III Libro "Storie” di Tucidide: la guerra civile a Corcira
L’altro episodio importante trattato nel III Libro è la guerra civile a Corcira, che si estende poi ad altre città della Grecia.
I capitoli legati alla guerra civile di Corcira, come già accennato, vengono spesso letti in parallelo con i capitoli legati alla peste ad Atene nel II Libro, perché in entrambi i casi ci si trova di fronte a situazioni nelle quali le convenzioni sociali e religiose, in condizioni estreme, cessano di funzionare, con conseguenze a livello psicologico individuale e a livello sociale di masse.
Entrambi gli episodi cominciano con una descrizione fattuale di ciò che è successo:
− II Libro, cap.49
− III Libro, capp. 70-80.
In entrambi i casi, Tucidide arriva ad una serie di generalizzazioni che sembrano la chiusura degli episodi e, invece, in seguito vengono raccontati orrori ancora più grandi.
Inoltre, entrambi gli episodi sono serviti per fare una serie di riflessioni e di osservazioni di carattere psicologico e sociale sull’accaduto; in particolare, l’estrema audacia nell’azione:
− II Libro, cap.53: l’epidemia travolse in più punti gli argini della legalità fino allora vigente nella vita cittadina.
− III Libro, cap.82 (il “capitolo terribile”): le interne scosse segnarono a fondo le città con le infinite tracce del tormento e del sangue, che sono state e saranno sempre la dolente e cupa eredità di quei moti.
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Ogni azione viene reputata legittima, le convenzioni cessano di funzionare (padri che uccidono i figli, luoghi sacri che non sono più rispettati) e ogni argine viene meno. La guerra civile, proprio come la peste, è destinata a ripetersi, perché entrambe riflettono i tratti immutabili della natura umana:
− II Libro, cap.48: nel caso che il flagello infierisca in futuro; è questo il generale e complessivo quadro della malattia, sebbene sia stato costretto a tralasciare molti fenomeni e caratteri peculiari per cui ogni caso, anche se di poco, tendeva sempre a distinguersi dall’altro (cap.51)
− III Libro, cap.82: le interne scosse segnarono a fondo le città con le infinite tracce del tormento e del sangue, che sono state e saranno sempre la dolente e cupa eredità di quei moti (finché non si converta la natura umana), più o meno temperata o convulsa, svariante da caso a caso, in armonia con il fluire ininterrotto e cangiante delle occasioni particolari ⇒ è chiaro che le singole forme assunte dagli scontri di questo tipo sono, di volta in volta, “cangianti”, cioè mutevoli, variabili. Tuttavia, i meccanismi e le cause sono gli stessi, perché basati sulla natura umana, in cui è vivo sempre e rigoglioso l’impulso a calpestare le leggi… godette a dimostrare come nessun freno valesse a spezzarne la esuberante insolenza, il furore gioioso di sopraffare ogni giusto precetto (⇒ nemica della giustizia), ombroso di ogni autorità che tentasse di affermare il proprio potere (⇒ è egoista) (cap.84).
Nelle situazioni estreme si assiste alla più tipica manifestazione di questi aspetti della natura umana.
Volendo paragonare i 3 principali episodi del III Libro (Mitilene, Platea, guerra civile), si possono osservare temi comuni, al di là del già evidenziato imperialismo ateniese:
− il carattere estremo che assumono sia l’azione sia le emozioni degli uomini (la dimensione emotiva e particolarmente accentuata);
− il tema della vendetta;
− la distorsione e l’abuso delle parole e del linguaggio (il tradimento viene chiamato coraggio), ulteriore dimostrazione della disgregazione del tessuto sociale in queste circostanze estreme;
− la subordinazione della giustizia all’interesse;
in particolare, ci sono alcuni aspetti della guerra civile di Corcira che possono essere generalizzati ed individuati in altre guerre civili:
− (con)fusione tra gli interessi personali e gli interessi di partito: le vendette a cui si assiste durante la guerra civile sono spesso di carattere personale, ma hanno anche una dimensione legata all’appartenenza ad un partito o ad una fazione;
− la sistematica distruzione di ogni posizione moderata: la guerra civile è l’esaltazione delle posizioni estreme e tutti coloro che hanno politiche ed opinioni moderate vengono distrutti nella radicalizzazione e nella totalizzazione dello scontro;
− la guerra è una maestra brutale (cap.82): in tempo di pace, le dissidenze tra partiti politici possono in qualche modo essere composte. Il collasso delle convenzioni, religiose e civili, deriva per certi aspetti dallo stato di guerra in cui si trovano le città da qualche anno;
− l’appello alle forze esterne, attorno alle quali è sprigionato il conflitto, perché intervengano a favore di una o dell’altra parte: dovunque si ergevano armati, l’uno contro l’altro, i condottieri dei partiti popolari e di quelli oligarchici che mettevano capo rispettivamente all’appoggio di Atene e di Sparta (cap.82).
Seguono infine 2 brevi accenni a ulteriori episodi, molto importanti, legati sempre all’imperialismo ateniese
− Melo (cap.91) = episodio di sottomissione di uno Stato debole e neutrale (V Libro)
− Sicilia (cap.86 e successivi) = spedizione di conquista (VI-VII Libro):
Nello scenario siculo è in corso una guerra tra Siracusa e Leontini. A prima vista, è una guerra condotta lungo linee etniche, perché Siracusa è una città dorica, mentre Leontini è ionica. In linea di massima, tutte le città doriche sono alleate contro le città ioniche. Fa eccezione Camarina, città dorica alleata però con Leontini.
I Sicilioti, in particolare Leontini e le città ioniche, si rivolgono ad Atene, città ionica per eccellenza, per avere appoggio ⇒ Atene dispose la spedizione con il pretesto dei legami di sangue: in realtà aveva intenzione di interrompere il trasporto del grano da quei paesi al Peloponneso e gettare in quel modo le premesse per un’eventuale, futura ingerenza, più allargata e solida, nello stato politico di quelle città (cap.86) ⇒ Atene già dal I Libro mostra interesse per la Sicilia (I Libro, cap.36, Corcira è situata proprio sulla rotta per l’Italia e la Sicilia), coltivando ulteriori piani per la sua potenza imperiale.
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