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Italo Calvino esce dal Partito Comunista
L'Unità pubblica la "La lettera di dimissioni dal P.C.I." di Italo Calvino, in seguito alla mancata svolta auspicata nella linea direttiva del partito, dopo i fatti di Ungheria. Il dissenso in essa espresso non significa abiura del proprio passato di intellettuale comunista: «Non intendo affatto abbandonare la mia posizione di intellettuale militante, né rinnegare nulla del mio passato. Ma credo che nel momento presente quel particolare tipo di partecipazione alla vita democratica che può dare uno scrittore e un uomo d'opinione non direttamente impegnato nell'attività politica, sia più efficace fuori dal Partito che dentro. [...] Non ho mai creduto (neanche nel primo zelo del neofita) che la letteratura fosse quella triste cosa che molti nel Partito predicavano, e proprio la povertà della letteratura ufficiale del comunismo m'è stata di sprone a cercar di dare al mio lavoro di scrittore il segno della felicità creativa; credo di esser sempre riuscito ad essere, dentro il Partito, un uomo libero».
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