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Questo quartetto almeno lasciate terminar. L’opera dell’opera a Verona nei libretti settecenteschi.

Il presente lavoro si propone di studiare la lingua, la metrica e lo stile dei libretti di opere rappresentate nei teatri veronesi nella seconda metà del Settecento, in cui l’oggetto dello spettacolo è l’opera stessa e il mondo che la circonda.

La scelta dei limiti cronologici (1748-1805) è dovuta a una tendenza riscontrabile a livello nazionale. Infatti questo particolare genere buffo, nato all’inizio del ‘700, ebbe grandissima diffusione soprattutto nella seconda metà del secolo in tutte le città d’Italia, tra cui Verona, dove su un centinaio di opere comiche rappresentate in quel periodo, sette hanno un soggetto operistico.

Ho esaminato una quindicina di testi il cui titolo mi sembrasse significativo , e ho scartato i testi in cui la rappresentazione riguarda la commedia anziché il dramma per musica, e quelli che, pur avendo tra i personaggi una cantante, non mettono in scena impresari e maestri di cappella alle prese con l’allestimento di un’opera, i capricci dei virtuosi, gli inconvenienti della professione e soprattutto “i segreti del successo”, cioè gli antifrastici, e per questo comici, insegnamenti che un maestro, un impresario, un cantante o il pubblico stesso impartisce a chi vuole avere successo nel teatro musicale.

La prima parte della tesi descrive la situazione dei due teatri veronesi in cui furono rappresentate le opere analizzate (il teatro dell’Accademia Vecchia e il teatro dell’Accademia Filarmonica); riporta un breve cenno sull’origine e la diffusione del genere; un riferimento biografico agli autori delle musiche e dei testi (quando se ne ha notizia); la trama e la cronologia di ogni libretto (luogo e data della prima e fortuna negli anni seguenti).

La seconda parte si compone di tre capitoli riguardanti l’analisi grammaticale, lessicale e metrico-stilistica dei testi, che rivelano la loro caratteristica principale, cioè di essere testi d’intrattenimento ludico e di consumo, e quindi rimaneggiati per l’occasione da qualche autore secondario e spesso poco curati anche dal punto di vista grafico, con la sola eccezione del Poeta melodrammatico in Parnaso, come si vedrà.

L’appendice dei testi infine è corredata di note relative ai termini di difficile interpretazione e annotazioni contenenti la versione originale di cui il testo trascritto fa la parodia.

Purtroppo le partiture sono andate perdute e non si è potuto disporre del loro contributo nell’analisi metrica di alcuni passi, ma soprattutto non si può avere un’idea della resa complessiva dello spettacolo, in cui la musica amplifica la parola e probabilmente ride di sé.

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Questo quartetto almeno / lasciate terminar. III INTRODUZIONE Il presente lavoro si propone di studiare la lingua, la metrica e lo stile dei libretti di opere rappresentate nei teatri veronesi nella seconda metà del Settecento, in cui l’oggetto dello spettacolo è l’opera stessa e il mondo che la circonda. La scelta dei limiti cronologici (1748-1805) è dovuta a una tendenza riscontrabile a livello nazionale. Infatti questo particolare genere buffo, nato all’inizio del ‘700, ebbe grandissima diffusione soprattutto nella seconda metà del secolo in tutte le città d’Italia, tra cui Verona, dove su un centinaio di opere comiche rappresentate in quel periodo, sette hanno un soggetto operistico. Ho esaminato una quindicina di testi il cui titolo mi sembrasse significativo 1 , e ho scartato i testi in cui la rappresentazione riguarda la commedia anziché il dramma per musica, e quelli che, pur avendo tra i personaggi una cantante, non mettono in scena impresari e maestri di cappella alle prese con l’allestimento di un’opera, i capricci dei virtuosi, gli inconvenienti della professione e soprattutto “i segreti del successo”, cioè gli antifrastici, e per questo comici, insegnamenti che un maestro, un impresario, un cantante o il pubblico stesso impartisce a chi vuole avere successo nel teatro musicale. La prima parte della tesi descrive la situazione dei due teatri veronesi in cui furono rappresentate le opere analizzate (il teatro dell’Accademia Vecchia e il teatro dell’Accademia Filarmonica); riporta un breve cenno sull’origine e la diffusione del genere; un riferimento biografico agli autori delle musiche e dei testi (quando se ne ha notizia); la trama e la cronologia di ogni libretto (luogo e data della prima e fortuna negli anni seguenti). 1 tra cui La commedia in commedia (? / Da Capua, 1747), L’Arcadia in Brenta (Goldoni / Galuppi, 1751), La ritornata di Londra (Goldoni / Fischietti, 1760), Il Carnovale (Chiari / Boroni, 1771), Li tre Orfei (? / Da Capua, 1788), La virtuosa bizzara (Zini, Guglielmi, 1794), Li amanti comici (Petrosellini / Cimarosa, 1796).

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