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Cases report: dalla scena del crimine alle indagini di laboratorio

L’ Antropologia Forense fa parte delle Scienze Forensi, ossia di quegli studi che hanno a che fare con il Processo Giudiziario e, in modo particolare, si occupa dello studio dei resti scheletrici o mal conservati, dai quali si possono estrapolare informazioni utili per la risoluzione di casi giudiziari.
L’Antropologia Forense è dunque un’applicazione dell’Antropologia fisica e parte integrante della Medicina Legale; il suo ruolo forense non è limitato alla sola identificazione di resti scheletrici, ma anche alla diagnosi delle cause della morte, alla determinazione dell'epoca del decesso e, in taluni casi, al ritrovamento del luogo d’occultamento di un cadavere.
Il lavoro dell’Antropologo nasce solitamente dalla richiesta pervenuta da un Magistrato (o dal privato/ dalla parte) di consulenza tecnica o perizia, ossia di un giudizio, basato su metodi riconosciuti, validi e scientifici, di un esperto del settore.
La sua analisi parte quindi dalla scena del crimine, o dal sito di ricerca del cadavere, e termina in laboratorio, dove vengono effettuate tutte le analisi richieste.
In questa rassegna di casi si sono voluti mostrare i diversi aspetti dell’Antropologia forense, con particolare riferimento alle tecniche da utilizzare su campo, e alle tecniche di laboratorio atte a descrivere:
• Un profilo biologico (identificazione generica: sesso, età, razza, statura, connotati e contrassegni)
• Un’identificazione personale
• Una causa di morte
• Una modalità di morte
• Un’epoca del decesso
che normalmente si presentano sotto forma di quesiti del Magistrato.
Ma si è cercato anche di sottolineare l’importanza e la necessità di un team presente su campo, in grado di mettere a disposizione le proprie conoscenze e specializzazioni per un fine comune.
Gli Antropologi forensi frequentemente lavorano insieme ai patologi, agli odontologi, agli archeologi forensi. (di cui si è descritto il ruolo), ma anche insieme alle Autorità investigative e ad una serie di collaboratori che, per l’appunto, costituiscono una squadra d’azione. L’intesa e i rapporti tra i componenti sono responsabili spesso della buona riuscita del lavoro comune. “La mano destra deve sapere cosa fa la mano sinistra”.
Di contro, si è quindi dimostrato come la mancata cooperazione tra specialisti o l’espletamento di compiti da parte di persone non di competenza specifica, conduca inevitabilmente ad errori di giudizio o a danneggiamenti di materiali utili alle indagini.
E da ultimo, ma non meno importante, si è cercato di far apparire le problematiche del compito forense del perito (o consulente), che deve attenersi a delle “regole” che spesso si discostano da quelle del solo ragionamento logico: il perito d’ufficio, in ragione di quanto da egli stesso accertato, può determinare azioni giudiziarie verso terzi che possono manifestarsi con la limitazione della libertà (ambito penale) e/o con conseguenze d’ordine finanziario (sia civile, sia penale). Ciò comporta che il perito d’ufficio deve rispondere sostanzialmente ai limiti che da un lato gli provengono da quanto sancito dalla legge in materia processuale (sia civile, sia penale) dall’altro da esigenze etico-morali che si manifestano principalmente nell’adesione ad un codice deontologico, inciso nella coscienza di ciascun uomo. Ne consegue il dovere dell’esperto di esprimersi solo ed esclusivamente quando sia in possesso effettivamente delle capacità necessarie per l’espletamento dell’incarico affidatogli, in quel binomio di scienza e coscienza che deve caratterizzare l’opera svolta. Questo fatto, tanto chiaro da capire, è altrettanto difficile da attuare, perché l’essere umano è influenzabile e a volte le emozioni cercano di aver la meglio sulla sola razionalità. L’obiettività è, nella specie umana, una conquista di pochi e spesso all’ombra della propria soggettività.
Per questo motivo, in ambito giuridico, tutte le affermazioni, di una consulenza tecnica, devono essere provate, sostenute da metodi scientifici, quantizzabili in termini di affidabilità, e non da impressioni, “rigor di logica”, intuizioni o esperienza personale.
Il giudizio tecnico ha, inevitabilmente un peso importante nelle decisioni investigative; non basta il dubbio per discernere vittime da colpevoli. Si tenga presente questo particolare nella propria crescita professionale.
Il presente lavoro ha lo scopo di dare diversi spunti di riflessione, con la speranza che l’Antropologia Forense non resti solo un feto nella pancia dell’Italia, ma possa raggiungere un riconoscimento che davvero si merita.

