La riforma della legislazione sulle società cooperative con particolare riferimento alle possibilità di finanziamento delle imprese
La disciplina generale delle società cooperative era in passato ed in parte lo resta ancora oggi, particolarmente articolata e complessa per il sovrapporsi nel tempo di diversi corpi normativi .
Oltre al codice civile (artt. 2511-2545 c.c.) la disciplina era, infatti, integrata e completata in più punti dalla c.d. legge Basevi (d.lgs. C.P.S. 14 dicembre 1947, n. 1577), a sua volta modificata in più riprese.
Ulteriori modifiche furono portate dalla legge 59/1992 che con il riconoscimento dei soci sovventori (art. 4) mirava ad agevolare la raccolta di capitale di rischio da parte delle cooperative.
A questo dobbiamo aggiungere leggi speciali, anche a carattere regionale, volte a regolare ed incentivare particolari manifestazioni cooperative: è il caso di cooperative agricole, di credito, di pescatori, d’artigiani e di cooperative che perseguono specifici fini sociali agevolate sotto il profilo creditizio e tributario, come le cooperative per la promozione dell’occupazione giovanile nel mezzogiorno (legge 28 febbraio 1986, n. 43) e delle cooperative sociali per la gestione di servizi socio-sanitari e per l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate (legge 8 novembre 1991, n. 381).
I limiti ante-riforma possono essere così sintetizzabili:
a) non consente alle imprese in forma cooperativa di acquisire capitale di rischio nella misura necessaria per far fronte alle esigenze che i mercati in cui operano pongono a tutte le imprese;
b) non prevede strumenti di governo societario che incentivino nella misura necessaria l’efficienza e la qualità delle gestioni;
c) presenta, come del resto quello della società per azioni sul quale è modellato, una rigidità incompatibile con la complessità e la profonda articolazione che distinguono il mondo cooperativo in relazione sia alla dimensione delle imprese sia al tipo di attività esercitata.
La riforma del diritto societario approvata con il d.lgs. n. 6 del 2003 rappresenta un evento di gran rilievo nella storia della legislazione cooperativistica giacché è rinnovato l’intero impianto dell’impostazione civilistica, mantenendo sostanzialmente immutati soltanto tre articoli (gli artt. dal 2546 al 2548, c.c.), in tema di mutue assicuratrici ed assicurando la sopravvivenza di modelli cooperativi alternativi rispetto al codice, quali le cooperative di credito e le cooperative sociali.
La riforma ha inteso promuovere l’efficienza e la competitività sul mercato dell’impresa cooperativa, senza però snaturare la funzione mutualistica e sociale .
L'art. 5 comma 1, lett. a), della legge delega n. 366/2001, con una previsione di carattere generale, afferma che la riforma dovrà “assicurare il perseguimento della funzione sociale delle cooperative e dello scopo mutualistico dei soci cooperatori”.
Fondamentale per l’interpretazione di quest’articolo è la Relazione alla stessa legge, che, al paragrafo 15 mette in evidenza come può essere sbagliata una distinzione netta tra funzione sociale delle cooperative e scopo mutualistico dei cooperatori. Una tale interpretazione frantumerebbe l’unitarietà della cosiddetta causa mutualistica, tradizionalmente propria sia della società sia dei soci, facendo dello scopo mutualistico un elemento funzionale della sola partecipazione sociale e non anche un connotato dell'attività della società.
La funzione sociale è un valore che la cooperazione possiede proprio per il suo particolare scopo, e, in misura minore, per la sua particolare organizzazione; essa dipende dal loro scopo mutualistico, dall’assenza in loro di fini di speculazione e dalla loro organizzazione democratica .
La riforma attribuisce alle cooperative una funzione sociale che è un requisito dell’intero fenomeno: sia che si parli di cooperative “costituzionalmente riconosciute” che di cooperative “diverse” da quest’ultime; attribuzione che è loro riconosciuta poiché storicamente propria. L'art. 5 della delega, nonostante le apparenze, è dunque ispirato ad una visione fondamentalmente unitaria del fenomeno; e ciò impone un’interpretazione della riforma che non ignori e non trascuri quest’importante premessa .
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Informazioni tesi
Autore: | Giovanni Guerriera |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Siena |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia bancaria |
Relatore: | Franco Belli |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 44 |
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