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Argentina: la storia attraverso la macchina da presa

L’analisi del passato non è un’operazione semplice, e porta con sé una serie infinita di conflitti non risolti. Tale esame risulta ancora più complesso quando le memorie dei fatti accaduti mettono in discussione la precarietà del presente. Lavorare con la memoria non significa cercare di distinguere il vero dal falso, né tanto meno pensarla come una statica rappresentazione del passato, al contrario la memoria può essere definita come storia in atto; è la storia che sopravvive attraverso i ricordi di uomini e donne che tentano di porre ordine nel caos di ciò che resta del passato. Il ricordo diventa lo strumento di ordine e ricerca del senso del passato per il presente. Il contesto geografico in cui lavoriamo è quello dell’America Latina, in modo specifico dell’Argentina.. Dopo la fine del regime dittatoriale(1983), ha tentato di recuperare i legami col passato, in una sorta di revisione della storia individuale e collettiva; un lavoro lento e non ancora generalmente condiviso dall’intera società che, in molti casi, ha preferito l’oblio alla memoria. Il regime militare ha commesso un numero spropositato di crimini contro l’umanità decimando la popolazione, eliminando ogni forma di opposizione e costruendo un clima di paura e silenzio forzato all’interno dell’intero tessuto sociale.
Quando si verifica un evento traumatico, dice Susana Kaufman, qualcosa si stacca dal mondo simbolico e rimane senza rappresentazione; tal evento non sarà vissuto come appartenente al soggetto, ma come esterno ad esso e sarà difficile portarlo a livello cosciente. La forza dell’accaduto produce un collasso nella comprensione e si diventa incapaci di trovare una spiegazione. Se il ricordo di eventi traumatici viene il più delle volte rimosso o negato, non si può pretendere una linearità nella ricostruzione e nella successiva “metabolizzazione” dei ricordi, piuttosto le esperienze passate tornano alla luce attraverso delle rotture. Lo studio dei pezzi mancanti ricopre un’importanza maggiore per dare un senso al passato e per analizzare come agisce l’irrompere di tali memorie sul presente. In questi casi, quando le fonti documentarie non bastano, possiamo tentare la una strada diversa: provare ad interrogare altre forme di comunicazione sociale. Un valido strumento potrebbe essere il mezzo cinematografico, il suo carattere ambivalente e ambiguo non accetta definizioni assolute. Le immagini cinematografiche raccontano storie, ma sono connotativamente portatrici di versioni storiografiche che esprimono un discorso ideologico-politico ed emotivo, di un sentire individuale e collettivo. Se i processi sociali sono oggetto della storia come segno onnipresente nella vita quotidiana dei soggetti, le rappresentazioni estetiche sono intermediari che danno la possibilità agli individui di portare al livello cosciente quello che è accaduto. Quasi mai parliamo di denunce esplicite, ma dell’analisi dei personaggi, e delle emozioni. Sono film che mostrano un lavoro all’interno di limiti e confini instabili che occultano la realtà oggettiva, cercando il significato attraverso gli echi della violenza e le sue tracce scritte nei ricordi, nel tentativo di provare a definire un nuovo punto di partenza che sia figlio della memoria e non dell’oblio. Nel materiale analizzato (Sur di Solanas, La historia oficial di Puenzo, Mirta de Liniers a Estambul di Coscia e Saura, La noche de los lápices di Oliveira e Made in Argentina di Jusid) le tematiche che si affrontano sono suddivise in un filone che affronta la tematica dell’esilio, interno ed esterno, e in un secondo in cui sono inserite quelle opere che tentano di avvicinarsi in modo specifico agli orrori della dittatura. Nella contrapposizione oblio e memoria con cui si confronta la società argentina, il cinema si è assunto il compito di recuperare il passato taciuto,ma possiamo affermare che ci sia stata una cosciente ricostruzione della propria storia e che si siano affrontati i propri fantasmi? Molti sono stati i film basati sui ricordi, ma difficilmente ci troviamo di fronte ad opere che intraprendono il difficile lavoro della memoria. Se il ricordo è appena uno stato, come diceva Resnais, la memoria implica un atto di presa di coscienza critica che riesce a svilupparsi solo in situazioni in cui non si sia tesi all’oblio. Se mancano delle opere che analizzino davvero il passato, gli schermi sono piene di film che “vendono ricordi”, offrendo spesso illusioni per il futuro. Forse, però, la società argentina aveva bisogno proprio di recuperare la speranza e di eliminare il senso di complicità con i fatti accaduti. Se non possiamo dare al mezzo cinematografico il merito di aver portato la società argentina verso una coscienza collettiva, non si può non considerare il contributo che ha dato alla costruzione del seppur fragile identità argentina; il suo merito sta nell’aver innescato il bisogno di verità, il bisogno di riconoscere una storia di cui non essere orgogliosi e di ritrovarsi in questa.

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5 “Districare le voci, vivificare i sogni. Scrivo per rivelare il reale meraviglioso e scopro il reale mirabile nel cuore stesso del reale orribile dell’America Latina. In queste nostre terre la testa del dio Eleggúa porta la vita in fronte e la morte sulla nuca. Ogni promessa è una minaccia, ogni perdita un incontro. Dalle paure nascono le temerarietà, dai dubbi le certezze. I sogni annunciano altre realtà, i deliri altri ragionamenti. Siamo, ecco il punto, siamo ciò che facciamo per cambiare quello che siamo. L’identità non è un pezzo da museo, calmo e tranquillo nella teca di vetro, ma la stupenda sintesi che ogni giorno si compie nelle nostre contraddizioni.[..]” (Eduardo Galeano, Il libro degli abbracci) Ogni volta che si parla dell’America Latina non si possono non considerare tutte le sue contraddizioni, la sua identità divisa, una storia scritta a pezzi, lacerata dai silenzi imposti e da quelli dettati dall’oblio che fa da contraltare al desiderio di non lasciare che le violenze passate restino impunite. Prendendo come punto di riferimento l’Argentina, ci troviamo di fronte ad una società orfana, sia storicamente (perché preferisce non farsi carico del proprio passato), che socialmente (c’è sempre bisogno di far riferimento ad un leader) Nei momenti di crisi, queste due carenze, vengono fuori con più forza che mai. Le conseguenze sono tutta una serie di messaggi ambigui e contraddittori che serpeggiano nella società e che non rendono possibile costruire una memoria collettiva in cui identificarsi. Da un lato costatiamo la tendenza a concentrare e a semplificare le cose cercando di eliminare i confini con la realtà e a denigrare il proprio Paese. Dall’altro il nazionalismo, il sentimento di “argentinità” risorge e si manifesta in svariati contesti, senza spiegazione evidente. Si tratta di sentimenti che si fronteggiano l’uno contro l’altro e, nello scontro, si diluiscono e perdono di senso.

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