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Gli istituti di clemenza prima e dopo la riforma costituzionale del 1992

Gli istituti di clemenza – amnistia, indulto e grazia - affondano le loro origini molto indietro nel tempo, in ordinamenti ben diversi da quelli attuali. La ratio di tali istituti consiste nel rompere l’ordinaria vigenza della legge penale, qualora l’applicazione di essa in casi eccezionali non risulti opportuna per ragioni extra-sanzionatorie. Al fine di comprendere la differenza contenutistica tra i tre istituti, si può affermare brevemente che: - l’amnistia è un provvedimento “collettivo” - poiché riguarda una serie di reati individuati e commessi entro un certo periodo - l’indulto ha le stesse caratteristiche dell’amnistia fatto salvo che non estingue il reato, ma agisce solo sulla pena condonandola totalmente o parzialmente; - la grazia è un provvedimento “individuale” . La riforma del 1992 si occupò di rivedere la struttura dell’art. 79 cost. che disciplinava (e disciplina tuttora) solo i primi due istituti descritti, in seguito a problematiche legate all’abuso che di essi se ne era fatto a partire dal dopoguerra.
Nella vecchia formulazione, l’art. 79 cost. prevedeva che l’amnistia e l’indulto fossero concessi dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere e che non si potessero applicare a reati commessi successivamente alla proposta di delegazione. Questa concezione si traduceva in una sorta di autorizzazione all’esercizio di un potere, la cui titolarità spettava al solo Capo dello Stato. La ragione principale per cui si arrivò alla suddetta riforma fu, come già accennato, il notevole abuso di tali istituti (si noti che i provvedimenti di amnistia ebbero cadenza biennale tra il ’48 e il ’90!) con un conseguente declassamento degli istituti di clemenza e una riduzione del potere di deterrenza della legge penale; senza contare poi il difficile rapporto che, a seguito dell’abuso, si veniva a creare tra istituti di clemenza ed altri istituti previsti all’interno della Costituzione, come ad esempio l’uguaglianza. La loro armonizzazione sarebbe potuta avvenire solo se dei primi ne fosse stato fatto un uso coerente con le finalità originarie previste dal Costituente. La necessità di una riforma che toccasse proprio la struttura dell’art. 79 cost., si concretizzò nella Legge Costituzionale del 6 marzo 1992 n°1, la quale sancì che l’amnistia e l’indulto sono deliberati a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale, che la legge stessa stabilisce il termine per la loro applicazione e che non si possano applicare a reati commessi successivamente alla presentazione del ddl. Come si può notare, l’ultima disposizione del nuovo art. 79 resta invariata: ciò che cambia è l’attribuzione del potere di clemenza non più al Presidente della Repubblica ma solo al Parlamento, e l’introduzione di un quorum aggravato che renda più ardua l’approvazione della legge di “perdono”. Quest’ultima disposizione va però interpretata in maniera restrittiva, nel senso che agli articoli della legge che prevedono l’esclusione dal beneficio non può applicarsi tale quorum, poiché renderebbe più difficile la loro approvazione. L’ultimo aspetto che merita di essere ricordato è se esista o meno la possibilità per la Corte Costituzionale di sindacare la legge di clemenza: la risposta è affermativa, purché tale sindacato si limiti alla verifica dell’esistenza del quorum previsto e all’effettiva presenza di circostanze eccezionali che legittimino l’emanazione della stessa. In altri termini, non è oggetto di sindacato costituzionale il contenuto dell’atto, ma la sua validità legale e la sua ragionevolezza. In conclusione, il Presidente della Repubblica ha assistito ad un progressivo spostamento dei poteri di perdono da lui al Parlamento, fermo restando quello di grazia che resta una sua prerogativa. Proprio in riferimento a questo potere, non è però da sottovalutare l’influenza esercitata dalla prassi instaurata e dall’iter previsto: la prima, in un certo senso riduce l’esercizio di tale potere a fronte delle prerogative che nello stesso ambito sono reclamate dal Ministro di Grazia e Giustizia (proposta, controfirma..), mentre il secondo, prevedendo una serie di pareri positivi e vincolanti da parte di altri organi al fine di inviare o meno la domanda di grazia al Presidente, contribuisce a demolire la vecchia concezione che di tale potere si aveva (la quale lo inquadrava come potere supremo!), specialmente quando spettava al Sovrano. Il Capo dello Stato, quale organo rappresentante dell’unità nazionale/costituzionale, rischia di esercitare una sorta di “ruolo espiatorio”, poiché responsabile degli effetti di taluni atti specialmente nei confronti dell’opinione pubblica - la quale necessita, anche per esigenze in un certo senso psicologiche, di un soggetto a cui attribuire le eventuali colpe o meriti - e nei confronti del quale far confluire tutte le decisioni/opinioni alle volte insufficientemente giuste.

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1 INTRODUZIONE Amnistia, indulto e grazia sono istituti che affondano le loro radici molto indietro nel tempo, in ordinamenti basati su principi essenzialmente in contrasto con quelli delle attuali costituzioni democratiche occidentali. Nei regimi monarchici infatti, il Re non era subordinato alla legge bens solo a regole morali e religiose, per le quali rispondeva innanzi a Dio; di conseguenza, il suo potere di grazia poteva essere considerato come un modo di esercitare la funzione giurisdizionale secondo equit e giust izia, esattamente come un potere di sospensione dell efficacia di atti normativi e di dispensa dalla loro osservanza(1). Lo Statuto Albertino del 4 marzo 1848, ad esempio, sanciva all art .8 che Il Re pu far Grazia e commutare le pene , ed era assimilabil e all attuale art. 87 della Costituzione il quale, a sua volta, oltre ad enunciare una serie di poteri spettanti al Presidente della Repubblica, indica al comma 11 il potere di concedere Grazia e commutare le pene . La ratio generale degli istituti di clemenza consiste nella volont di rompere l ordinaria vigenza della legge comune e della giurisdizione comune a fini liberatori ed, il presupposto sul quale essi si fondano, Ł il giudizio di inopportunit circa l applicazione in concreto della legge penale o 1 G. Zagrebelsky, Amnistia, indulto e grazia, profili costituzionali, GiuffrØ editore, Milano 1974, p. 1.

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Angherà
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze dell'amministrazione
  Relatore: Saulle Panizza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 44

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