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Definizione di Stato

E' noto che nell'ambito della comunità internazionale la quasi totalità delle relazioni intercorre fra enti,rivestiti di  talune caratteristiche, che vengono chiamati "Stati". La nozione di "Stato", quale ci è fornita dalla dottrina generale del diritto (e non da un particolare ordinamento  giuridico) ed alla quale fa pure riferimento la geografia politica, è quella di "organizzazione politica indipendente (o sovrana) assunta da una comunità umana (popolo) stabilita su di un determinato territorio". Con questa definizione si intende porre in rilievo non soltanto la presenza di una società umana  residente in un  determinato spazio geografico, ma particolarmente di un' organizzazione la quale si manifesta con una propria potestà  di impero (sovranità) non delegata da altra  istituzione  ad essa superiore, efficiente nei suoi comandi e nelle sue coercizioni in oggetto alla  società ed al territorio ad essa sottostanti. Attualmente la totalità della superficie terrestre ricade sotto la sovranità dei 193 Stati quali risultano dalla  sua suddivisione. Esistono, è vero, territori appartenenti ad entità non sovrane le quali, tuttavia, non potendo definirsi Stati proprio in mancanza del suddetto requisito, dipendono, in misura più o meno ampia, da uno di essi. 
La stessa Antartide,sebbene formalmente non possa considerarsi rientrante sotto la giurisdizione di alcuno Stato,risulta,di fatto, suddivisa e amministrata da un ben preciso numero di Paesi.
Dal punto di vista del diritto internazionale (e quindi  anche da quello della  geografia politica che  ad esso si richiama), lo Stato è tale non perchè così definito dal suddetto diritto, ma in quanto realizza in sè le caratteristiche di fatto che gli enti destinatari di norme internazionali devono possedere.
Tanto ciò è vero che una secolare e mai smentita prassi diplomatica accerta la seguente situazione: allorchè una  collettività umana si organizza con carattere di stabilità su di un dato ambito geografico e riesce  a divenire e a mantenersi indipendente, nella sua costituzione interna e nella sua attività  esterna, nei confronti delle altre consimili collettività, essa viene considerata idonea a partecipare, su di un piede di uguaglianza,alla vita di relazione internazionale.
Sulla base di quanto esposto,si può affermare che lo Stato deve considerarsi esistente, e pertanto soggetto di diritto internazionale ipso iure, perché integra in sé quegli elementi di fatto che l'ordinamento  internazionale richiede per attribuire la propria personalità.
Riguardo al cosiddetto riconoscimento, atto con il quale gli Stati già esistenti accolgono  tra loro, per così dire, il nuovo arrivato, deve precisarsi che a detta della dottrina (alla quale si aderisce)  si tratta di un atto di natura "accertativa". Secondo tale tesi lo Stato è già soggetto internazionale al momento in cui è sorto all'indipendenza ed il riconoscimento degli Stati terzi "accerterebbe" unicamente la sua esistenza ed indipendenza. 
Coloro i quali (invero attualmente nessuno) sostenevano la natura "costitutiva" del riconoscimento si  richiamavano al fatto ce il nuovo Stato divenisse tale in virtù di un atto  volontario effettuato dagli Stati preesistenti.
Tale tesi (sorprendentemente accolta anche da alcuni geografi politici, cfr. GLASSNER, Manuale di  geografia politica) non  può essere accettata sia perché l'atto  di  riconoscimento per essere internazionalmente valido presupporrebbe la soggettività  di  entrambi gli Stati contraenti (mentre al momento della stipulazione lo Stato da riconoscere non avrebbe ancora la personalità internazionale e pertanto  non sarebbe in grado di manifestare alcuna volontà; cd. riconoscimento bilaterale), sia perché anche il riconoscimento unilaterale, per  essere valido dal punto di vista del diritto internazionale, dovrebbe venir indirizzato ad uno Stato già esistente mentre lo Stato destinatario di tale atto al momento della ricezione non lo sarebbe ancora. Senza considerare inoltre che, in quest'ultima ipotesi, qualora gli Stati esistenti fossero soltanto due ve ne sarebbe pur sempre uno nei confronti del quale mancherebbe il riconoscimento e di cui, quindi, non se ne spiegherebbe l'esistenza.
Dato che, come detto, affinché esista uno Stato sono necessari un popolo,un  territorio ed una capacità di emettere norme e farle rispettare (cd. sovranità), ci si soffermerà brevemente su tali requisiti.
La parola popolo esprime, nella sua più immediata e generale manifestazione,una collettività di persone. Sotto il profilo giuridico, tuttavia,tale termine fa riferimento al complesso di persone che, in base al diritto positivo di uno Stato determinato, risultano essere cittadini dello Stato  medesimo, sia che vivano all'interno dei suoi confini sia che risiedano all'estero.
E' bene poi tenere distinto il termine popolazione da quello di popolo poiché il primo esprime un concetto aritmetico che serve a designare la massa degli individui viventi in un dato momento in uno Stato, indipendentemente da ogni rapporto etico, politico o giuridico che fra essi possa intercorrere (per esempio il censimento stabilisce quanti individui, sia cittadini, sia stranieri, sia apolidi, si trovano in un dato momento entro i confini dello Stato). 
Il territorio è quella parte delimitata della superficie terrestre sopra la quale uno Stato esercita esclusivamente la propria sovranità.Si precisa che con tale termine si fa riferimento, come noto,anche al soprasuolo, al sottosuolo ed al mare territoriale.
L'estensione di tale territorio, dal punto di vista giuridico, è irrilevante perché per quanto grande o piccolo che sia lo Stato, come tale, permane sempre. Naturalmente, sotto il profilo geografico o politico,la cosa cambia aspetto;tanto l'espansione territoriale quanto l'arretramento dei confini possono rappresentare problemi di capitale importanza. 
