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Gli scambi culturali nel Medioevo


Innovativo nel campo delle istituzioni politiche e dei rapporti economici, il basso Medioevo lo è stato anche sul piano dei comportamenti culturali e mentali.
Lentamente, ma percettibilmente, gli ecclesiastici perdono il monopolio dell'istruzione e del sapere, la compattezza del latino letterario lascia spazio alla varietà delle lingue volgari, nascono nuovi linguaggi artistici.
Di fronte alla crescente articolazione della società, nella quale i ceti medi produttivi acquistano un peso maggiore, anche la misura del tempo si perfeziona e si laicizza, mentre un nuovo umanesimo esalta il valore del lavoro.
La stessa geografia dell'Aldilà cristiano, troppo rigida per chi deve mettere d'accordo morale e denaro, viene ridisegnata.
L'affermazione del cristianesimo in Occidente non significò la fine completa della cultura classica, poiché il mondo cristiano si appropriò di molte opere del pensiero tardo-antico rielaborandole; così come assorbì, attraverso l'Islam, influenze greche e arabe.
La grande novità del basso Medioevo è costituita, tuttavia, dal fatto che i centri di elaborazione e irradiazione culturale, a lungo situati nei monasteri e nelle loro scuole, vennero trasferendosi nelle città.
Se prima del Mille aveva prevalso la figura del dotto monaco, del copista diligente, del prezioso amanuense, a partire dall'XI secolo e più ancora dal XII, prese forma un'inedita figura di intellettuale urbano.
Spesso ancora al servizio della Chiesa o del re, questi si attribuiva tuttavia un compito fondamentale: quello di pensare e poi di scrivere e insegnare il suo pensiero.
Con il XII secolo iniziò un lento ma costante processo di concentrazione dei centri del sapere nelle città, dove un ambiente più vivace e dinamico conferiva agli scambi intellettuali un'accelerazione inedita. Le scuole cattedrali urbane conobbero un notevole sviluppo, alcune corti si stabilizzarono in città, presero corpo le prime istituzioni di insegnamento superiore, le università. La rinascita culturale di questo periodo ebbe tra le sue componenti decisive un mutamento nella figura dell'intellettuale: questi era ancora essenzialmente un chierico che utilizzava le Scritture e i testi degli antichi, ma l'obiettivo era ora quello di andare più avanti.
In alcune città, soprattutto nell'Europa meridionale, accanto alle scuole cattedrali cominciarono ad apparire altri centri d'insegnamento che potremmo definire laici. La crescita economica urbana e l'affermarsi di una società più dinamica e articolata suscitarono, infatti, il bisogno di notai, scrivani, uomini di legge e insegnanti. I mercanti, i banchieri, gli imprenditori sentivano sempre più forte la necessità di saper leggere e scrivere, saper fare di conto, conoscere altre lingue che non fossero il latino. A questa domanda dai contenuti nuovi le sole scuole cattedrali, ancorate alla tradizione di una cultura retorica e teologica di derivazione classica, non erano in grado di rispondere. In questo vuoto si inserì l'iniziativa dei ceti produttivi, che promossero la nascita di scuole pubbliche laiche destinate a privilegiare la trasmissione di una cultura prevalentemente pratica. Prima di essere spostati a fare tirocinio presso la filiale di un'azienda commerciale dispersa in qualche parte dell'Europa, infatti, i figli degli uomini d'affari dovevano essere preparati alla gestione delle attività economiche, all'amministrazione, alla conoscenza del diritto. Soprattutto nelle città italiane, nel corso del Duecento, il livello di istruzione fece sensibili progressi e, parallelamente, crebbe il numero dei laici che ebbero accesso alla cultura. Ben conosciuto, a questo proposito, è il caso di Firenze, dove, riferendosi agli anni Trenta del Trecento, il cronista Giovanni Villani scriveva: "Troviamo che' fanciulli e fanciulle che stanno a leggere, da otto a dieci mila. I fanciulli che stanno ad imparare l'abbaco e l'algorismo in sei scuole, da mille in milledugento. E quegli che stanno ad apprendere la grammatica e loica in quattro grandi scuole, da cinquecentocinquanta in seicento". Ammesso che si tratti di cifre realistiche, quelle del Villani sembrano tuttavia delineare una situazione che non può essere meccanicamente estesa ad altre città. L'istruzione di massa restava un traguardo assai lontano e la maggior parte della popolazione, le donne e i ceti più bassi della città e della campagna restavano lontani anche dalla semplice pratica della lettura e della scrittura.

Tratto da LA RELIGIONE NEL MEDIOEVO di Fabio Pavani
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