4
altro stato di eccezione”, l’articolo 30 par. 1 della Carta sociale europea ad un
“pericolo pubblico che minaccia la vita della nazione”, l’articolo primo del II
Protocollo addizionale alle quattro Convenzioni di Ginevra fa riferimento, invece,
alle situazioni “di tensioni interne, di disordini interni, come i tumulti, gli atti
isolati e sporadici di violenza ed altri atti analoghi”.
Queste diverse espressioni, utilizzate negli strumenti internazionali sui diritti
umani e sul diritto umanitario, che ad una prima lettura si può presumere siano
equivalenti, descrivono situazioni che possono essere qualificate in base ai diritti
dell’uomo come situazioni di eccezione, ma non possono essere qualificate come
conflitto armato in base al diritto umanitario.
Lo studio che si farà nei capitoli seguenti partirà da un esame comparativo
delle disposizioni internazionali che si occupano di situazioni di emergenza, per
delimitare il campo di indagine ai disordini interni di cui si cercherà di individuare
le caratteristiche peculiari ed i profili distintivi rispetto ad altre emergenze quali,
per esempio, i disastri naturali. L’importanza della qualificazione giuridica dei
disordini interni, situazioni intermedie tra la pace e la guerra, rispetto ad altre
situazioni di emergenza, è dovuto al fatto che da essa dipende il numero dei diritti
umani garantiti.
Si procederà, quindi, ad un’analisi dei diritti umani garantiti nelle situazioni di
disordini interni, indicando quali sono i diritti più frequentemente violati in tali
situazioni che non necessariamente corrispondono a quelli ritenuti “inderogabili”
dalle convenzioni sui diritti umani.
5
In tali situazioni, infatti, i diritti dell’uomo sono spesso ridotti al loro nocciolo
duro senza che siano applicabili tutte le garanzie del diritto umanitario. Facendo
una comparazione con le norme del diritto umanitario, il “nocciolo duro” dei
diritti dell’uomo non contiene, in particolare, norme sulla protezione e l’assistenza
ai feriti, sul divieto delle deportazioni, sulle limitazioni all’uso della forza da parte
delle forze di sicurezza e, soprattutto, norme sulle garanzie giudiziarie, salvo il
principio di irretroattività della legge penale.
Infine, si presenteranno comparativamente i meccanismi di attuazione e tutela
dei diritti garantiti nelle situazioni di disordini interni previsti nei due sistemi,
attraverso l’esame dell’attività degli organismi internazionali a ciò abilitati, quali
il Comitato internazionale della Croce Rossa per il diritto internazionale
umanitario e le diverse Commissioni, Comitati e Corti per i diritti dell’uomo.
L’attuazione, o con espressione francese, la “mise en œuvre”, che comprende il
rispetto, il controllo del rispetto e la repressione delle violazioni, come è risaputo,
è comunemente considerato il punto debole del diritto internazionale. La tutela
strumentale dei diritti si presenta ancora più difficile nei diritti dell’uomo e nel
diritto internazionale umanitario perché le loro norme tendono a proteggere
l’individuo contro lo Stato, i quali si trovano in un rapporto per sua stessa natura
ineguale.
6
CAPITOLO I. IL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO
ED I DIRITTI DELL’UOMO: DUE BRANCHE DISTINTE DEL
DIRITTO INTERNAZIONALE ?
I. Introduzione
Il problema dei rapporti tra il diritto internazionale umanitario ed i diritti
dell’uomo si pone senza dubbio al centro della tematica attinente alla protezione
della persona umana nel diritto internazionale contemporaneo.
L’enorme importanza del tema dei diritti dell’uomo dipende dal fatto che è
strettamente connesso con i due problemi fondamentali del nostro tempo, la
democrazia e la pace. Il riconoscimento e la protezione dei diritti dell’uomo
stanno alla base delle costituzioni democratiche e, nello stesso tempo, la pace è il
presupposto necessario per l’effettiva protezione dei diritti dell’uomo nei singoli
Stati e nel sistema internazionale.
L’ideale della pace perpetua non può essere perseguito se non attraverso una
progressiva democratizzazione del sistema internazionale, e questa
democratizzazione va di pari passo con una sempre più effettiva protezione dei
diritti dell’uomo.
7
Diritti dell’uomo, democrazia, pace sono tre momenti necessari dello stesso
movimento storico: senza diritti dell’uomo riconosciuti ed effettivamente protetti
non c’è democrazia; senza democrazia non ci sono le condizioni minime per la
soluzione pacifica dei conflitti che sorgono tra individui, tra gruppi e tra Stati.
