalla fusione di tre compagnie pre-esistenti: la “Radiofono” di
Roma, la “Radio Araldo” e la “SIRAC” di Milano.
10
Questa la programmazione radio del 6 Ottobre 1924:
“Haydn” del quartetto opera sette; Canti regionali italiani eseguiti dal Coro della sala degli operai;
“Credo” dell’Otello; “a solo” di violino; “Occhi di fata” – serenata di Denza; bollettino meteorologico e
notizie dalla Borsa.
12
spaesato perché, allo stesso tempo, non riesce ad afferrare
pienamente il senso e la portata di queste stesse potenzialità.
Il patto tra il Ministero e l’URI, del 27 Novembre 1924, serve al
Regime per legare immediatamente a sé un sistema che non conosce
e di cui teme l’imprevedibile liberalizzazione.
Con questa premessa si può osservare la nascita del monopolio nel
sistema radiofonico italiano e, di conseguenza, il suo completo
asservimento alla sfera pubblica e ad una funzione che diverrà
prettamente propagandistica
11
.
Il Regime è perfettamente cosciente dell’importanza che il nuovo
mezzo di comunicazione ricopre, semplicemente non sa ancora come
usarlo.
Nelle prime programmazioni radiofoniche ufficiali, compresi i primi
esperimenti di radiodramma, domina l’improvvisazione, non già come
tecnica bensì come mancanza d’alternative dedicate.
Gli intellettuali guardano con sospetto al nuovo medium e non si
accostano ad esso con entusiasmo: sia perché non sono consapevoli
delle potenzialità che offre, ma anche perché i bassi onorari pagati
per i diritti d’autore non riescono a scalfire una supponente pigrizia e
superficialità.
Principalmente per questi motivi si applicheranno con più successo
alla radio i giovani, che non sono stati ancora irrimediabilmente
compromessi con una vecchia, ma soprattutto statica, letteratura.
Il linguaggio radiofonico, per ora, non è altro che la trasposizione e
l’ibridazione di altre tipologie di comunicazione, come quella teatrale
11
Il Regime controlla il sistema radiofonico italiano grazie al monopolio e alla filtrazione di tutte le
notizie che lo attraversano: la radio era autorizzata a divulgare solo notizie prese dall’agenzia di stampa
nazionale Stefani.
Tuttavia, nonostante questi pesanti accorgimenti, il Fascismo, a differenza di altri totalitarismi, almeno
per ora non carpisce in toto le enormi potenzialità propagandistiche che il nuovo mezzo riesce ad offrire.
13
o libresca, ed appare incerto e balbettante in una condizione di
“distratto pedagogismo”
12
Alcuni accorgimenti, come la necessità di sintesi, l’eliminazione
dell’artificio della lettura o della noia accademica, vengono
immediatamente intuiti ma non in seguito sufficientemente sviluppati.
Infatti solo più tardi sarà possibile scrostare la radio dalle obsolete e
cristallizzate forme letterarie, ed è proprio da quel momento che lo
scritto radiofonico inizierà ad avvicinarsi progressivamente al parlato.
La radio non è ancora molto diffusa, i ripetitori non riescono a
ricoprire interamente l’orograficamente sconnesso territorio italiano e
la partecipazione popolare è inevitabilmente sacrificata. A questo si
aggiunge il fatto che, in un periodo di forte depressione economica il
gruppo degli ascoltatori è in gran parte ristretto entro gli alti ceti della
società e delle famiglie nobili.
Solo verso la fine degli anni ’20 il sistema radiofonico italiano inizia a
svilupparsi (si pensi che negli Stati Uniti il servizio regolare di
trasmissioni radiofoniche è inaugurato già nel 1920) e tenta
d’allargare il proprio bacino d’utenza complice anche la
trasformazione, all’inizio del 1928, dell’URI in EIAR, Ente Italiano per
le Audizioni Radiofoniche, che nel secondo dopoguerra verrà a sua
volta cambiato in RAI.
12
Cfr. F. Colombo, La cultura sottile: media e industria culturale in Italia dall’ottocento agli anni ’90,
Bompiani, Milano 1998.
14
2 A. La nascita del teatro radiofonico
La radio italiana si trova in forte ritardo rispetto ai sistemi radiofonici
sviluppati negli altri paesi europei. Il 15 Gennaio del 1924, quando
l’URI in Italia deve ancora inaugurare la prima stazione radio di
Roma
13
, la Radio Britannica trasmette la prima opera originale
radiodrammatica: “Danger” di Huges.
In questa fase il ritardo nello sviluppo di una anche minima proposta
radiofonica risulta evidente, e sarà accentuato in seguito anche per
colpa dell’ostracismo con cui il Regime italiano affronta le opere
teatrali di provenienza inglese e transalpina.
Tuttavia solo pochi anni dopo, invece di tentare di colmare il divario
maturato nei confronti degli altri paesi, i gestori del neonato sistema
radiofonico italiano, sicuramente inesperti anche se non esenti da
colpe, compiono un basilare errore di impostazione (a differenza dei
colleghi europei) che viene ben fotografato da Arnaldo Ginna in un
articolo intitolato Teatro e radiofonia, apparso su “Oggi e domani”
nella vigilia di Natale del 1931:
“Il nocciolo della questione è l’improprietà dell’arte usata nella
trasmissione radiofonica. […]
L’operetta trova successo in quella categoria di ascoltatori […]
che si contenta di ricordi facilmente ricordabili, dei motivi
orecchiabili”
14
Come ben si evince il peccato originale commesso dalla radio in
questo primo periodo è quello di diffondere, in buona misura, solo
musica operettistica che se da una parte consente di ottenere facili
13
Cfr. nota 7.
14
Cfr. F. Malatini, Cinquant’anni di teatro radiofonico in Italia 1929 – 1979, Rai-Eri, Torino, 1981.
15
consensi e di spettacolarizzare le trasmissioni, dall’altra opprime la
crescita di un sottobosco radiofonico ancora povero ed incolto.
La radio è colpevolmente pensata solo come strumento di diffusione
musicale.
La musica leggera domina la programmazione nei primi anni ’30 e la
“forza espressiva del verbo”, accantonata e rattrappita, non è presa
in considerazione e trova a fatica diritto di cittadinanza in un’arte
acustica ancora decisamente infantile.
Un grosso problema, come già sottolineato, consiste nella
problematica e precaria condizione economica del paese che
s’intreccia con una datata trascuratezza del mondo culturale italiano.
In questa difficile situazione il segnale-parola, lungi dall’aver trovato
ancora dimensioni e tecniche dedicate, si ritrova ad annaspare
nell’inedita fugacità dell’istante radiofonico proposta al pubblico, e
rischia d’essere inestricabilmente invischiato nel segnale-musica e di
risolversi in esso.
Il facile “intrattenimento leggero” che pervade la radio concede solo il
2,5% dell’intera programmazione alle trasmissioni di prosa, meno dei
programmi pubblicitari che si attestano al 3,5%
15
.
“Radiodramma: testo drammatico scritto appositamente per la
trasmissione radiofonica.
Esso prevede in genere la presenza di pochi personaggi, un
intreccio poco elaborato, un dialogo teso a definire i rapporti
psicologici e i confronti intellettuali più che le azioni...”
16
15
La programmazione radiofonica dei primi anni ’30 è così suddivisa:
65% Trasmissioni di musica leggera (⅓ delle quali proveniente da dischi); 25% Notiziari; 3,5%
Pubblicità; e solamente il 2,5% dell’intera programmazione è dedicato alla prosa.
16
Da www.radio.rai.it