Il pensiero e il teatro di Jan Fabre
Il seguente elaborato è frutto di un'accurata e costante ricerca in merito a uno degli artisti più importanti e rivoluzionari del teatro contemporaneo: Jan Fabre.
Il mio interesse nei confronti dell'artista belga nasce dalla lettura di un articolo presente nell’annuario dello spettacolo “Il Patalogo” (n. 28, anno 2005), in cui Fabre stesso chiarisce il processo di creazione all’interno della sua compagnia, il Troubleyn.
Un processo apparentemente molto vicino a quello di molti altri artisti contemporanei, da Mejerchol'd a Grotowski fino a Emma Dante, ma da cui si distacca per il suo approccio profondamente fisico e quasi materialistico.
Il suo teatro ritorna alle origini della tragedia, ai rituali dionisiaci, dove l'estasi e il desiderio si incontrano con la legge e la ragione.
I suoi “Guerrieri della Bellezza”, così Fabre chiama gli attori, superano i limiti della natura, raggiungendo un altro stato dell'essere.
Il corpo non è più la semplice struttura dell'organismo umano, ma come l'Araba fenice, capace di rinascere dalle proprie ceneri, esso si mescola, attraverso la ripetizione di gesti meccanici, con la sua massa energetica circostante e sparisce. Non rappresenta più l'Io, non è più l'espressione di un'identità che si manifesta. Il corpo diventa oggetto e, scontrandosi con l'assoluto e liberatosi della sua identità, può rinascere e diventare qualsiasi altra cosa.
Questa è solo una piccola parte del pensiero di Jan Fabre, una poetica che ho voluto analizzare in modo approfondito prendendo in esame anche uno degli spettacoli più significativi del suo teatro: Another sleepy dusty delta day.
La mia necessità di trattare questo argomento nasce sopratutto dalla grave, a mio parere, mancanza di una adeguata bibliografia riguardante l'autore in questione, forse troppo scomodo, forse troppo provocatorio, dal momento che spinge a interrogare radicalmente l'essere umano in relazione al mondo degli animali, molto spesso presenti sulla sua scena.
Ho strutturato il mio elaborato con lo scopo di delineare nel modo più dettagliato possibile tutto il percorso dell'artista belga.
Il primo capitolo traccia un profilo “biografico-artistico” di Jan Fabre, partendo dai primi esperimenti nell'ambito dell'entomologia e percorrendo tutte le forme artistiche, come ad esempio il teatro, il cinema, la scultura e il disegno che fanno di lui un vero e proprio consilience-artist.
Nel secondo capitolo ho inteso delineare il suo percorso scenico, partendo, dunque, dalla concezione del teatro come φάρμακον per concludere con il lavoro del Troubleyn, e prendendo in esame le peculiarità che fanno dell'opera di Fabre un unicum nella storia dell’arte performativa.
Il terzo capitolo, invece, cerca di scoprire il metodo di elaborazione degli spettacoli, traendo spunto dall'unico libro ancora in commercio che tratta dell'artista: Luk Van den Dries, Corpus Jan Fabre. Annotazioni su un processo di creazione; sorta di diario di bordo che spiega, appunto, il metodo del regista basandosi su una specifica performance (Parrots and Guinea Pigs, Pappagalli e Cavie), ma che può essere ricondotto, seppure in maniera generale, a tutte le altre opere.
Infine, nell'ultimo capitolo ho svolto un'analisi critica dello spettacolo Another sleepy dusty delta day, basandomi su un video che mi è stato gentilmente inviato dal manager di produzione della compagnia, Tomas Wendelen, e sul testo pubblicato in Jan Fabre, Teatro, Milano, Ubulibri, 2010.
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Informazioni tesi
Autore: | Davide Raitano |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Cinema, Musica e Teatro |
Relatore: | Anna Barsotti |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 104 |
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