La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo comincia affermando che “il
riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei
loro diritti uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della
giustizia e della pace nel mondo”, e con queste parole si riallaccia direttamente
allo Statuto dell’ONU in cui, alla dichiarazione della necessità di “salvare le
future generazioni dal flagello della guerra”, segue, subito dopo, la riaffermazione
dei diritti fondamentali dell’uomo.
8
II. Origini storiche e presupposti filosofici dei due sistemi
1. Nozione, sviluppo e principi del diritto internazionale umanitario.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) ha adottato la seguente
definizione di diritto internazionale umanitario:
“par droit international humanitaire applicable dans les conflits armés, le CICR
entend les règles internationales d’origine conventionnelle ou coutumière, qui sont
spécialement destinées à régler les problèmes humanitaires découlant directement
des conflits armés, internationaux ou non internationaux, et qui restreignent, pour
des raisons humanitaires, le droit des parties au conflit d’utiliser les méthodes et
moyens de guerre de leur choix ou protègent les personnes et les biens affectés, ou
pouvant être affectés, par le conflit”.
All’interno del diritto internazionale umanitario va fatta la distinzione, valida
storicamente, tra il diritto dell’Aja ed il diritto di Ginevra, che costituiscono il c.d.
jus in bello, distinzione però attenuatasi con la firma del I Protocollo del 1977.
Il diritto dell’Aja, o diritto della guerra propriamente detto, fissa i diritti e i
doveri dei belligeranti nella condotta delle operazioni e limita la scelta dei mezzi
per nuocere, il diritto di Ginevra, o diritto umanitario propriamente detto, invece,
tende a salvaguardare i militari fuori combattimento, oltre che le persone che non
partecipano alle ostilità
1
.
1
Jean Pictet, “Le droit international humanitaire: Définition”, in Les dimensions internationales du dorit
humanitaire, Paris: UNESCO et Pedone, Genève: IHD, 1986, pp. 13-16.
9
Le prime regole di diritto umanitario risalgono ad epoche molto antiche e sono
presenti in tutte le culture (si pensi alle regole contenute nell’epopea indiana
Mahâbhârata, nella Bibbia, nel Corano, alle regole dell’arte della guerra
contenute nelle leggi di Manu o nel Bushido giapponese o allo “spirito
cavalleresco” medievale).
A parte la dottrina della guerra giusta della Chiesa
2
, le basi filosofiche del
diritto internazionale umanitario si possono fare risalire alle teorie innovative di
Hugo Grotius sul diritto della guerra, permeate degli ideali cristiani di giustizia,
d’amore e di pietà, dei loro legami e della loro armonia con il diritto naturale,
espresse nei temperamenta belli annessi al De Jure Belli ac Pacis (1625), ed al
pensiero politico e giuridico di Jean-Jacques Rousseau che, nel suo “Contratto
Sociale” (1762), avanzò l’idea nuova e rivoluzionaria secondo la quale
l’annientamento fisico dell’avversario non deve mai costituire lo scopo di
un’azione di guerra, gettando così le basi della distinzione tra combattenti e civili.
Il moderno diritto internazionale umanitario trova le sue origini nel movimento
di codificazione degli usi e costumi della guerra che si sviluppò nella seconda
metà del XIX e l’inizio del XX secolo i cui promotori furono Henry Dunant
3
e
Francis Lieber
4
.
2
Per un buon riassunto di questa dottrina, v. S. Bailey, Prohibitions and Restraints in War, Oxford University
Press, London, 1972, capitolo 1.
3
Vedi Henry Dunant, Un souvenir de Solferino, 1862.
4
Vedi Richard Shelly Hartigan, Lieber’s Code and the Laws of War, Chicago 1983.
10
Le proposte del primo portarono all’adozione della Convenzione sul
miglioramento della sorte dei militari feriti nelle armate in campagna del 22
agosto 1864 ed alla creazione della Croce Rossa
5
.
Il secondo codificò nel 1863 le regole di condotta delle ostilità in un manuale
per le truppe nordiste impegnate nella Guerra di Secessione americana,
generalmente conosciuto oggi con il nome di “Codice Lieber”
6
.
Le tappe successive dello sviluppo del diritto internazionale umanitario sono
segnate dall’adozione della Dichiarazione di San Pietroburgo del 1868, che
conserva il suo interesse ancora oggi, non tanto per l’argomento concreto di cui
tratta, quanto per l’affermazione contenuta nel suo preambolo che il solo scopo
legittimo che gli Stati devono perseguire durante la guerra è l’indebolimento
delle forze militari del nemico, dall’adozione della IV Convenzione dell’Aja del
1907 concernente le leggi e le consuetudini della guerra terrestre
7
e del
Regolamento ad essa annesso.
