Alleanza di egemonia: Gran Bretagna e Francia (1716-1731)
Alleanza di egemonia: Gran Bretagna e Francia (1716-1731)
Che la Francia e la Gran Bretagna, nel contesto successivo ai trattati di Utrecht, rispondano a costrizioni diverse o ad opportunità tra loro contraddittorie è ampiamente riconosciuto dalla storiografia:
− esse sono le 2 grandi potenze più importanti; e dato che la Gran Bretagna è ascesa a questo rango grazie soprattutto al suo ruolo nella sconfitta del Re Sole, i 2 paesi sono rivali per posizione;
− anche se l’elemento religioso resta, tutto sommato, secondario, vi sono occasioni nelle quali la Gran Bretagna fa esplicito riferimento alla causa protestante nel tentativo di assicurarsi la cooperazione di vari Stati continentali; del resto, la Francia viene spesso presentata come la longa manus del papato;
− la Gran Bretagna è soprattutto un’isola mercante, e non si può ingrandire se non con le colonie ⇒ non può tollerare di condividere il dominio dei mari con la Francia ⇒ la Gran Bretagna adotterà una politica di vero e proprio contenimento, che durerà sino alla fine del secolo, e che è guidata da un principio molto semplice = estendere il proprio impero marittimo, limitare e annientare quello francese.
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Non sorprende se al tempo si osserva comunemente che i 2 paesi sono nemici naturali.
Un mero computo delle risorse materiali a disposizione delle 2 rivali potrebbe suggerire un rapporto più o meno simmetrico. La Francia, infatti, è uscita ridimensionata, non declassata, dalla guerra di Successione spagnola, e le sue frontiere, per quanto ridotte in estensione, sono ora meglio difendibili.
MA è anche vero che, nel 1714, il paese si trova in una posizione delicata:
− le sue flotte da guerra sono state distrutte,
− l’esercito non si è mostrato all’altezza di quelli delle potenze marittime e tedesche,
− il commercio con l’estero è ridotto ai minimi termini,
− il debito pubblico ha raggiunto livelli molto preoccupanti.
Una certa predisposizione alla passività è poi ulteriormente accentuata da 2 ulteriori elementi:
− le difficoltà legate alla successione
− l’isolamento diplomatico in cui la Francia viene a trovarsi nel 1716.
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Il quadro che ne emerge è quello di un paese che, pur essendo potenzialmente, in termini di risorse, persino superiore all’alleato, viene comunque a trovarsi in una posizione di dipendenza nei suoi confronti, una dipendenza che lo spinge a conformarsi ai desideri dell’altro.
E dato che la politica inglese risponde alle varie sollecitazioni in modo tale da danneggiare l’alleato, non sorprende che la conformità francese sia di norma riluttante e accompagnata da un risentimento crescente nei confronti della Gran Bretagna.
All’indomani della pace di Utrecht, entrambi i paesi si trovano alle prese con seri problemi di stabilità interna, legati alla successione dinastica.
Tutto ciò che la vivacissima attività diplomatica britannica riesce ad ottenere nello spazio di circa 2 anni, sono trattati bilaterali con la Spagna, le Province Unite e l’Austria. Anche se è lecito sollevare dubbi sull’effettiva portata di tali accordi, essi hanno però il vantaggio di isolare la Francia, in un momento in cui il Reggente si trova a fare i conti con i potenti gruppi favorevoli a riprendere una politica antiaustriaca e antibritannica alla Luigi XIV.
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Si è osservato che le circostanze furono in larga misura responsabili dell’unione di 2 potenze, i cui interessi fondamentali erano scarsamente compatibili.
È dunque all’interno di questa congiuntura, che il Reggente si decide a trattare. Alla base dell’accordo del 1716 troviamo anzitutto il riconoscimento della successione protestante in Gran Bretagna e l’espulsione del Pretendente dal territorio francese, in cambio di una nuova enunciazione solenne dei trattati di Utrecht. Ma, oltre all’interesse dinastico, Giorgio I difende anche un preciso interesse nazionale: la chiusura alle navi da guerra del porto di Mardick ⇒ ulteriore ridimensionamento della potenza navale atlantica della Francia.
