Le zone meno popolate
Le principali zone del mondo che mostrano tali condizioni e che perciò hanno debolissimo popolamento sono:
zone polari: tanto nell’emisfero nord che in quello sud, cioè in Artide ed Antartide, e specialmente in quest’ultima nella quale il freddo, l’inclemenza del clima, la neve perpetua e la scarsa vegetazione costituiscono un ostacolo praticamente insormontabile;
alte latitudini: quanto sopra, seppur in misura minore, è applicabile in generale alle alte latitudini, nelle zone della tundra (pianure prive di alberi dell’America e dell’Eurasia settentrionali, situate in prevalenza intorno al circolo polare artico e a nord delle foreste di conifere) e della taiga (foresta di conifere della Siberia. Vi crescono principalmente pini, abeti e larici, contiene molte zone paludose), nei territori settentrionali dell’America del Nord (Scudo Canadese), dell’Europa settentrionale e della Siberia, così come alle terre australi praticamente spopolate del Cile e dell’Argentina in quella parte chiamata cono sud;
foreste pluviali: sono presenti nelle aree equatoriali e subequatoriali dei tre continenti attraversati dall’equatore. L’Amazzonia nell’America meridionale, la foresta congolese in Africa e le enormi estensioni di foreste degli arcipelaghi del Pacifico in Asia, come di Giava, Borneo, Sumatra e Nuova Guinea ed i territori settentrionali dell’Australia. Registrano temperature elevate e soprattutto un altissimo grado di umidità cui si aggiunge la povertà dei suoli e soprattutto la mancanza di accessibilità e di penetrabilità, tra gli altri fattori negativi.
deserti: luoghi dove è praticamente impossibile sviluppare condizioni accettabili di vita a causa dell’aridità, la scarsa vegetazione ed il calore estremo: nel sud ovest degli Stati Uniti (deserto dell’Arizona), in parte della costa peruviana dell’America meridionale, nel Sahara, nel Kalahari e nella Dancalia in Africa, in Arabia e nel Gobi in Asia, e nel Gran Deserto in Australia;
zone di alta montagna: le Montagne Rocciose e la Sierra Madre nell’America del Nord, le Ande nell’America del Sud, l’Atlante nel nord Africa, i Pirenei e le Alpi in Europa, l’Himalaya in Asia, così come la maggior parte delle catene montuose o massicci del mondo che sono generalmente disabitate per una molteplicità di ragioni.
Se ponessimo una carta contenete le caratteristiche fisiche del territorio sopra quella della distribuzione della popolazione potremmo facilmente vedere come gli elementi più sfavorevoli dell’ambiente coincidono quasi perfettamente con le zone di bassa densità. Di riscontro la carta della distribuzione della popolazione mette in evidenza un altro elemento che balza immediatamente alla vista, cioè il fatto che le zone costiere attraggano la popolazione e siamo di norma assai popolate, mentre quelle interne, in media, siamo meno abitate. In ciò esercita una certa influenza la particolare localizzazione delle aree anecumeniche che occupano grandi estensioni all’interno dei vari continenti.
Ci sono naturalmente altri motivi che rendono le coste luoghi idonei all’insediamento permanente. In linea di massima si può dire che la distribuzione della popolazione mondiale, riguardo la cosiddetta continentalità, ossia alla distanza dalla costa, mostri un andamento del tutto evidente: quasi il settanta per cento della popolazione mondiale vive a meno di cinquecento chilometri dal mare, e ciò sia che si ragioni in termini assoluti quanto in termini di densità. Le maggiori concentrazioni sono infatti comprese entro una fascia che non supera i venti chilometri dalle coste.
Salvo condizioni eccezionali, come terre paludose, deserti costieri, presenza di insetti e parassiti, i litorali hanno sempre esercitato un forte fattore di attrazione. Tale attrazione in primo luogo è dovuta al grande livello di accessibilità che è stato particolarmente importante nei periodi delle grandi conquiste o dei movimenti migratori di massa. A ciò si può aggiungere la situazione geografica strategica in molti suoi aspetti, ad esempio geopolitico militare, così come i modi di vita rapportati al mare come ad esempio la pesca e la navigazione. Allo stesso tempo le località costiere offrono microclimi che attenuano i rigori climatici tipici delle aree interiori continentali.
Lo stesso discorso si potrebbe estendere alle isole, tanto che si può parlare non solo di litoralità ma anche di insularità come fattore di attrazione. Non pochi stati sovrani, come Regno Unito, Giappone, Nuova Zelanda, Indonesia, Filippine, Irlanda, Islanda si sono sviluppati in ambienti insulari o arcipelagici.
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