Il Building Management nella gestione dei patrimoni immobiliari
Le impellenti motivazioni della ricostruzione seguita all’ultimo conflitto mondiale sono alla base di un modus operandi in edilizia che si è protratto per più di mezzo secolo.
Committenti, progettisti, imprese ed utilizzatori finali sono stati indotti a tralasciare l’aspetto qualità sia nei termini contrattuali (la definizione “regola d’arte” assomiglia ormai ad una licenza poetica), sia in termini progettuali (raramente gli elaborati raggiungono un livello esecutivo), sia in capo alla concreta realizzazione (dato l’elevato numero di ditte improvvisate) ed infine anche nei termini della fruizione degli immobili.
Tale sfrenatezza ha piegato spesso alla volontà del mercato l’attività urbanistica, la programmazione del territorio e la stessa legislazione, a diversi livelli (statale e regionale).
Ha inoltre determinato condoni edilizi e sospensione di provvedimenti sanzionatori di attività abusive; qualche volta, mascherandoli come semplificazione delle procedure burocratiche, ha consentito ampliamenti delle possibilità edificatorie del tutto ingiustificati, e spesso inutili.
A tale sregolatezza chiaramente non poteva porre alcun tipo di ostacoli l’intero comparto dell’industria edilizia, spesso concentrata a costruire malamente con il solo intento di immettere sul mercato beni da vendere nel minore tempo possibile.
Il risultato è che il nostro parco edilizio è andato in crisi a causa di dissesti strutturali e patologie da umidità, oltre ad essere profondamente inadeguato dal punto di vista energetico, come ci ha drammaticamente rivelato la crisi energetica degli anni ’70, ed in profondo deficit tecnologico.
Dulcis in fundo, il patrimonio edilizio è sempre stato affidato alla gelosa custodia delle famiglie, pur se prive di possibilità economiche, e senza incentivi fiscali necessari per la sua fruizione ottimale.
Tutto ciò è avvenuto non solo in ambito direzionale, dopo la rivoluzione del lavoro di ufficio provocato dall’avvento dell’informatica, ma anche nel campo della piccola edificazione residenziale.
Il grande interesse che i nuovi operatori del processo edilizio dimostrano oggi nei confronti delle tematiche legate alla manutenzione nasce quindi da diversi motivi.
In primis la considerazione che un immobile è formato da diverse componenti, che non hanno la medesima durata ed efficienza; ogni edificio, in particolar modo se dotato di complessità funzionale e tecnologica, presenta dei costi di gestione che possono anche superare quelli necessari per la sua costruzione.
Vi è poi un insieme di nuove disposizioni normative che hanno imposto modifiche in ordine ai necessari adeguamenti, ma soprattutto l’interesse trae origine dal fatto che una crescente presenza di difetti dei nostri edifici non riguarda solo i fabbricati più datati ma anche quelli recenti.
Prescindendo da questo interesse, solo una limitata porzione del patrimonio edilizio è sottoposta a man. programmata, ed un segmento ancora più limitato la tiene in considerazione come un dato di base per la progettazione.
In edilizia il termine manutenzione significa ancora riparare guasti avvenuti, piuttosto che prevedere operazioni preventive nei confronti degli elementi tecnici più soggetti ad invecchiamento funzionale.
I purtroppo recenti esiti negativi in campo qualitativo, provocati da una progettazione approssimata o da una banale gestione delle innovazioni tecnologiche, stanno portando ad un progressivo cambiamento di mentalità, in particolare per quanto riguarda la ricerca; quest’ultima sta infatti esplorando con sempre maggiore intensità temi di impatto sociale quali sicurezza, salute ed eco-sostenibilità.
Tali trattazioni sono diventate ormai dei parametri di competitività del processo edilizio, assumendo un’importanza sempre maggiore e costringendo gli attori del processo stesso a confrontarsi anche con tematiche relative, per esempio, al ciclo di vita ed ai costi globali.
A corollario di tutto ciò, le carenze gestionali del patrimonio immobiliare pubblico, e di una parte non irrilevante di quello privato non residenziale, hanno determinato ed ancora oggi determinano un grave danno economico per il nostro Paese.
A fronte di un valore patrimoniale di dimensioni enormi, la redditività prodotta da questo capitale è spesso irrilevante, e nel caso dei patrimoni pubblici spesso i costi superano i redditi prodotti dal capitale immobiliare.
L’Osservatorio sul Patrimonio Immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici, istituito dal D. Lgs. 104/1996, ha compiuto un’attenta ricognizione su una parte del patrimonio degli Enti Previdenziali Pubblici (INPDAP, INPS, INAIL, IPOST, IPSEMA, INPDAI, ENPAF, ENPALS).
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Informazioni tesi
Autore: | Massimiliano Nalin |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi Guglielmo Marconi |
Facoltà: | Scienze e Tecnologie |
Corso: | Urbanistica e scienze della pianificazione territoriale e ambientale |
Relatore: | Francesco Turchi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 151 |
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