Inoltre, preoccupata dalla Svezia, che sta pensando di riorientare la sua politica verso il Mare del Nord, la Gran Bretagna attua una politica di ampio coinvolgimento negli affari europei, la quale comporta molti rischi. Questi rischi possono essere limitati proprio grazie alla conformità della Francia: è soprattutto dalla Francia, dal suo sistema di tradizionali amicizie e di vecchie alleanze, che la Gran Bretagna conta di ottenere sostegno.
I risultati colti dalla diplomazia inglese sono una serie di trattati commerciali e politici in funzione antirussa a nord, e la Quadruplice Alleanza (1718), che lega la Gran Bretagna e la Francia alle Province Unite e all’Austria, a sud, con un preciso piano di sistemazione territoriale e dinastica delle questioni lasciate aperte a Utrecht. E dato che la Spagna non cede, la Francia è incaricata di riportarla all’ordine, dichiarandole guerra (sebbene la Quadruplice Alleanza avesse proprio il compito, per la Francia, di evitare una guerra generale che sarebbe stata estremamente impopolare).
Per limitare la guerra alla Spagna, la Francia ha anche promesso di impegnarsi nel nord, in modo da precludere possibili alleati a Filippo V ⇒ cerca una riconciliazione tra la Svezia e la Russia; TUTTAVIA, il timore di dispiacere agli inglesi le fa respingere le aperture delle 2 potenze nordiche.
⇓ La Francia è relegata in una posizione secondaria e minacciata da un’altra guerra inutile ⇒ il prezzo pagato dalla Francia per l’alleanza con la Gran Bretagna, nei primi 5 anni, è molto alto:
− il paese ha dovuto subire l’annientamento della sua potenza navale nella Manica e del suo commercio nel Baltico;
− ha dovuto fare guerra alla Spagna e contribuire alla distruzione della sua flotta;
− ha abbandonato la Svezia, sua tradizionale alleata nel nord, senza sostituirla con la Russia;
− ha perso molta influenza in Italia e nelle Province Unite, lasciando il campo libero rispettivamente all’Austria e alla Gran Bretagna.
Per contro, in questi primi anni, la Gran Bretagna è riuscita, grazie all’alleanza con la Francia, a conseguire notevoli risultati:
− ha organizzato un direttorio delle potenze europee, che le ha permesso, in nome della pace, di dettare le sue condizioni, nel Baltico come nel Mediterraneo;
− ha messo fuori gioco le forze navali spagnole;
− ha neutralizzato la Svezia e contenuto la Russia;
− ha mantenuto i suoi legami tradizionali con l’Austria e le Province Unite.
Tali esiti sono peraltro precari; ed è proprio in questa precarietà che si evidenzia la strategia britannica volta ad impedire alla Francia ogni significativa libertà di movimento. Infatti, molte grandi potenze mostrano ben presto una certa irrequietezza ⇒ il rischio maggiore, per Londra, è che ci si rivolga alla Francia (cosa che faranno la Russia, la Spagna e la stessa Austria).
L’obiettivo è attirare dalla propria parte la Spagna senza perdere la Gran Bretagna ⇒ riprendere la tradizionale politica antiasburgica dei Borboni, conciliandola con l’alleanza con la Gran Bretagna ⇒ la Francia invita Londra ad aderire al trattato franco-spagnolo nel 1721, ripristinando una certa influenza inglese in Spagna.
TUTTAVIA, i nodi vengono al pettine nel 1725, quando la Spagna e l’Austria trovano un accordo con un trattato di pace = una revisione, a danno della Gran Bretagna, della sistemazione di Utrecht.
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Minacciata nella propria preponderanza e in alcuni interessi ben precisi, la Gran Bretagna inizia a preparare la guerra contro l’Austria e la Spagna: tanto per evitare la guerra, quanto per farla davvero, la Francia è, una volta di più essenziale.
