Protezionismo: pro e contro
Anche i controlli sui movimenti di capitale sono una forma di protezionismo, perché si impedisce ai cittadini di acquistare investimenti esteri.
Il protezionismo risale agli albori delle relazioni economiche internazionali, ne abbiamo parlato con Smith, ancora prima ai tempi del mercantilismo. È una pratica molto antica (oggi la si vede con Trump, con la Cina).
• “punto g” → prezzo interno di equilibrio senza commercio internazionale (Pa=prezzo in autarchia); è una quantità di equilibrio di automobili che a quel prezzo i produttori riescono a vendere. Per quantità maggiori, il prezzo sarebbe maggiore di Pa e la domanda minore, quindi non siamo in condizioni di equilibrio.
• Immaginando che questo mercato si apra al commercio internazionale, agli scambi, si riducono le barriere, va via il regime che impedisce di commerciare con l’estero (es. caduta del fascismo).
• I consumatori verificheranno che esistono prezzi mondiali di questo bene, che sono significativamente più bassi rispetto al prezzo interno in situazione di autarchia. Allora si importano questi beni e il nuovo punto di equilibrio sarà il “punto e” dove la domanda interna incrocia il prezzo internazionale, che rappresenta in teoria l'offerta mondiale di questo bene in un determinato anno, a presto prezzo. Questa è l'offerta che per i nostri consumatori è infinitamente elastica (orizzontale), e significa che noi potremmo domandare questa quantità ma anche una quantità maggiore e il prezzo non cambierebbe, sarebbe sempre Pi che appunto non cambia in base alla quantità domandata. Il primo è il punto di equilibrio di autarchia, il secondo è il punto con commercio libero.
• Il consumo me lo danno in piccola parte, i piccoli produttori interni (più competitivi), questa piccola parte di domanda viene colmata dai produttori interni; in maggior parte invece il consumo proviene dai produttori mondiali: Qo1-Qd1 è la quantità di importazione senza dazio, a mercato libero.
• Immaginiamo ora che i produttori interni producono troppo poco e vendono troppo poco, cominciano a ricattare i governi (attività di lobbing) corrompendoli e chiedendogli di mettere un dazio sui produttori stranieri per discriminarli, colpendoli con un’imposta che riguarda loro (gli stranieri) quando vengono a vendere sui mercati dei piccoli produttori.
• Dunque, succede che il prezzo internazionale è sempre quello, ma sul mercato dei piccoli produttori aumenta poiché viene applicato il dazio.
• Il punto ci equilibrio in situazione di dazio è il “punto c”, quando la curva di domanda incrocia la curva che è rappresentata da prezzo internazionale + dazio.
• I consumatori, di conseguenza, riducono il consumo di quel bene (es.automobile) mentre prima consumavano OQd1 ora consumano OQd2
• Questa quantità dei consumatori viene rifornita, coperta in misura molto superiore rispetto a prima dai produttori interni (perché a questi prezzi sono più competitivi) e in misura minore rispetto a prima, le importazioni (e sarebbe la differenza tra domanda interna e produzione del bene). Questa è la quantità di importazioni con il dazio → Qo2-Qd2 (dal punto "a" al punto "c").
• Succede quindi che i produttori interni hanno un po' guadagnato, infatti il surplus del produttore (l'area che va tra curva di offerta interna e prezzo), prima era un triangolo piccolo (con il P. int) e ora è grande (con il P. daz). Chi chi ha perso è il consumatore, che prima consumava molto il bene e ora che costa di più perché è tassato, ne compra molto di meno.
• I produttori stranieri ci hanno perso, soffrono ma se l’Italia non è così importante a livello commerciale, a loro non pesa più di tanto. Essi guadagnano il rettangolo della quantità di beni che la nostra economia continua a importare moltiplicato per il prezzo (bxh) e lì i produttori stranieri continuano a ricevere il prezzo internazionale, non di più. La differenza la ottiene lo Stato, perché il dazio è una tassa che va dritta nelle case dello Stato; i consumatori italiani pagano per ogni bene un prezzo maggiore: una parte va al produttore e la differenza tra prezzo interno e prezzo internazionale che è "ab", moltiplicata per la quantità di bene che importo sono entrate fiscali.
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Dettagli appunto:
- Autore: Federica Palmigiano
- Università: Università degli Studi di Palermo
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Storia del pensiero politico e della politica economica internazionale
- Docente: Pier Francesco Asso
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