Antica Grecia: la rivolta ionica
La cosiddetta rivolta ionica è considerata dalla tradizione storiografica greca il primo episodio del conflitto con i persiani. Da questo punto di vista, la spedizione scitica - come è stato poc’anzi scritto - non rappresenta che un preludio, tanto che molti storici sono dubbiosi nel ritenere che essa palesasse già la volontà dei persiani di conquistare il mondo greco. Il loro era un impero terrestre, ed è probabile che alla corte di Dario in Persia non si sapesse pressoché nulla delle piccole polis greche e del gioco che esse stavano conducendo nel Mediterraneo contro la lontanissima Cartagine.
Si trattava di due mondi che, sebbene confinati, si ignoravano a vicenda, ognuno preso dai suoi problemi. L’unico punto in comune erano le polis greche della Ionia, che dalla caduta del Regno di Lidia nel 546 erano diventate parte dell’Impero persiano. Ma i persiani erano, come i romani, dei governanti saggi, che lasciavano una notevole libertà ai popoli sottomessi; così le polis greche poterono, seppure in una condizione di subordinazione, conservare le proprie leggi ed istituzioni, il proprio modo di vivere e la propria cultura e religione.
Tuttavia alla lunga cominciarono a prodursi degli attriti: troppo diversi erano il sistema politico persiano, costituito da una monarchia assoluta e teocratica, e quello greco, basato, sia che fosse oligarchico o democratico, sul primato delle legge e sull’eguaglianza fra tutti i cittadini. Gli stessi greci (come scriveva Erodoto pochi decenni dopo) erano consapevoli che il loro era un sistema del tutto inconciliabile con quello persiano. E anche da parte dei persiani era difficile accettare che in quella regione dell’Impero esistesse un modello politico così diverso dal loro. Cominciarono così a servirsi dei tiranni per accrescere in questa maniera indiretta il loro controllo sulla regione.
Ma per un greco la propria polis era una cosa sacra e anche la più piccola interferenza aveva il peso di un macigno. Così, quando nel 499 il tiranno di Mileto Aristagora, temendo di essere punito dall’imperatore per il fallimento di una campagna militare contro Nasso che gli era stata affidata, propose alle polis della Ionia di ribellarsi ai persiani, tutte accettarono subito e senza eccezioni. Dalla madrepatria ricevettero però scarsi aiuti: solo Atene ed Eretria inviarono un contingente navale mentre Sparta rifiuto tout court.
Il primo anno la rivolta andò bene, tanto che le truppe ioniche riuscirono a dare alle fiamme Sardi, ex-capitale del Regno di Lidia ed importante città imperiale. Ma l’arrivo di un forte esercito persiano e la mancanza di adeguati rifornimenti dalla madrepatria (che ancora non sapeva cosa fossero esattamente i persiani e considerava la rivolta ionica un conflitto regionale che non la coinvolgeva più di tanto), segnò ben presto l’equilibrio della guerra. In poco tempo la rivolta fu schiacciata e le polis nuovamente riportate allo status quo precedente alla guerra. Solo Mileto, che era stata promotrice della rivolta, fu incendiata e i suoi abitanti venduti come schiavi (494). Ciò suscitò un’ondata di sgomento in tutta la Grecia; ad Atene, un poeta che aveva messo in scena una tragedia sulla presa di Mileto suscitò una tale tristezza negli spettatori da essere multato. Ma ciò che è importante è che si diffuse fra i greci la convinzione che presto la guerra sarebbe giunta anche alle porte delle loro città, e questo indusse le polis a stipulare alleanze difensive fra loro, mentre Atene, che si sentiva particolarmente minacciata per l’aiuto prestato ai ribelli ionici, stipulò addirittura un accordo militare con Sparta.
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