L’alleanza di Hannover, siglata tra Gran Bretagna, Francia, Prussia e Hannover nel 1725, spinge l’Austria e la Spagna a legarsi in modo ancora più stretto, con una politica matrimoniale e soprattutto con una convenzione militare (Primo Trattato di Vienna, 1725).
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Fino al 1727, la Francia persegue fondamentalmente 4 obiettivi, nel tentativo di gestire la crisi che travaglia l’Europa, obiettivi che illustrano in modo evidente le difficoltà e le ambiguità in cui si dibatte l’alleato minore in un’alleanza di egemonia, nei confronti tanto dell’egemone quanto degli avversari:
1. si coopera con la Gran Bretagna alla ricerca di nuovi alleati;
2. contemporaneamente, si trattengono gli inglesi dal lanciarsi risolutamente in guerra;
3. si dialoga costantemente con la Spagna;
4. si esercitano pressioni sull’Austria perché questa accetti le condizioni che le vengono imposte.
E, dato che la Gran Bretagna è irremovibile, occorre indurre l’Austria e la Spagna a cedere, trattenendo contemporaneamente la Gran Bretagna ⇒ è il solito copione: l’alleato maggiore si mostra bellicoso e determinato, contando sull’appoggio dell’alleato minore, il quale è chiamato, se non vuole essere intrappolato, a raddoppiare gli sforzi di mediazione.
Tra il 1727 e il 1729, la Francia serve ancora gli interessi britannici, ma lo fa adesso in modo meno scontato, e una serie di indizi rivela che il paese sta manovrando per sottrarsi al giogo imposto dall’alleato maggiore: la sua riluttanza a muovere guerra alla Spagna, infatti, incoraggia la resistenza spagnola; e mentre i ministri inglesi sono impazienti di chiudere le trattative in fretta, i francesi non hanno questo bisogno ⇒ l’alleato minore ostacola i piani dell’egemone, soprattutto per quanto riguarda la politica nei confronti degli avversari. La Francia non vuol saperne di rimanere intrappolata in una nuova guerra con la Spagna e cerca, con il vincolo di non rompere l’alleanza, di trattenere la Gran Bretagna.
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La Gran Bretagna, scontenta dell’atteggiamento francese, comincia a guardarsi intorno e a pensare ad una politica alternativa ⇒ si regista un’iniziativa britannica per un’alleanza con l’Austria. Anche se il piano fallisce, a causa del disinteresse austriaco, la cosa è ugualmente significativa, perché dimostra che l’alleanza con la Francia non ha più il pieno appoggio all’interno del gabinetto inglese.
Alla fine del Congresso di Soissons (1729), la Spagna si rivolge alla Francia per ottenere l’appoggio ai propri piani italiani. Ma proprio qui emergono tutti i limiti della diplomazia francese: se, rispetto agli anni precedenti, la Francia sembra essere meno disposta a seguire la Gran Bretagna, ciononostante i suoi vincoli rimangono tanto forti da non permetterle un risoluto mutamento di politica estera. In particolare, i francesi, timorosi di esporsi al rischio di una guerra con l’Austria, temporeggiano a tal punto che gli spagnoli, esasperati, si rivolgono agli inglesi ⇒ il Trattato di Siviglia (1729) è giudicato un vero trionfo della diplomazia britannica. L’unica cosa che la Francia ottiene è la garanzia di protezione del proprio territorio che nessuno, al momento, minaccia ⇒ ancora una volta, un esito svantaggioso e condizionato dal vincolo di evitare la rottura, la quale concederebbe agli inglesi, oltretutto, un rapporto esclusivo con la Spagna.
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Il vincolo principale, per entrambi gli alleati, è quello di scongiurare la rottura del loro rapporto. Ma, naturalmente, non si tratta di un vincolo assoluto. Qualora l’eterogeneità si fa via via più marcata, e la dipendenza sempre meno asimmetrica, la parte che ha alternative reali sarà inevitabilmente tentata di correre il rischio di una rottura, specialmente se tali alternative fossero rese ancora più attraenti da nuove costrizioni.