5
Per la storia del diritto internazionale umanitario vedi Geoffrey Best, Humanity in Warfare, Londres 1980;
Pierre Boissier, Histoire du Comité international de la Croix-Rouge, De Solferino à Tsoushima, Genève
1978; André Durand, Histoire du Comité international de la Croix-Rouge, De Sarajevo à Hiroshima,
Genève 1978.
6
Nel codice Lieber sono contenuti i principi su cui si basa il diritto consuetudinario di guerra, ossia i principi
di necessità militare, umanità e cavalleria e ad esso tuttora si ispirano i moderni manuali militari.
7
Il preambolo della IV Convenzione dell’Aja contiene una clausola detta “clausola Martens” (così chiamata
dal nome del rappresentante russo alla conferenza) che stabilisce che anche in assenza di disposizioni
regolamentari che si applicano alla fattispecie concreta, “le popolazioni ed i belligeranti restano sotto la
salvaguardia e sotto l’effetto dei principi del diritto delle genti, quali risultano dagli usi stabiliti fra le
nazioni civili, dalle leggi dell’umanità e dalle esigenze della coscienza pubblica”. Questa clausola
costituisce in qualche maniera una “rete di sicurezza giuridica”. Essa precisa che, nel caso in cui le
disposizioni convenzionali abbiano delle lacune, bisogna trovare una soluzione conforme ai principi
umanitari.
11
La seconda Conferenza di pace dell’Aja si è pure occupata della guerra sul
mare, adottando delle convenzioni relative a questo tipo di conflitto, le cui norme
sono oggi diventate di diritto consuetudinario.
La Conferenza ha anche interdetto l’utilizzo di certi tipi di armi e di munizioni
seguendo l’evoluzione cominciata con la Dichiarazione di San Pietroburgo. Ma
soprattutto, una conferenza convocata nel 1925 dalla Società delle Nazioni ha
adottato un protocollo che interdice l’impiego di gas tossici e di armi
batteriologiche in guerra
8
, divieto che oggi fa parte del diritto internazionale
consuetudinario.
Dopo la catastrofe della Seconda Guerra mondiale si è avuta una grande
revisione del diritto internazionale umanitario, con l’adozione, il 12 agosto 1949,
da parte dei rappresentanti di 48 Stati convocati a Ginevra dalla Confederazione
elvetica (nella sua qualità di Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra), di
quattro nuove convenzioni relative alla protezione delle vittime della guerra
9
basate su progetti elaborati dal CICR.
8
Protocollo concernente la proibizione dell’impiego, in guerra, di gas asfissianti , tossici o simili e di mezzi
batteriologici, Ginevra, 17 giugno 1925, e la Convenzione sull’interdizione dello sviluppo, della
produzione , dello stoccaggio e dell’impiego di armi chimiche e sulla loro distruzione, del 13 gennaio
1993.
9
Vedi gli Atti della Conferenza diplomatica di Ginevra del 1949, Tomi I - III. Le prime tre Convenzioni
trattano di temi classici: la protezione dei feriti e dei malati, dei naufraghi e dei prigionieri di guerra. In
compenso la IV Convenzione affronta un tema in gran parte nuovo, ossia la protezione dei civili, soggetti
ad una occupazione nemica, contro l’arbitrio e la violenza. Il capitolo più importante è quello che si occupa
del nuovo regime applicabile ai territori occupati. La IV Convenzione di Ginevra ha preso atto del fatto che
durante la Seconda Guerra mondiale, i peggiori crimini sono stati commessi contro i civili nei territori
occupati. È importante sottolineare un’altra novità importante del diritto del 1949: il fatto che la protezione
del diritto internazionale umanitario sia stata estesa alle vittime delle guerre civili.
Le Convenzioni di Ginevra del 1949 sono i trattati internazionali che godono attualmente del più alto numero
di ratifiche: 185 Stati ne sono parti, praticamente tutta la comunità internazionale.
12
Gli ultimi sviluppi del diritto internazionale umanitario risalgono agli anni ‘70
con la Conferenza diplomatica sulla riaffermazione e lo sviluppo del diritto
internazionale umanitario applicabile nei conflitti armati, tenutasi a Ginevra dal
1974 al 1977, che ha portato all’adozione, l’8 giugno 1977, di due Protocolli
addizionali alle Convenzioni di Ginevra
10
, vertenti, rispettivamente, sui conflitti
armati internazionali e sui conflitti armati non internazionali.
Fra le fonti del diritto umanitario vanno annoverate anche le regole del diritto
internazionale consuetudinario ed i manuali militari, che i singoli Stati emanano
per le loro forze armate.
