L’esperienza del “Federalista”
6.8 Con i tre autori del Federalista (Hamilton, Madison, Jay) si apre un dibattito che mostra come gli Americani inizino a dubitare dell’onnipotenza dell’Assemblea, convinti che una grande democrazia non può essere “diretta”, ma deve prevedere una rappresentanza e agire all’interno di precise regole. Il contrasto fra i sostenitori di una federazione (= democrazia bilanciata) e quelli di una confederazione (= democrazia populista) si risolve con la vittoria dei primi, ispirati anche da una concezione pessimistica della natura umana che, però, non porta alle conclusioni assolutistiche di Hobbes o Machiavelli.
6.9 L’esperienza del Federalista si muove parallelamente ai dibattiti che accompagnano la Convenzione di Filadelfia (1787): gli Americani cercano di percorrere strade nuove rispetto a quelle intraprese dagli Stati europei, e intanto i tre autori si mostrano concordi nel voler individuare gli interessi permanenti della comunità e, con realismo, i mezzi per raggiungerli. In questo contesto, i fondamenti della democrazia non possono essere lasciati a un’assemblea popolare, che non garantisce la necessaria oggettività né l’adeguata preparazione necessaria.
6.10 I Federalisti respingono ogni istanza radicale e assembleare, nella convinzione che nessuna assemblea, come nessun uomo, può essere infallibile. Pertanto, nasce l’esigenza di un Senato, capace di imporre dei limiti agli impulsi popolari dettati dalle passioni e di dare alle leggi una chiarezza e una snellezza che non sempre emergono in seno alle assemblee popolari.
6.11 Nasce così anche l’esigenza di un governo forte, capace di tener testa agli eccessi popolari e di opporsi al legislativo al fine della realizzazione di una grande repubblica. C’è qui il problema del limite, esistente perché si tratta di uomini: la prima forma di controllo del potere è l’autorità del popolo; vi è poi il bicameralismo, che consente alla Camera dei Rappresentanti di essere espressione del popolo nella sua unità e al Senato di rappresentare i vari Stati su un piano di parità (per tutelare anche le minoranze politiche); inoltre, la costituzione rigida garantisce il primato della giustizia sulla politica (la libertà e il progresso si realizzano solo all’interno di precise regole).
6.14 Fondamentale è anche il potere giudiziario, che deve essere distinto dal legislativo e dall’esecutivo per esserci la libertà: con l’inamovibilità delle cariche si garantisce tale separazione e indipendenza e il fatto che il giudiziario possa compiere un reale controllo nei confronti di tutti gli atti legislativi.
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Dettagli appunto:
- Autore: Luca Porcella
- Università: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma
- Facoltà: Scienze Politiche
- Corso: Scienze Internazionali e Diplomatiche
- Esame: STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE
- Docente: Rocco Pezzimenti
- Titolo del libro: La società aperta nel difficile cammino della modernità
- Autore del libro: Rocco Pezzimenti
- Editore: Soveria Mannelli: Rubbettino
- Anno pubblicazione: 2002
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