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Il sistema mezzadrile marchigiano tra Ottocento e Novecento

una tesi di storia agraria mi è sembrata un’ottima opportunità per guardare alla storia da un’angolazione diversa. Un’angolazione che inquadrasse la cosiddetta “piccola storia”, che poi piccola non è assolutamente, visto che solo essa può dare la vera cifra del terreno su cui poggia quella cosiddetta “grande”, le cui tessere che la compongono sembrerebbero le uniche degne di fregiarsi del titolo di eventi, relegando la vita, quella vera, nell’ombra di una quotidianità non meritevole di essere raccontata. Ma nel titolo di questo mio lavoro non parlo di agricoltura, bensì di mezzadria; cioè di quella particolare organizzazione economica-sociale, potremmo dire culturale in senso lato, che ha rappresentato il più diffuso modo di fare e vivere l’agricoltura all’interno di una determinata area (che per il momento mi limito qui a circoscrivere alle regioni centrali dell’Italia), nel corso di molti secoli.
Veniamo più d’appresso quindi ai due vincoli di cui si è detto. La scelta delle Marche all’interno dell’area mezzadrile è stata una scelta non solo, diciamo, affettiva, ma anche di carattere strategico: tramite essa ho potuto trovare tutto il materiale di cui abbisognavo in loco, avvalendomi tra l’altro di una tradizione storiografica molto radicata nel territorio. Un discorso a parte merita invece la scelta del periodo storico entro cui mi sono mosso: gli ultimi due secoli della mezzadria marchigiana. Devo specificare però che l’analisi di questo scritto verte principalmente sul periodo che va dalla costituzione del regno italiano fino alla scomparsa “ufficiale” di questo contratto negli anni ’60 del novecento (un secolo quindi); il discorso si allargherà tuttavia inevitabilmente per necessità di completezza agli inizi dell’800 e ad una incursione negli ultimi decenni del ‘900, per osservare qui, con una rapida occhiata, cosa è venuto a generarsi dall’humus mezzadrile marchigiano.
Precisato ciò, per quanto concerne la giustificazione della scelta temporale ‘800-‘900, come campo di indagine su di un argomento con una storia plurisecolare, ben oltre quindi il vincolo qui dato, incisive sono le parole di P. Bevilacqua legittimando una scelta simile anche se in un’ottica nazionale. Egli fa notare infatti che è in epoca moderna che si producono quei consolidamenti e quelle trasformazioni che formano, nel bene e nel male, la fisionomia del sistema agricolo italiano, ereditato dall’età contemporanea (così è anche, aggiungo io, per quanto riguarda la mezzadria marchigiana). Importantissimo quindi il periodo secolare che occupa tutto il basso medioevo e l’età moderna, ed un richiamo ad esso nel corso della trattazione è quindi inevitabile. Ma oggi, ed è qui il punto più importante sollevato da Bevilacqua, quella società in cui l’agricoltura costituiva un fattore importantissimo nella sua esistenza non esiste più:

"l’Italia non ha più al suo interno una ‘ questione contadina ’ […] Anche nelle nostre campagne gli addetti dell’agricoltura sono andati rapidamente assottigliandosi, mentre […] La meccanizzazione capillare delle campagne, i sistemi sempre più sofisticati di irrigazione, le concimazioni diffuse, la selezione e ibridazione delle sementi, hanno prodotto negli ultimi trent’anni, anche da noi, una rivoluzione agricola senza precedenti.[…]
Ora è proprio la scomparsa, più o meno completa, di tutto un vecchio mondo[…] a rendere necessari e incalzanti alcuni quesiti che costituiscono l’oggetto centrale della riflessione sottesa a quest’opera [e tale riflessione risulta importantissima anche all’interno di questa mia tesi in riferimento al mondo mezzadrile marchigiano]:con quali caratteri originali, peculiarità regionali, strutture sedimentate nel lungo periodo, l’agricoltura italiana ha fatto ingresso nel mondo contemporaneo?[…] quanto e come questo settore[…] ha contribuito alla trasformazione complessiva della società italiana e alla plasmazione della sua attuale fisionomia? "

Così, come è ovvio, anche per la mezzadria nelle Marche, peculiarità sociale, economica, culturale di quell’insieme più grande che è l’agricoltura nazionale italiana. Addentrarci nei suoi sviluppi all’interno dell’età contemporanea, vedere più d’appresso con quale sostrato culturale la regione marchigiana si è presentata ai giorni nostri e quanto questo retaggio sia ancora presente nella nostra cultura, è l’obbiettivo di questo studio.

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Presentazione 2 Presentazione. Iniziare un qualsiasi lavoro di ricerca mettendo le mani avanti non è certamente un buon biglietto da visita. Qui tuttavia balza agli occhi subito, prima ancora del titolo, il sottotitolo di questa tesi, poiché quella “proposta per un corso monografico”, posto in fronte a questo scritto, potrebbe risultare ad alcuni un po’ invadente. Il fatto è che, nel momento in cui scelsi l’argomento insieme al professor Michele Millozzi, la mia prima preoccupazione fu il come pormi davanti a questo lavoro. La risposta maturò lentamente in sede di ricerca bibliografica, quando ormai mi ero reso conto della sterminata mole di lavori già presenti sull’argomento; molti di carattere specialistico e locale, alcuni di taglio più generale e molte, fortunatamente per me, le antologie di questi scritti. Mi figurai allora la tesi come ad un ipotetico corso monografico, che aiutasse un presunto studente di storia contemporanea ad addentrarsi in un argomento di taglio così localistico eppur così vasto. Una tesi che ambisse a essere, innanzitutto, una sorta di sussidio per la lettura delle dinamiche dell’economia-mondo mezzadrile nelle Marche degli ultimi due secoli, oltre che testo di sintesi e di guida all’interno della ricca messe di studi incentrati sull’argomento. Altro intento, che andava poi maturando nella progettazione di tale lavoro, era quello di accompagnare il lettore, digiuno di conoscenze su tali temi, all’interno di un vecchio contratto mezzadrile, di capitolati colonici e leggi in merito, aiutandolo a scovare quel cambio di mentalità che avrebbe portato poi alla sua scomparsa. Questo quindi l’assunto. Mi si potrà obiettare che alcuni testi riassuntivi e ottimamente documentati sono già presenti. Nel consultarli tuttavia, il nostro ipotetico

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sergio anselmi
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storia agraria
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