10
Vedi gli Atti della Conferenza diplomatica sulla riaffermzione e lo sviluppo del diritto internazionale
umanitario applicabile nei conflitti armati (Ginevra 1974-1977), Volumi I - XVII.
13
2. Nozione, sviluppo e principi del diritto internazionale dei diritti
dell’uomo
L’idea moderna dei diritti dell’uomo è nata nella filosofia. Sono varie le teorie
sul fondamento dei diritti dell’uomo, quali quelle basate sulla religione (ossia la
legge di Dio, che obbliga tutti gli esseri umani), sulla legge della Natura, che è
permanente e deve essere rispettata, sull’utilitarismo positivista e sui movimenti
socialisti
11
.
Le teorie più citate sono le teorie di filosofi, come John Locke, Thomas Paine o
Jean-Jacques Rousseau, che diedero impulso alla codificazione dei più importanti
diritti umani nelle costituzioni rivoluzionarie dei secoli XVIII e XIX.
I pensatori della scuola del diritto naturale studiarono la relazione tra lo Stato e
l’individuo per definire le basi di una società giusta. Basarono le loro teorie
sull’analisi della natura degli esseri umani e sulle loro reciproche relazioni, e
trassero delle conclusioni circa il miglior modo di assicurare il rispetto e la
protezione degli uomini.
I teorici positivisti dei diritti umani
12
, al contrario, non si sentono obbligati da
nessuna legge naturale assoluta, ma basano la difesa della protezione dei diritti
umani su motivi che dimostrano che la cooperazione ed il mutuo rispetto giovano
tanto all’individuo quanto alla società.
11
Una buona presentazione delle distinte teorie sui diritti umani si trova in J. Shestack “The Jurisprudence of
Human Rights” in Human Rights in International Law, (a cura di T. Meron), Oxford University Press,
London, 1984, vol. 1, p. 69.
12
Specialmente, J. Bentham e J.Austin, ibíd., p. 79.
14
I diritti dell’uomo affondano le loro radici negli ordinamenti interni, nei quali
si sono affermati ben prima che nella comunità internazionale: non si dimentichi
che la Dichiarazione dei diritti dell’uomo della Rivoluzione francese risale al 1789
ed era stata preceduta nel 1776 dai Bill of Rights delle colonie americane.
Oggi, il problema del fondamento dei diritti dell’uomo ha avuto la sua
soluzione nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata
dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948. Come
rileva Norberto Bobbio si tratta di “un fondamento storico e come tale non
assoluto: ma è l’unico fondamento, quello storico del consenso, che può essere
fattualmente provato”. Ebbene, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo
può essere accolta come la più grande prova storica, che mai sia stata data, del
“consensus omnium gentium” circa un determinato sistema di valori. I
giusnaturalisti avrebbero parlato di “consensus omnium gentium” o “humani
generis”. Con la Dichiarazione del 1948 l’affermazione dei diritti è insieme
universale e positiva: “universale nel senso che destinatari dei principi ivi
contenuti non sono più soltanto i cittadini di questo o quello stato ma tutti gli
uomini; positiva nel senso che essa pone in moto un processo alla fine del quale i
diritti dell’uomo dovrebbero essere non più soltanto proclamati o soltanto
idealmente riconosciuti, ma effettivamente protetti anche contro lo stesso stato che
li ha violati”
13
.
13
Norberto Bobbio, L’età dei diritti, Torino, Einaudi ,1990, pp. 18,23.
15
I diritti dell’uomo sono oggi protetti non solo dalla Dichiarazione Universale,
ma anche da un gran numero di strumenti internazionali di portata regionale ed
universale. Un certo numero di tali diritti fa parte, oggi, del diritto internazionale
consuetudinario. Dalla dottrina internazionalistica ne viene proposta la distinzione
in tre “generazioni”: i diritti civili e politici; i diritti economici e sociali; ed infine,
una terza generazione, cara in particolare agli autori del Terzo-Mondo,
comprendente i diritti che possono essere soddisfatti collettivamente (come il
diritto alla pace ed il diritto allo sviluppo).
Dal breve excursus riguardante i due rami del diritto internazionale pubblico in
esame, si evince che l’approccio storico mette subito in evidenza i profili
distintivi, piuttosto che le interrelazioni, fra diritto internazionale umanitario e
diritti dell’uomo: il primo, infatti, si sviluppa e trova la sua stessa ragion d’essere
nelle relazioni fra Stati; i secondi sono nati e si sono sviluppati in seno ai singoli
ordinamenti nazionali nel rapporto tra lo Stato ed i suoi cittadini.
Per valutare i rapporti fra i due sistemi sotto il profilo giuridico, occorre esaminare
i rispettivi campi di applicazione ed è quanto ora ci si accinge a fare.