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INTRODUZIONE “L’Antropologia Forense” 1 INTRODUZIONE: L’ Antropologia Forense E’ importante, sia per motivi legali che umanitari identificare resti appartenenti ad un soggetto sconosciuto in diverso stato di decomposizione. L’ antropologia forense è un’applicazione dell’antropologia fisica al processo legale. Gli antropologi forensi utilizzano i metodi scientifici standard dell’antropologia fisica per assistere la legge nella risoluzione di crimini. Spesso l’antropologo lavora insieme ad un team di esperti, quali patologi forensi, odontologi, polizia scientifica ed organi investigativi, per stabilire causa e modalità di decesso ed epoca della morte. L’antropologo forense ha il compito aggiuntivo di suggerire età, sesso, statura e tratto distintivo “leggibile” sullo scheletro. I metodi e le tecniche per stabilire sesso, età razza, statura, e per analizzare traumi sono utili all’antropologo per capire le differenze verticali e orizzontali (nel tempo e nello spazio) delle popolazioni mondiali. Quando gli stessi metodi vengono applicati a resti moderni di soggetti sconosciuti, con lo scopo di identificare e stabilire una modalità di morte, allora siamo nell’ambito forense. Spesso si tende a confondere il medico legale con l’antropologo forense. Esistono delle differenze di percorso formativo e di campo d’indagine, anche se la stretta collaborazione delle due discipline si rende necessaria per ottenere una completezza di risultati. L’antropologo forense è un esperto delle ossa, dello scheletro. Il patologo forense è un medico che effettua autopsie con lo scopo di stabilire una causa di morte, classificata in diversi modi come causa naturale, accidentale, suicida, omicida, ecc. Mentre l’antropologo forense focalizza sull’osso, il patologo forense focalizza l’attenzione sui tessuti molli. Questo spiega perché si possa incorrere in errori valutativi, quando una disciplina cerchi di prevaricare l’altra: il medico legale non può improvvisarsi antropologo e l’antropologo non può sopperire al medico legale. Il problema in Italia è che non si è ancora diffusa una cultura antropologica forense sicché spesso è il medico da solo che si trova a dare giudizi tecnici fuori delle proprie competenze, incappando in errori madornali (scambio d’ossa di pollo per ossa umane, perdita di dettagli quali fratture ossee ecc.) o in impossibilità identificativa per mancanza di dati. Le indagini riguardanti, un’ipotesi di reato hanno inizio a partire dalla scena del crimine. L’intervento sul luogo del delitto, cioè il sopralluogo giudiziario coinvolge o dovrebbe

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Informazioni tesi

  Autore: Laura serena francesca Belli
  Tipo: Tesi di Master
Master in master in antropologia ed odontologia forense
Anno: 2004
Docente/Relatore: Cristina Cattaneo
Istituito da: istituto di medicina legale di milano
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 89

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Parole chiave

antropologia forense
case report
identificazione individuale
il profilo biologico: identificazione generica
il sopralluogo giudiziario
la perizia in materia civile e penale
le analisi di laboratorio
l’autopsia giudiziaria
materiali e metodi forensi
ricostruzione facciale
studio della lesività

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