Geostrategia: il ruolo della forza militare
Il sistema internazionale ha conosciuto 2 forme di ordine:
1. equilibrio, basato sul balance of power = un sistema collettivo cooperativo, non dotato formalmente di un centro, in cui esiste un bilanciamento fra le varie entità che vi partecipano ES: Unione Europea
2. impero = la gerarchia è formalizzata, esiste un centro, che ha relazioni di tipo stellare con la periferia e che trae legittimità dalla sua maggior forza, cioè dalla sua capacità potenziale d’intervento ES: Patto di Varsavia, NATO
Secondo il realismo politico tradizionale, ciò che definisce la struttura del sistema internazionale, cioè le gerarchie fra gli stati e quindi la geopolitica, è la possibilità di guerra. Di fatto, poiché i rapporti di forza sono sempre incerti, l’assenza di guerra deriva dalla superiorità delle potenze favorevoli allo status quo. Gli equilibri, tuttavia, sono sempre dinamici: la potenza relativa degli stati subisce variazioni che possono modificare quelli prima esistenti. Qualora tali equilibri non vengano spontaneamente accettati, interviene la guerra per imporli con la forza.
Nel periodo della Guerra Fredda, il sistema di dissuasione nucleare assicurava l’obiettivo di prevenire un’aggressione mettendo l’aggressore di fronte non alla possibilità di essere sconfitto, come in passato, ma all’incertezza circa l’impiego delle armi nucleari e alla certezza della distruzione reciproca in caso di loro impiego.
Ora che è crollato uno dei 2 pilastri del sistema, ha perso le sue funzioni e la sua credibilità anche il secondo, cioè la NATO, che tuttavia rimane indispensabile soprattutto all’Europa l’Alleanza atlantica, per non diventare irrilevante e per evitare di scomparire, ha dovuto rapidamente riconvertirsi a nuovi ruoli.
Nella Guerra Fredda il significato e l’utilità della forza militare erano evidenti; inoltre, anche le alleanze avevano un’affidabilità di tenuta molto rilevante, anche in caso di scoppio di conflitto. Dopo la fine della Guerra Fredda, le cose sono divenute al tempo stesso più semplici (non esiste più una minaccia diretta agli interessi vitali dell’Occidente, a parte quella missilistica e di armi di distruzione di massa proveniente dal Terzo Mondo) e più complicate (non si sa più quali interessi si dovranno tutelare con la forza militare né quali saranno i nemici, gli amici, la minaccia e i teatri operativi).
La fine della Guerra Fredda ha fatto inizialmente sperare in un nuovo ordine mondiale, incentrato teoricamente sull’ONU, ma più concretamente sulla potenza militare degli USA. Dopo l’11 settembre l’atteggiamento americano si è modificato e il peacebuilding viene sempre più considerato come la continuazione della guerra con altri mezzi, al fine di trasformare una vittoria militare in una politica, cioè in una pace stabile → in tale visione, la strategia operativa e quella dissuasiva cederebbero il passo alla strategia elusiva, che tende a evitare grandi battaglie e a impiegare invece la forza militare in modo estremamente selettivo e limitato, integrandola con la politica e con la diplomazia.
Tuttavia, dopo l’11 settembre è evidente che l’unica alternativa al caos è un nuovo interventismo militare delle maggiori potenze: esso deve essere differente dalla semplice ingerenza umanitaria, perché lo scopo di tali interventi deve essere quello di creare una stabilità autosostenibile, che permetta la modernizzazione e l’inclusione di regioni e Stati in crisi nell’economia globalizzata.
3 termini meritano un approfondimento particolare:
1. stabilità strategica = equilibrio delle forze che impedisce di ritenere pagante un’aggressione
2. gestione delle crisi: ha 2 significati: uno difensivo, conservatore dello status quo, l’altro offensivo (= l’utilizzazione delle crisi per modificare la situazione a proprio vantaggio)
3. diritto-dovere d’ingerenza umanitaria: corrisponde all’idea dell’esistenza di una società mondiale e di diritti umani universalmente tutelabili
L’Occidente manca degli strumenti necessari (fanterie), indispensabili per il successo di operazioni del genere, che sono a bassa intensità e di lunga durata e in cui non è utilizzabile tutta la sua potenza tecnologica.
Il diritto d’ingerenza è giustificabile solamente in quanto consente all’Occidente di impiegare la forza militare di cui dispone per fronteggiare minacce non militari pericolose per i suoi interessi, quali la criminalità e il terrorismo.
In sostanza, per l’Occidente il concetto di guerra rappresenta un vero problema, non solo per la fine dell’era delle guerre totali, ma anche per il fatto che le guerre non scoppiano più fra gli stati forti, ma fra quelli deboli e all’interno di essi.
Il mondo sta conoscendo in questi anni una vera e propria rivoluzione militare: è la rivoluzione dell’informazione e della conoscenza, per cui stanno entrando nel linguaggio strategico corrente nuovi termini, che basano la loro potenza sull’informazione e la conoscenza, che rappresentano veri e propri moltiplicatori di potenza:
cyberwar = l’attacco elettronico e con armi di precisione lanciate da aerei o con cruise per paralizzare i centri nervosi dell’avversario precede l’annientamento di quest’ultimo punta sul conoscere tutto del nemico senza lasciargli capire nulla del proprio dispositivo e delle proprie capacità e intenzioni
netwar = da un lato si riferisce alla sostituzione delle organizzazioni gerarchiche da parte di quelle a rete, dall’altro lato indica le operazioni contro un avversario non strutturato verticalmente, ma organizzato a rete (es.: terrorismo, criminalità internazionale) si tende a modificare la logica interna del sistema avversario in modo da polarizzarlo e da provocarne un’organizzazione più verticalizzata e quindi più vulnerabile
softwar = l’edizione moderna della guerra psicologica, della propaganda, dell’informazione, si avvale della creazione di effetti, della teoria del complotto e delle moderne tecnologie della realtà virtuale può non solo determinare il collasso morale del nemico, ma anche minarne il sistema di valori e influire sul suo comportamento, per mutarlo in senso favorevole ai propri interessi e intendimenti.
Questa modifica della potenza strategica conferisce non solo ai piccoli stati, ma anche a gruppi terroristici o singoli individui che sappiano utilizzare la softwar una grande capacità di difesa e di attacco.
Nelle guerre del futuro si diffonderà ulteriormente l’uso delle armi intelligenti, si svilupperà maggiormente la robotica e verranno utilizzate armi non letali: l’ intelligence assumerà un ruolo sempre più centrale e dovrà utilizzare tutte le conoscenze disponibili nella società, in particolare le cosiddette “fonti aperte”. Ponte tra la politica e l’impiego della forza, la strategia dovrà tendere a realizzare situazioni di pace autosostenibili; per fare questo, sarà inevitabile una rivalutazione dell’importanza delle forze terrestri, le uniche in grado di realizzare il controllo del territorio, necessario per ogni operazione di stabilizzazione.
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Autore:
Elisa Bertacin
[Visita la sua tesi: "La geoinformazione diventa geostrategia: l'Information Warfare attraverso alcuni scenari bellici del XX secolo"]
[Visita la sua tesi: "Guerra ed innovazione tecnologica: il fenomeno della RMA dalla Grande Guerra all'Information-based Warfare"]
- Università: Università degli Studi di Bologna
- Facoltà: Scienze Politiche
- Docente: Piretti Maria Serena
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