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I disordini interni tra diritto internazionale umanitario e diritti dell'uomo

Con molta frequenza, in presenza di crisi o di conflitti, gli Stati dichiarano l’esistenza di una situazione di emergenza, in tutto o parte del territorio nazionale, invocando questa circostanza come base giuridica per la sospensione di alcuni diritti umani. Si tratta — come l’esperienza ha mostrato in molte occasioni — di situazioni in cui le disposizioni costituzionali di applicazione “normale”, concernenti le relazioni tra potere pubblico e protezione dei diritti dei singoli, divengono insufficienti per affrontare una situazione di emergenza che sembra potersi risolvere solo se i poteri pubblici utilizzano armi e metodi che, in principio, sono esclusi dalle previsioni costituzionali.
Varie convenzioni internazionali in materia dei diritti dell’uomo prevedono disposizioni specifiche per le situazioni di emergenza: l’articolo 15 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Convenzione europea) fa riferimento ad un “pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione”, l’articolo 4 del Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite (il Patto) ad un “pericolo pubblico eccezionale”, l’articolo 27 della Convenzione americana sui diritti dell’uomo (Convenzione americana) ad un “pericolo pubblico o ad ogni altra situazione di crisi che minaccia l’indipendenza o la sicurezza di uno Stato”, l’articolo 4 della Carta araba dei diritti dell’uomo (Carta araba) ad una “situazione di urgenza”, l’articolo 2 par. 2 della Convenzione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti a “circostanze eccezionali quali l’instabilità politica interna od ogni altro stato di eccezione”, l’articolo 30 par. 1 della Carta sociale europea ad un “pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione”, l’articolo primo del II Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra fa riferimento, invece, alle situazioni “di tensioni interne, di disordini interni, come i tumulti, gli atti isolati e sporadici di violenza ed altri atti analoghi”.
Queste diverse espressioni, utilizzate negli strumenti internazionali sui diritti umani e sul diritto umanitario, che ad una prima lettura si può presumere siano equivalenti, descrivono situazioni che possono essere qualificate in base ai diritti dell’uomo come situazioni di eccezione, ma non possono essere qualificate come conflitto armato in base al diritto umanitario.
Lo studio che si farà nei capitoli seguenti partirà da un esame comparativo delle disposizioni internazionali che si occupano di situazioni di emergenza, per delimitare il campo di indagine ai disordini interni di cui si cercherà di individuare le caratteristiche peculiari ed i profili distintivi rispetto ad altre emergenze quali, per esempio, i disastri naturali. L’importanza della qualificazione giuridica dei disordini interni, situazioni intermedie tra la pace e la guerra, rispetto ad altre situazioni di emergenza, è dovuto al fatto che da essa dipende il numero dei diritti umani garantiti.
Si procederà, quindi, ad un’analisi dei diritti umani garantiti nelle situazioni di disordini interni, indicando quali sono i diritti più frequentemente violati in tali situazioni che non necessariamente corrispondono a quelli ritenuti “inderogabili” dalle convenzioni sui diritti umani. In tali situazioni, infatti, i diritti dell’uomo sono spesso ridotti al loro nocciolo duro senza che siano applicabili tutte le garanzie del diritto umanitario. Facendo una comparazione con le norme del diritto umanitario, il “nocciolo duro” dei diritti dell’uomo non contiene, in particolare, norme sulla protezione e l’assistenza ai feriti, sul divieto delle deportazioni, sulle limitazioni all’uso della forza da parte delle forze di sicurezza e, soprattutto, norme sulle garanzie giudiziarie, salvo il principio di irretroattività della legge penale.
Infine, si presenteranno comparativamente i meccanismi di attuazione e tutela dei diritti garantiti nelle situazioni di disordini interni previsti nei due sistemi, attraverso l’esame dell’attività degli organismi internazionali a ciò abilitati, quali il Comitato internazionale della Croce Rossa per il diritto internazionale umanitario e le diverse Commissioni, Comitati e Corti per i diritti dell’uomo.

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3 INTRODUZIONE Con molta frequenza, in presenza di crisi o di conflitti, gli Stati dichiarano l’esistenza di una situazione di emergenza, in tutto o parte del territorio nazionale, invocando questa circostanza come base giuridica per la sospensione di alcuni diritti umani. Si tratta — come l’esperienza ha mostrato in molte occasioni — di situazioni in cui le disposizioni costituzionali di applicazione “normale”, concernenti le relazioni tra potere pubblico e protezione dei diritti dei singoli, divengono insufficienti per affrontare una situazione di emergenza che sembra potersi risolvere solo se i poteri pubblici utilizzano armi e metodi che, in principio, sono esclusi dalle previsioni costituzionali. Varie convenzioni internazionali in materia dei diritti dell’uomo prevedono disposizioni specifiche per le situazioni di emergenza: l’articolo 15 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Convenzione europea) fa riferimento ad un “pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione”, l’articolo 4 del Patto sui diritti civili e politici delle Nazioni Unite (il Patto) ad un “pericolo pubblico eccezionale”, l’articolo 27 della Convenzione americana sui diritti dell’uomo (Convenzione americana) ad un “pericolo pubblico o ad ogni altra situazione di crisi che minaccia l’indipendenza o la sicurezza di uno Stato”, l’articolo 4 della Carta araba dei diritti dell’uomo (Carta araba) ad una “situazione di urgenza”, l’articolo 2 par. 2 della Convenzione contro la tortura e le altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti a “circostanze eccezionali quali l’instabilità politica interna od ogni

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