In questo contesto, la decisione inglese di scavalcare la Francia e trovare un accordo direttamente con l’Austria è quasi una scommessa disperata: infatti, anche se la Gran Bretagna avesse successo, la rottura dell’alleanza con la Francia significherebbe
a. non essere più in grado di condizionarne le scelte, come è stato fatto per 15 anni;
b. gettare le condizioni per un riallineamento franco-spagnolo.
2 importanti fatti nuovi, nel 1730, spingono gli inglesi a rompere gli indugi:
− nel nord, il peggioramento delle relazioni britanniche con la Prussia e con la Russia fa riemergere i vecchi timori che le 2 potenze si uniscano per attaccare l’Hannover ⇒ i dubbi sull’utilità dell’alleanza francese cominciano ad avere una dimensione estremamente attuale;
− l’esito dei colloqui franco-britannici sulla politica da adottare nei confronti dell’Austria: mentre la Francia continua ad opporsi alla Prammatica Sanzione, questa sta diventando sempre più una via di uscita per la Gran Bretagna.
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Il contenuto del Secondo Trattato di Vienna (1731) vede il riconoscimento da parte inglese e olandese della Prammatica sanzione. Vi sono anche 2 clausole segrete, che impegnano le Province Unite e la Gran Bretagna a costringere la Spagna e la Francia (anche con la forza, se necessario) a rispettare la Prammatica Sanzione.
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Questi contenuti pongono di fatto fine all’alleanza franco-britannica ⇒ la Francia viene a trovarsi in una situazione nella quale né l’Austria né la Spagna le devono alcunché, in quanto i negoziati sono stati condotti solo dalla Gran Bretagna. MA lo scenario peggiore che si profila è addirittura il riaffiorare dello spettro della Gran Alliance.
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L’accordo anglo-francese riflette bene lo squilibrio tra le 2 posizioni negoziali: i contenuti sono infatti molto favorevoli per la Gran Bretagna: non solo la Gran Bretagna non corre più il rischio di fronteggiare una formidabile coalizione continentale, ma, al contrario, è divenuta l’arbitro degli affari europei, consolidando e accrescendo, con la pace, ciò che ha acquistato con la guerra.
L’alleanza franco-britannica sarà sempre molto precaria, mai popolare in nessuno dei 2 paesi, e costantemente gravata dalle diverse pressioni esercitate sui 2 alleati e dai loro reciproci sospetti. Eppure essa durerà 15 anni, fino al 1731 (e occorrerà aspettare fino al 1744 per la sua abrogazione formale).
Trasformata in una Triplice alleanza con l’ingresso delle Province Unite, nel 1717, essa rimarrà essenzialmente un patto a 2, guidato dalla Gran Bretagna, con la Francia spesso ridotta alle dipendenze diplomatiche dell’alleato, condizionata dal desiderio di pace del Reggente e sempre preoccupata delle possibili reazioni di Londra.
La causa comune, che tiene insieme i 2 paesi, è il mantenimento dell’assetto europeo uscito dai trattati di Utrecht. Non a caso, l’alleanza funziona meglio quando entrambe vedono minacciato tale ordine.
MA tutto ciò non può nascondere il carattere eterogeneo dell’alleanza:
− i 2 paesi si temono a vicenda, perché, potenzialmente, l’uno potrebbe essere l’anima di una grande coalizione contro l’altro;
− esistono cause particolari che devono essere sacrificate se si vuole salvare quella comune.
NB: è la Francia che sacrifica di più, e questo perché le sue alternative all’alleanza con la Gran Bretagna vengono giudicate peggiori di uno stretto allineamento con l’alleato. Questo risulterà chiaro nei 2 scacchieri, quello baltico e quello mediterraneo, in cui la Gran Bretagna si attende il sostegno francese alle sue iniziative. In entrambe le regioni, la Francia ha antichi interessi e consolidate tradizioni, il che le renderà particolarmente difficile e costoso accettare la leadership britannica ⇒ di qui il tentativo della Francia di influenzare, a sua volta, la politica dell’alleato, nonché il costante malcontento nei suoi confronti ogni volta che tali sforzi falliscono.
