Le qualità essenziali dell'opera d'arte, Schapiro
Il primo saggio qui presentato, Sulla perfezione, coerenza e unità di forma e contenuto, venne pubblicato nel 1966 negli atti di un convegno sui rapporti tra arte e filosofia, a ulteriore riprova della latitudine di interessi intellettuali di Schapiro, non meno che specificatamente dell’apprezzamento che egli ha trovato tra i filosofi di professione della sua generazione. L’occasione particolare spiega l’approccio genericamente teorico, che non indugia in esemplificazioni dettagliate e concrete su opere d’arte, le quali vengono appena richiamate a sostegno delle proprie osservazioni generali. Tale occasione è anche il motivo per cui lo studioso evoca il problema delle qualità costitutive della bellezza, senza addentarsi in una definizione estetica della stessa, che evidentemente emergeva dal conteso congressuale. Un tema ricorrente nella riflessioni di Schapiro è l’analisi delle qualità costitutive essenziali dell’opera d’arte; egli stesso afferma: «quando cominciai per la prima volta a guardare attentamente i quadri, osservavo spesso che nei dipinti che ammiravo particolarmente (i classici oppure i pittori moderni, come Cezanne), c’erano strutture chiave, schemi, rapporti formali e cromatici fortemente ordinati e che pertanto mi sembravano intenzionali (nel senso che funzionavano, che senza di essi il dipinto non sarebbe quel che è), il che non è esattamente lo stesso che dire che un dipinto è perfetto – se un dipinto può essere perfetto». La corretta osservazione e individuazione delle caratteristiche formali specifiche della singola opera, vicino alla tradizione empiristico pragmatica anglosassone e specificatamente americana. L’indagine sulla perfezione, coerenza e unità di forma e contenuto, trova origine nell’analisi dell’arte astratta: «l’eliminazione delle forme naturalistiche e l’universalizzazione metastorica del valore qualitativo dell’arte (due aspetti dell’arte astratta), hanno importanza cruciale per la storia estetica. Sia il Realismo che l’Astrattismo mettono al primo posto l’atto creativo dell’artista: il primo perché riproduce creativamente la realtà nello spazio limitato del quadro grazie ai calcoli di prospettiva e a studi cromatici; il secondo per la capacità dell’artista di riplasmare la natura in forma nuove, di elaborare liberamente l’essenza astratta delle linee e del colore, di rappresentare il mondo mentale più profondo. Non poche forme, proporzioni, colori, luminosità, dimensioni, figure movimenti connessi alla riproduzione della realtà esterna sono scomparsi dalla pittura; e contemporaneamente l’estetica astrattista ha scoperto nuovi aspetti e relazioni congeniali a chi pratica una simile esclusione. Ben lungi dal creare una forma assoluta, sia l’arte astratta che quella naturalistica conferiscono una particolare importanza, sempre legata al tempo, a qualche elemento come il colore, la superficie, il profilo o l’arabesco o a qualche tecnica formale».
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