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Epistemologia di Karl R. Popper e la conoscenza oggettiva

Un’indagine sul pensiero epistemologico di Karl R. Popper deve necessariamente, pur nei limiti di uno studio come il presente, non solo procedere dai testi, ma anche cogliere quelli che si presentano come i germi di sviluppi che hanno reso tale pensiero vivo, vicino allo sviluppo della scienza del XX secolo in evoluzione, e non arroccato in un "sistema". Il filosofo austriaco, proprio in base al metodo “normativo” delle congetture e confutazioni, intendeva determinare oltre che i limiti critici dell’epistemologia, la scansione evolutiva che struttura il cammino della conoscenza scientifica.
La proposta teorica di Popper, la sua idea di metodologia scientifica muoveva da una radicale opposizione ai “principi” del neopositivismo logico, quindi all’induzionismo, al verificazionismo, nonché al riduzionismo fisicalista propri del Circolo di Vienna (opposizione, però, che non escludeva certo collaborazione con i filosofi di quel gruppo). E come ha scritto Francesco Barone, riecheggiando l’ "Autobiografia" popperiana: "Contro le pretese antimetafisiche dello scientismo neopositivistico, Popper riconosce esplicitamente… che la propria metodologia si radica in una visione metafisica. Non si tratta di cacciare nel regno dell’assurdo tutta la filosofia del passato, bensì di riprenderne le esigenze, rinunciando all’illusione della conoscenza dimostrabile e definitiva. Così la questione sulla maniera d’essere nostra e del mondo non trova risposta in un sistema conchiuso, ma in un “programma metafisico di ricerca”, in grado di suggerire teorie controllabili ed anche di essere sottoponibile esso stesso a cangiamenti e revisioni" .
Dalla nostra indagine emergerà gradualmente che tutto il pensiero epistemologico di Popper mantiene un collegamento costante con la metafisica che è però da intendersi in senso kantiano. Uno dei testi, per esempio cui Popper fa riferimento non di rado, sia nei saggi di Congetture e confutazioni sia in quelli di La Conoscenza oggettiva è il libro Kantiano del 1786 Principi metafisici della scienza della natura. In esso Kant scrive che: "Tutti i filosofi della natura che nelle loro ricerche hanno voluto procedere in modo matematico si sono perciò sempre serviti e dovuti servire (sebbene inconsapevolmente) di principi metafisici, anche se nello stesso tempo protestavano solennemente contro ogni pretesa della metafisica sulla loro scienza. Senza dubbio intendevano sotto questo nome la follia di escogitare arbitrariamente possibilità e giocare con concetti che forse non si lasciano nemmeno rappresentare nell’intuizione, senza avere della loro realtà oggettiva nessuna altra attestazione oltre al fatto che essi non stanno in contraddizione con se stessi. Ogni vera metafisica è tratta dall’essenza della stessa facoltà di pensare, e non è affatto inventata per il fatto di non esser tratta dall’esperienza, ma contiene le pure operazioni del pensiero, cioè concetti e principi a priori, i quali per primi connettono secondo leggi il molteplice delle rappresentazioni empiriche, in modo che possa divenire conoscenza empirica [i corsivi sono nostri]. Così, i suddetti fisici matematici non hanno potuto affatto fare a meno di principi metafisici, e fra questi nemmeno quelli che rendono il concetto del loro specifico oggetto, la materia, adeguato a priori per l’applicazione all’esperienza esterna: come il concetto del movimento, del riempimento dello spazio, dell’inerzia, e così via. A ragione essi non hanno ritenuto conforme alla certezza apodittica che volevano dare alle proprie leggi di natura il far valere a tal proposito principi solamente empirici; perciò hanno preferito postularli, senza cercarne le fonti a priori" . Da questo passo è chiaro come Kant intendesse per metafisica, o meglio, per "principio metafisico", "la condizione a priori, sotto la quale soltanto oggetti, il cui concetto deve essere dato empiricamente, possono essere ulteriormente determinati a priori" . Tale condizione a priori, il trascendentale, è rappresentato in sostanza, dalle matematiche e della geometria – in altre parole quello che Popper, attraverso Frege e il concetto di Pensiero oggettivo, chiamerà il “Mondo tre”. Forse questa linea di ‘continuità’, se di ‘continuità’ si può parlare è discutibile; tuttavia è evidente che Popper ricava il suo concetto di metafisica in senso forte, proprio da Kant.

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3 INTRODUZIONE Un‟indagine sul pensiero epistemologico di Karl R. Popper deve necessariamente, pur nei limiti di uno studio come il presente, non solo procedere dai testi, ma anche cogliere quelli che si presentano come i germi di sviluppi che hanno reso tale pensiero vivo, vicino allo sviluppo della scienza del XX secolo in evoluzione, e non arroccato in un <<sistema>>. Il filosofo austriaco, proprio in base al metodo “normativo” delle congetture e confutazioni, intendeva determinare oltre che i limiti critici dell‟epistemologia, la scansione evolutiva che struttura il cammino della conoscenza scientifica. La proposta teorica di Popper, la sua idea di metodologia scientifica muoveva da una radicale opposizione ai “principi” del neopositivismo logico, quindi all‟induzionismo, al verificazionismo, nonché al riduzionismo fisicalista propri del Circolo di Vienna (opposizione, però, che non escludeva certo collaborazione con i filosofi di quel gruppo). E come ha scritto Francesco Barone, riecheggiando l‟<<Autobiografia>> popperiana: <<Contro le pretese

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Parole chiave

congetture e confutazioni
empirismo
falsificabilità
induttivo
metodo deduttivo
mondo 3
pensiero epistemologico
pensiero epistemologico popper
probabilità
scienza e filosofia
teoria evolutiva della conoscenza e incompletezza
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