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L'Europa Scomunicata - strumenti e valori europei tra campagne di informazione e referendum

L’Europa ha difficoltà a comunicare se stessa. Lo dimostrano alcune ricerche (cfr. M.R. Allegri, ricerca sul sistema informativo dell’Unione europea), lo testimoniano i rinnovati sforzi della Commissione per definire una politica comune di informazione e comunicazione dell’Unione (COM 354/2001 e Action Plan del 20/7/2005) e forse possono essere interpretati in questo senso anche gli esiti dei referendum per la ratifica della Costituzione europea in Francia e in Olanda. La situazione sembra essere leggermente migliore per quanto riguarda la comunicazione di servizio, ovvero il trasferimento e lo scambio di informazioni pratiche, amministrative, gestionali, comunque di diretto impatto sui cittadini europei (utenti e operatori pubblici) come le politiche di sostegno finanziario (Fondi strutturali). Quando però si passa alla comunicazione valoriale le difficoltà aumentano ed ecco che nonostante gli articoli sulla stampa, i servizi in televisione, i dibattiti pubblici e i siti web dedicati, la nuova Costituzione europea non è riuscita a passare, nell’opinione pubblica, in alcuni Stati in cui c’era comunque stata una comunicazione “preparatoria”. Perché?
Uno dei punti critici può risiedere nell’organizzazione del modello comunicativo: rispetto a determinate politiche comunitarie, le istituzioni dell’Unione sono responsabili solo dell’elaborazione delle linee guida e dei criteri di orientamento, ma l’attuazione e le azioni di disseminazione delle informazioni restano competenza dei singoli Stati membri.
Un secondo elemento di criticità risiede poi nel mancato coinvolgimento dei destinatari finali (i cittadini europei) della comunicazione anche nel processo di definizione della politica: la nuova Europa ha finito per essere recepita più come l’Europa dei burocrati che non come l’Europa dei popoli. Non è un caso se il sito della Vice presidente della Commissione europea Margot Wallström si apre con la seguente frase: “I believe that it is essential to speak with people, rather than talk at them. What matters is to engage in a dialogue. Communication can never be one-way” e se nel suo comunicato stampa di lancio del Piano d’azione della Commissione per il miglioramento della comunicazione sull’Unione europea si legge il seguente slogan: “Listen, Communicate, Go local”.
Un terzo elemento di criticità può risiedere nell’oggetto della comunicazione: valori come quelli dell’identità, delle radici culturali, della sicurezza, della pubblica utilità, dello stato-nazione sono difficili da armonizzare (e quindi da comunicare in maniera omogenea) perché si instaurano su basi nazionali differenti per esperienza, vissuto e grado di sviluppo.
Infine, il canale preferenziale della comunicazione istituzionale europea (il web) forse non è il più adatto a raggiungere, in questo momento, il target di riferimento e quindi l’obiettivo generale delle politiche di comunicazione dell’Unione europea.
La presente indagine si prefigge dunque di mappare e analizzare un set di prodotti di comunicazione sulle politiche comunitarie e un insieme di risultati di ricerche e sondaggi sull’opinione pubblica europea, per verificare la correttezza dell’ipotesi sugli elementi di criticità che impediscono all’istituzione Europa una efficace comunicazione di se stessa.


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1 PREMESSA Il nodo EU-caristico L’Europa Scomunicata perché comunicata male, o meglio perché ha difficoltà a comunicare se stessa, a raggiungere i cittadini nei loro contesti, con le loro lingue, a farsi conoscere, a divulgare le informazioni sulle sue istituzioni e i meccanismi di funzionamento. L’Europa che fatica cioè ad accreditarsi presso l’opinione pubblica e a essere percepita come un’entità sovranazionale che non metta in discussione identità, culture e poteri locali. L’Europa Scomunicata perché senza collegamenti tra le sue parti, perché nonostante gli sforzi fatti da politici più o meno illuminati negli ultimi 60 anni, fatica a far nascere e crescere quel senso di appartenenza a una istituzione comune, indispensabile per la formazione e il consolidamento di una società civile unita, seppur “nella diversità”, come recita il motto della nuova Europa. Una società civile che corrisponda a un insieme di popoli e non solo di mercati; a un incontro di persone, culture, sentimenti e non solo di leggi, monete e burocrati rinchiusi nelle torri di Bruxelles e Strasburgo a decidere misure economiche e politiche strutturali che avranno comunque impatto sulla quotidianità di quasi mezzo miliardo di persone. L’Europa Scomunicata perché sconfessata, appunto, proprio da quelle persone che, nel momento in cui è stata data loro la possibilità di parlare, hanno detto “no”. No a un progetto che le rappresenta poco, che le ha poco coinvolte e ancor meno ascoltate, soprattutto rispetto ai timori per le conseguenze interne e lo stato sociale, dalla perdita dei posti di lavoro a quella della sovranità nazionale. I risultati dei referendum in Francia e in Olanda sulla ratifica del Trattato per la Costituzione europea ne sono un esempio. E anche se in quei “no” pesano ragioni politiche interne, il dato non andrebbe sottovalutato. Innanzitutto perché non è stato il primo: nei referendum di ratifica del Trattato di Maastricht in Danimarca prevalsero i no e in Francia la vittoria dei sì fu di strettissima misura (51,05%); anche per il Trattato di Nizza ci fu un rifiuto in fase referendaria, quello dell’Irlanda; senza contare la secolare contrarietà del Regno Unito e la generale diffidenza dei Paesi scandinavi. Certo, non si tratta di un rifiuto in blocco del progetto della nuova Europa da parte di tutti i popoli europei. Ma, al di là delle ragioni specifiche, se settori importanti (per dimensione geografica, storica e culturale) dell’opinione pubblica continuano a non condividere i cardini del processo di integrazione, un problema ci deve essere. Almeno un problema di conoscenza e quindi di comunicazione, come è stato evidenziato in occasione della Conferenza interministeriale sulla comunicazione dell’Europa che si è tenuta a Wicklow (Irlanda) il 7 e l’8 aprile del 2004. La Conferenza ha rappresentato un segnale politico importante da parte della Presidenza di turno dell’Unione (irlandese) che ha messo al centro della sua agenda per il semestre europeo proprio la “comunicazione”, quale strumento principe per avvicinare i cittadini all’Europa. L’iniziativa “Communicating Europe” nasce infatti dalla consapevolezza della distanza tra le istituzioni e la società civile europea (messa in luce anche dai rapporti Eurobarometro degli ultimi anni) e dalla necessità di recuperare questo gap per garantire una maggiore adesione e un migliore funzionamento dell’Unione. Anche se, ovviamente, il deficit di

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