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La svolta di Salerno

E’ molto suggestivo guardare alla storiografia della Resistenza come a un succedersi di revisioni successive di luoghi comuni, e non ad una monotona ripetizione di verità ufficiali [...]. Dopo un’attenta valutazione di questa premessa, si è giunti a focalizzare l’oggetto della tesi, nell’analisi e lo studio di una parte di quella confluenza di correnti e partiti antifascisti, determinando la scelta sul Partito Comunista Italiano durante l’arco temporale 1943 – 1944 ed in particolare sulla «svolta di Salerno». La discussione e la polemica intorno a tale “atto” non si sono ancora placate, e forse non del tutto a torto perché si tratta di una decisione che ha segnato profondamente la storia della Resistenza italiana [...]. Questo tenace perseguimento dell’ “unità” ebbe il suo episodio fondamentale ed emblematico nella cosiddetta «svolta di Salerno» che condusse, nell’aprile 1944, alla formazione del primo governo di “unità nazionale”, sotto la presidenza del maresciallo Pietro Badoglio. Quando Togliatti giunse in Italia, propose che bisognava accantonare i dissensi fino alla fine della guerra e di concentrare ogni energia nella lotta di liberazione nazionale e nell’unità antifascista. Affermò che «si doveva accantonare la questione istituzionale e mettere subito fine ad una situazione che vede da una parte un governo al potere che non gode autorità e dall’altra un movimento popolare antifascista con l’autorità ma senza il potere» ed aggiunse di «non avere alcuna pregiudiziale contro il maresciallo Badoglio per la presidenza di un nuovo governo» . L’iniziativa Togliattiana ha da sempre costituito un ambito privilegiato del dibattito storiografico sulla Resistenza. In effetti, si è discusso e ricercato con fervore per dare un’interpretazione a questa politica comunista, soprattutto si è cercato di comprendere quanto di autonomo, e quanto di eterodiretto, cioè di supina obbedienza alla linea dettata da Stalin, vi fosse in questa scelta. Certamente l’iniziativa si muoveva attraverso una direttrice di politica internazionale che ne costituiva il presupposto immediato. Il riconoscimento sovietico del governo Badoglio «come un compagno d’armi nella lotta contro la Germania», annunziato il 13 marzo del 1944, non senza stupore e irritazione da parte degli anglo-americani, si era posto come un elemento dinamico nel quadro della politica italiana delle potenze antihitleriane, fino allora dominio esclusivo degli anglo-americani, e, insieme, aveva rappresentato una conferma dell’accortezza e della duttilità politica su questo terreno di Badoglio e dei suoi collaboratori. A questo punto il sentiero si fa arduo. Ernesto Ragionieri tende ad accentuare il valore autonomo della «svolta» sostenendo che l’iniziativa togliattiana si inseriva nel quadro della politica internazionale del movimento comunista che era, nelle linee di fondo, omogeneo, e che non si trattasse di un meccanico e brusco adeguamento a direttive esterne, come spesso si è sostenuto, è confermato dalla circostanza, ormai a tutti nota, che quella linea era stata espressa da Togliatti da molti mesi, fin dalla dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania , addirittura per Giovanni Amendola dal 1940 quindi, retrodatabile quanto meno come indirizzo di strategia e come generale indicazione rivolta al PCI . Egli sostiene che quella mossa nonostante il repentino inserimento nella politica estera di Stalin, possedeva “un ispirazione originale e autonoma” articolata nel progetto di «partito nuovo» e nella definizione della «democrazia progressiva». Lo storico Luigi Cortesi (resistente nel bergamasco a sedici anni nelle «Fiamme verdi») afferma che le posizioni che Togliatti caldeggiò nel corso dei mesi precedenti contemplarono anche, in determinate circostanze, il riconoscimento dello status quo e la collaborazione governativa; ma questo possibilismo è da riallacciare alla tradizione che Togliatti rappresentava nella storia del gruppo dirigente formatosi nel 1924-26 . La questione cruciale riferita all’interrogativo: «iniziativa autonoma o supina obbedienza?» trova soluzione nel più che evidente coordinamento dell’azione di Togliatti con la nuova politica sovietica – coordinamento che Togliatti negò sempre e che la storiografia di partito ha finito con l’ammettere per l’indiscutibilità dei documenti degli archivi dell’URSS ; si pensi all’interesse sovietico sia (e soprattutto) ad un alleggerimento della terribile pressione tedesca sul fronte orientale, che l’Armata Rossa affrontava – sola in Europa –da quasi tre anni, sia ad una più forte presenza politica nel teatro mediterraneo ed euro-occidentale, dal quale parevano esclusi dopo la gestione anglo-americana dell’armistizio italiano e che appariva comunque dominato dagli alleati.

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2 INTRODUZIONE E’ molto suggestivo guardare alla storiografia della Resistenza come a un succedersi di revisioni successive di luoghi comuni, e non ad una monotona ripetizione di verità ufficiali. E questo è vero a partire dal suo primo grande storico. La storia della Resistenza italiana trova infatti nel 1953 un “classico” destinato a durare nel tempo nell’opera di Roberto Battaglia. Tranquillo studioso di storia dell’arte barocca di mezza età, più che altro infastidito dall’ “errore di gusto” che il fascismo aveva rappresentato, Battaglia si trasforma dopo l’8 settembre del 1943 in comandante partigiano nelle formazioni di Giustizia e Libertà. Approda al PCI dopo la diaspora del suo partito d’origine, e diviene storico appassionato dell’Italia contemporanea proprio in virtù della sua esperienza di partigiano. La premessa alla sua Storia della Resistenza 1 evidenzia, una tesi molto diffusa secondo la quale, la lunga lotta armata condotta dall’8 settembre del 1943 al 25 aprile del 1945 è stata possibile per l’incontro o per il confluire sul piano della guerra di liberazione di due elementi diversi : «le correnti o partiti politici antifascisti oppositori consapevoli della dittatura fascista e la determinazione delle masse popolari il cui spontaneo malcontento verso il fascismo, la stanchezza e il rifiuto della guerra, aveva raggiunto l’apice durante il secondo conflitto mondiale». Dopo un’attenta valutazione di questa premessa, si è giunti a focalizzare l’oggetto della tesi, nell’analisi e lo studio di una parte di quella confluenza di correnti e partiti antifascisti, determinando la scelta sul Partito Comunista Italiano durante l’arco temporale 1943 – 1944 ed in particolare sulla «svolta 1 ROBERTO BATTAGLIA, Storia della Resistenza italiana, Torino, Einaudi, 1953, p. 19.

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Informazioni tesi

  Autore: Luigi Sepe
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2004-05
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Santo Peli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 210

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dall'accordo di lione all'armistizio 1943
dalla scissione di montesanto al congresso di bari
i partigiani
il cln e il dibattito sulla politica unitaria
il congresso di bari 1944
il pci nel dibattito sulla svolta di salerno
l'insegnamento di gramsci
l'italia gli alleati e l'unione sovietica
la campania e le quattro giornate di napoli
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