Autotutela nell'ordinamento tributario
Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un periodo storico che ha visto il Fisco italiano in costante, diretta contrapposizione con il contribuente.
La farraginosità delle norme fiscali, introdotte nel sistema in modo confuso ed asistematico, il contenuto e la portata delle stesse, hanno prodotto una evasione fiscale di portata eccezionale nonché una elusione che ha messo a dura prova la capacità del legislatore di contrastarla conducendo, tra l'altro, ad una stretta fiscale nei confronti dei ceti medi sempre più sproporzionata e irrealistica per un paese civile.
Questa situazione ha portato ad un aumento esponenziale delle controversie tra Fisco e contribuente che ha congestionato, fino quasi a soffocare, il sistema del contenzioso tributario, rendendo necessaria una radicale riforma che investisse non solo il processo tributario, ma tutto il sistema di rapporti tra Amministrazione Finanziaria e contribuente.
Il legislatore, al fine di ridurre progressivamente il numero dei ricorsi giacenti presso le commissioni tributarie , ha favorito una serie di procedure di indiscussa utilità, volte, sostanzialmente, alla ''deflazione del contenzioso'' nell'ambito di un quadro di politica legislativa proiettato sullo sfondo di una definizione ''partecipata'' da parte del contribuente alla gestione del sistema tributario.
Fondandosi su una visione più duttile e democratica dell'attività amministrativa, gli istituti specificatamente diretti ad una rapida prevenzione e definizione delle controversie affiancandosi a quelli partecipativi determinano un'importante evoluzione nel senso di un mutamento di mentalità complessivo delle parti del rapporto, segnando il passaggio da una visione sostanzialmente conflittuale dello stesso ad un nuovo assetto improntato, tendenzialmente, alla collaborazione e fiducia reciproca, in modo da contemperare l'interesse fiscale e il diritto del contribuente ad essere tassato secondo la legge.
Nell’ottica di un amministrazione fiscale snella ed orientata al cittadino, tali istituti amministrativi, i cosiddetti “strumenti deflativi del contenzioso”, permettono di concordare soluzioni conciliatorie e di prevenire le liti in materia tributaria, inoltre, essi costituiscono una soluzione economicamente vantaggiosa tanto per l’amministrazione quanto per il contribuente e mirano ad evitare che si intraprenda la strada del contenzioso, che spesso è lunga e laboriosa.
L’interesse verso l’istituto dell’autotutela è nato principalmente dalla necessità di porre un freno alla crescita smisurata del contenzioso tributario che, accompagnata alla lentezza con cui si affrontano le relative controversie, ha vanificato sia le esigenze del cittadino di vedere riconosciuti i propri diritti sia quelle dell’amministrazione di recuperare somme effettivamente dovute all’erario.
La riluttanza del fisco ad annullare i propri atti è stata alimentata, invece, sia dalla mancanza di riferimenti normativi al potere di annullamento di provvedimenti già notificati, sia dalla presunta inapplicabilità in materia tributaria dei principi dell’autotutela amministrativa: ciò nell’erroneo convincimento di una incompatibilità fra autotutela tributaria e amministrativa.
Un ruolo non secondario nello scarso utilizzo dell’autotutela hanno svolto, inoltre, il timore di un’azione per danno erariale dinanzi alla Corte dei Conti, più volte paventata dalla stessa pubblica amministrazione, nonché quel certo congenito immobilismo tipico di ogni organizzazione burocratica.
Sennonché, in questi ultimi quindici anni vi sono stati interventi legislativi che hanno segnato un’inversione di rotta e una rivalutazione dell’autotutela, confermando l’istituto suddetto come un principio generale del nostro ordinamento; l’intento è stato anche quello di instaurare nuovi rapporti tra fisco e contribuenti, ispirati a principi di trasparenza e collaborazione.
La prima norma che si occupa dell’istituto è l’articolo 68 del D.P.R. 27.3.1992, n. 287, essa si rivolge agli uffici ed attiene al riconoscimento del potere di autotutela, ma recentemente è stata abrogata dalle norme che rinnovano l’organizzazione del Ministero delle Finanze ; la seconda, l’art. 2 quater della L. 30.11.1994, n. 656 attribuisce al principio di autotutela il “rango” di norma primaria e prevede criteri di economicità in base ai quali l’amministrazione può rinunciare ad iniziare o a proseguire la pretesa tributaria, infine il D.M. 11.2.1997 n. 37,finalizzato a delineare i caratteri e ad individuare i confini di applicazione per l’esercizio dell’autotutela nel settore tributario.
Anche la prassi amministrativa e la giurisprudenza hanno dato un forte impulso all’applicazione di tale istituto nel settore tributario.
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Informazioni tesi
Autore: | Gilberto Pandolfi |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia aziendale |
Relatore: | Enrico Fazzini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 72 |
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