Le proposizioni teoriche sull’atteggiamento tenuto dall’egemone sono le seguenti:
Proposizione teorica
Nell’ambito della dimensione asimmetrica, dato che esercitare potere è vantaggioso e che chi è in grado di farlo vorrà mantenere questa sua prerogativa, possiamo aspettarci che l’alleato maggiore manovri in modo tale da evitare che l’alleato minore si renda indipendente.
Ciò che interessa al primo è soprattutto la conformità del secondo. Il solo vincolo importante, per l’egemone, è quello di non rompere l’alleanza.
La Gran Bretagna nei confronti della Francia
Quelle rare volte in cui la Gran Bretagna, sotto la pressione francese, rallenta i tempi delle sue iniziative, o addirittura si adatta ad un risultato meno favorevole di quanto sperato, ciò avviene proprio perché il rischio di esasperare l’alleato è molto serio e reale.
La Gran Bretagna mette in atto a più riprese le strategie di P. Blau riguardo a chi ha potere e lo vuole conservare:
− essa ottiene la collaborazione di altri Stati, evitando così di appoggiarsi esclusivamente sulla Francia: i dispositivi diplomatico-militari messi a punto dalla Gran Bretagna in questo periodo coinvolgono, oltre alla Francia, anche le Province Unite, l’Austria, la Prussia e la Spagna (tra il 1728-29);
− la Gran Bretagna ostacola sistematicamente la Francia nella sua ricerca di alternative, rendendosi così indispensabile: la politica inglese metterà il governo francese nelle condizioni di abbandonare vecchi alleati (la Svezia) e nell’impossibilità di acquisirne di nuovi (la Russia) o, più semplicemente, di svolgere un ruolo mediatore effettivamente autonomo.
Dal canto suo, l’alleato minore ha un ruolo sostanzialmente passivo: si dibatte, ma segue l’egemone e non ha una vera politica estera, poiché non è in grado di rovesciare quella a cui si è adattato.
Ricordando ancora Blau, se l’alleato minore ha bisogno dei servizi offerti dall’alleato maggiore, esso può offrirgli qualcosa in cambio, ottenere quei servizi altrove, o rassegnarsi e farne a meno. Ma se nessuna delle 3 alternative è praticabile, allora l’alleato minore si trova alle dipendenze dell’egemone.
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Il sostegno di cui la Francia ha bisogno ha un prezzo molto alto in termini di libertà di movimento e di autonomia decisionale, poiché, a causa dell’eterogeneità, le soluzioni imposte dall’egemone comportano il sacrificio di interessi materiali e una riduzione di prestigio.
Per limitare i danni, la Francia cercherà a sua volta di modificare l’atteggiamento britannico, facendo sentire le sue ragioni e proponendo compromessi tra le varie politiche che possono essere adottate (la voice). Ma spesso, dato che la sua forza negoziale è modesta, non potrà che ottenere soddisfazioni marginali ⇒ la contrattazione è di tipo coercitivo, e si svolge sempre sotto l’ombra di “vantaggi cessanti” = il ritiro dell’appoggio inglese potrebbe condurre non solo ad una crisi dinastica, ma anche all’isolamento diplomatico, se non addirittura ad una riedizione dell’antico Old System.
Tali dinamiche risultano particolarmente evidenti nei rapporti con l’avversario. Qui possiamo aspettarci che l’egemone, contando di avere in pugno l’alleato minore, mostrerà spesso una certa determinazione nei confronti del nemico, dettando i termini degli accordi e minacciando di ricorrere alla forza in caso di resistenza. In effetti, in più di un’occasione la Gran Bretagna si prepara alla guerra, facendo affidamento proprio sul sostegno della Francia. Questa, dal canto suo, non può che tentare di mediare tra la Gran Bretagna e la terza potenza, sotto l’incalzare delle richieste inglesi, e spesso sotto la minaccia di essere abbandonata, o trascinata in una guerra che non vuole combattere, come accade
− con la Svezia, nel 1716
− con la Spagna, nel 1717-18, nei primi anni ’20, e tra il 1726 e il 1729
− con la Russia, nei primi anni ’20
− con l’Austria, tra il 1726 e il 1729.
