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La rivascolarizzazione miocardica nella popolazione anziana: strategie chirurgiche a confronto

Il costante incremento dell’età media della popolazione ha portato ad un aumento dei pazienti di età avanzata da sottoporre a chirurgia coronarica.
In questo studio si sono valutati i risultati di diverse strategie di rivascolarizzazione miocardica chirurgica in pazienti di età superiore a 75 anni. Da Gennaio 2000 ad Aprile 2002, 110 pazienti consecutivi sono stati sottoposti ad intervento di bypass aortocoronarico isolato: 46, gruppo CABG, (coronary artery bypass grafting) con l’ausilio del bypass cardiopolmonare (CPB) ed arresto cardioplegico, 64, gruppo OPCAB, (off-pump coronary artery bypass) a cuore battente senza CPB.
Non si sono evidenziate differenze per quanto riguarda le altre caratteristiche cliniche preoperatorie.
Entrambi i gruppi si sono dimostrati sovrapponibili in termini di fattori di rischio preoperatorio individuati dal Parsonnet score (21.6 gruppo CABG vs 23.8 gruppo OPCAB; p =0.11) e dall’Euroscore (9.3 gruppo CABG vs 9.8 gruppo OPCAB;
p =0.8).
I dati operatori hanno evidenziato nel gruppo CABG una rivascolarizzazione miocardica più estesa (2.2 grafts eseguiti in media vs 1.4 grafts nel gruppo OPCAB;
p <0.0001) anche se 16/64 pazienti (25%) nel gruppo OPCAB sono stati sottoposti a rivascolarizzazione ibrida. Non si sono verificati decessi intraoperatori.
Nel decorso postoperatorio si sono evidenziate differenze statisticamente significative tra i due gruppi in termini di: durata della degenza in terapia intensiva (4.6+ 11.8 giorni nel gruppo CABG vs 1.9 + 2.9 nel gruppo OPCAB; p =0.04), supporto di farmaci inotropi positivi (60,9% nel gruppo CABG vs 20,3% nel gruppo OPCAB;p =0.02), utilizzo del contropulsatore aortico (15,2% nel gruppo CABG vs 3,1% nel gruppo OPCAB; p <0.05), aumento sierico dell’isoforma “mb” dell’enzima creatin-kinasi a 24 e a 48 ore dall’intervento (rispettivamente 59,7 ng/ml e 31,6 ng/ml nel gruppo CABG vs 17,2 ng/ml e 14,6 ng/ml nel gruppo OPCAB; p <0.0001;
p =0.0001
La mortalità ospedaliera è risultata pari all’ 8,6% nel gruppo CABG ed al 3,1% nel gruppo OPCAB (p =0.4).
Il decorso clinico durante follow-up medio di 18.5 mesi è stato sovrapponibile in entrambi i gruppi in termini di mortalità (4,7% nel gruppo CABG vs 5% nel gruppo OPCAB; p =0.6), necessità di una nuova procedura di rivascolarizzazione miocardica mediante angioplastica percutanea transluminale (2.5% nel gruppo CABG vs 5% nel gruppo OPCAB; p =0.8).
Nessun paziente in entrambi i gruppi ha richiesto un nuovo intervento di rivascolarizzazione miocardica chirurgica.
Il continuo miglioramento tecnologico ha permesso alla chirurgia coronarica il raggiungimento di un elevato standard qualitativo in termini di risultati immediati e a distanza. Negli ultimi anni si è progressivamente affermata la chirurgia coronarica effettuata a cuore battente senza ausilio di supporti circolatori (OPCAB), che ha raggiunto buoni risultati mostrando potenziali vantaggi anche in pazienti selezionati.
I dati dello studio sottolineano come la tecnica OPCAB, oltre a garantire una precisione chirurgica simile a quella ottenibile a cuore fermo, semplifica l’intervento e quindi può determinare una riduzione delle complicanze nell’immediato post-operatorio.
I risultati relativi al follow-up sono sovrapponibili in entrambi i gruppi in termini di mortalità, miglioramento della sintomatologia anginosa e della dispnea, necessità di nuove procedure di rivascolarizzazione miocardica.
La tecnica OPCAB ha evidenziato una morbilità inferiore a breve termine con risultati sovrapponibili all’intervento tradizionale a medio termine, rappresentando una valida alternativa per tale sottopopolazione.

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CAPITOLO I Cenni storici La storia della rivascolarizzazione miocardica chirurgica è contrassegnata dal susseguirsi di diversi momenti, ognuno dei quali si caratterizza per gli sforzi eseguiti nella ricerca di continue conquiste teoriche e nuovi miglioramenti tecnici. Tra i pionieri nello sviluppo della chirurgia coronarica, Sabiston, per primo, nel 1962, eseguì l’innesto di un graft aortocoronarico utilizzando la vena safena autologa senza l’ausilio della circolazione extracorporea (CEC) [1]. Al suo lavoro seguirono quelli di Favaloro del 1968 [2] e quello di Johnson del 1969, comprendente una casistica di 301 pazienti [3]. Nel 1967 V. I. Kolessov, riportò la sua esperienza sull’utilizzo dell’ arteria mammaria interna come condotto alternativo alla vena grande safena [4]. La chirurgia coronarica senza CEC in seguito si diffonderà in America Latina negli anni ’80 [5,6], con qualche studio riportato in Europa e negli Stati Uniti [7, 8]. Agli inizi degli anni ’70, le pubblicazioni di Green posero l’attenzione sull’utilizzo, nella chirurgia cardiaca, del bypass cardiopolmonare (CPB: cardio-pulmonary bypass), che era stato già clinicamente applicato con successo da Garret nel 1953 [9]. Green approfondì inoltre l’analisi sui risultati relativi alla pervietà a lungo termine dell’a. mammaria interna [10], che oggi è considerata il condotto di scelta per la rivascolarizzazione miocardica chirurgica. Con il passare del tempo la chirurgia coronarica si è progressivamente e rapidamente sviluppata fino ad essere uno tra gli interventi maggiormente eseguiti al Mondo con più di 1.300.000 procedure effettuate ogni anno [11]. 1

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Di Mauro
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2001-02
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Medicina e Chirurgia
  Corso: Medicina e Chirurgia
  Relatore: Adalberto Grossi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 46

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Parole chiave

cardiochirurgia
bypass coronarico
chirurgia coronarica
cardiochirurgia anziano
malattia coronarica
rivascolarizzazione miocardica
bypass coronarico in cec
bypass senza cec
opcab

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