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Il carattere omogeneo e asimmetrico dell’alleanza fa sì che l’alleato minore, per evitare l’abbandono, venga spesso a trovarsi nelle condizioni di essere intrappolato = vedersi costretto a partecipare ad una guerra non necessaria e non desiderata, e oltretutto destinata a consolidare la posizione dell’egemone, proprio come accadrà nel caso della guerra alla Spagna (1718-1720).
Il timore di intrappolamento trova la sua più immediata giustificazione nel fatto che il nemico non è quasi mai lo stesso:
− per la Francia, il vero nemico, almeno sul continente, resta l’Austria;
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− l’Austria è, per la Gran Bretagna, un interlocutore di cui non si può fare a meno, sia perché si spera di ottenerne l’appoggio in Germania e al Nord, sia perché è utile proprio per incutere timore alla Francia ⇒ anche se la Gran Bretagna è pronta a sostenere l’Austria, persino al prezzo di una guerra con la Spagna, l’appoggio francese, per circoscriverla e renderla meno costosa, è necessario più che mai.
− Per la Gran Bretagna, oltre alla Spagna, è la Russia la principale preoccupazione, mentre la Prussia lo diverrà negli ultimi anni ’20.
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La vocazione dell’alleato minore alla mediazione si manifesta frenando l’egemone, che invece la spinge avanti. Ma poiché l’alleato maggiore ha tutto l’interesse ad assumere posizioni intransigenti, la politica di mediazione, per l’alleato minore, è sempre molto difficile.
D’altro canto, una politica più flessibile può scontentate l’alleato maggiore a tal punto da indurlo a cercare alternative altrove ⇒ l’egemone può essere tentato di cercare un’intesa diretta con l’avversario ⇒ il rischio per l’alleato minore è di divenire un Tertius Dolens (come capita alla Francia quando la Gran Bretagna si accorda con l’Austria nel 1731).
Alla luce di tutto questo, si può facilmente intuire quanto possa dispiacere, sia all’egemone sia al suo alleato, la prospettiva che uno di loro rafforzi la propria posizione (dilemma del potere delle alleanze): una Francia più forte e più sicura = una Francia che non ha più ragione di piegarsi; parimenti, una Gran Bretagna ulteriormente irrobustita da successi militari e diplomatici = prolungamento a tempo indeterminato della subordinazione francese con tutti i costi che tale condizione implica.
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In effetti, quando la Francia si trova ad essere, nel 1731, un Tertius Dolens, la sua posizione, interna o internazionale, è più salda di quanto fosse negli anni precedenti: ciò la rende meno dipendente nei confronti della Gran Bretagna e le permette quindi di dissociarsi dalla politica inglese, ponendo di fatto termine all’alleanza.
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La divaricazione tra le rispettive costrizioni ed opportunità che ha caratterizzato sin dall’inizio i rapporti tra i 2 alleati raggiunge la sua massima ampiezza quando la Gran Bretagna si accorda con il principale nemico della Francia.
Al tempo stesso, però, l’asimmetria nei rapporti di potere tra i 2 paesi è diminuita ⇒ la Francia è ora meno dipendente nei confronti della Gran Bretagna = a differenza del passato, adesso la Francia si trova in condizioni tali che le permettono di rassegnarsi e fare a meno dei servizi offerti dall’alleato, il quale non è più in grado di condizionarne le scelte.
[Alcuni sostengono che se la Gran Bretagna non si fosse staccata dalla Francia, la Francia si sarebbe probabilmente staccata comunque della Gran Bretagna di lì a poco.]
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