In ordine all'ultimo elemento costitutivo, ossia la sovranità, è al Bodin (Cfr. I sei libri dello Stato, Lib. I, pag. 276: "La città può esser completa sotto tutti gli aspetti, aver diritto di cittadinanza e di università, esser ben regolata con leggi e magistrati, e tuttavia non essere uno Stato: non sono  Stati, per esempio, le città soggette alle signorie di Venezia o alle signorie svizzere,come non erano Stati le città soggette e tributarie di Roma antica, perché non disponevano di diritti sovrani nei riguardi dei particolari sudditi ma questo spettava solo alla città di Roma."Ma vedi, più diffusamente, il CAP. VIII, Lib. I, pagg. 345-406.) che si deve riconoscere di aver adottato per primo tale termine, intendendo con esso  il potere assoluto e perpetuo dello Stato. Sarà poi con il Trattato di Westfalia (1648) che, in armonia con queste idee, si riconosceranno la parità giuridica e la reciproca indipendenza di tutti gli Stati e si  getteranno le basi della Comunità Internazionale.
La potestà dello Stato è originaria e trova la sua fonte nella stessa volontà dello Stato. Trattandosi di concetto giuridico è al diritto che deve farsi riferimento al fine di cercare di spiegarne la sua natura.
La sovranità, pertanto, consiste nel potere di emanare comandi e di farli attuare coattivamente;si tratterebbe quindi di una potestà spettante allo Stato,sia in ordine alle persone sia riguardo al territorio.
Anche gli Stati, così come tutte le istituzioni umane, nascono, vivono modificandosi, muoiono. Sulla nascita dello Stato, di cui si è già diffusamente trattato, si precisa che, non essendovi attualmente territori "di nessuno",non è più possibile una creazione originaria di Stati, potendosi avere soltanto formazioni derivate, cioè disannessione di territori e di popolazioni da Stati preesistenti con la formazione in oggetto ai medesimi di nuove organizzazioni statali indipendenti. A questo proposito gli ultimi quindici anni sono stati fecondi di esempi di questo tipo. 
Dalla dissoluzione della Unione Sovietica sono sorti infatti quindici Stati sovrani e cioè: Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Estonia, Georgia, Kazahkistan, Kirghizistan, Lettonia, Lituania, Moldavia (Moldova), Russia, Tagikistan, Turkmenistan, Ucraina e Uzbekistan. 
Lo stesso è a dirsi per la Jugoslavia, da cui sono derivati cinque nuovi Stati: Bosnia/Erzegovina, Croazia, Macedonia, Serbia e Montenegro (comprensivo delle entità autonome di Vojvodina e Kosovo, quest'ultima dal regime giuridico attualmente in via di definizione) e Slovenia. E poi ancora, dallo  smembramento della Cecoslovacchia sono nati la Repubbl. Ceca e la Slovacchia;e tramite distacco dall'Indonesia è  giunto  all'indipendenza Timor Est (ultimo arrivato nella Comunità Internazionale).
A questo proposito non assume importanza il modo, pacifico o violento, legale o illegale, previsto internazionalmente da apposito trattato o spontaneo, della costituzione; ciò che importa, si ripete,è l'effettiva esistenza ed indipendenza dell'apparato statale nell'ambito di una società umana sottostante.
Si tenga, tuttavia, presente che nelle creazioni statali derivate non è però sempre facile accertare (come peraltro i sopramenzionati casi hanno ampiamente dimostrato) quando la disannessione dal preesistente Stato si sia realizzata e presenti carattere di effettività e di stabilità; può perdurare per molto tempo ancora la lotta di indipendenza tra Stato nuovo disannesso e Stato vecchio amputato di parte della sua popolazione e del suo territorio. Di qui la grande discrezionalità di valutazione della raggiunta indipendenza e della sua  stabilità da parte di Stati terzi; gli apprezzamenti al riguardo, spesso più politici che obiettivi,dai quali scaturiscono i riconoscimenti (si ricorda giuridicamente irrilevanti) cosiddetti prematuri o tardivi.
Lo Stato si estingue quando viene meno uno dei suoi elementi costitutivi; per esempio si distrugge il suo intero territorio in seguito a cataclisma;il suo popolo in seguito ad eccidio totale o deportazione; la sua organizzazione politica in seguito a perdurante anarchia.In questi casi - essenzialmente ipotetici venendo meno il sostrato di fatto dell'ente "Stato" ne  consegue pure l'estinzione del soggetto internazionale in esso  impersonato. 
Si precisa che, al pari della nascita, anche l'estinzione dello Stato è un procedimento di fatto. Data la varietà delle fattispecie estintive, la dottrina internazionalista ha proposto una classificazione distinguendo:
A) le estinzioni per disgregazione (frazionamenti estintivi o smembramenti) in base al quale uno Stato: 
si fraziona in una pluralità di Stati  tutti  nuovi (casi, come visto, dell' Unione Sovietica, della Jugoslavia e della Cecoslovacchia);
si fraziona in più parti che  si annettono a Stati già esistenti (caso della Polonia nel 1793/95,che non diede origine ad alcun Stato indipendente in quanto le sue parti vennero integralmente annesse dall'Austria, dalla Prussia e dalla Russia);
B) le estinzioni per aggregazione  che si verificano allorchè:
lo Stato si estingue venendo  annesso da uno o più Stati preesistenti che continuano a sussistere ingrandendosi (incorporazione - es.: Germania Est a Germania Ovest);
lo Stato si estingue fondendosi con uno o più  Stati  che, nel medesimo insieme ugualmente si estinguono, dando origine ad uno Stato nuovo (fusione - es: Tanganica con  Zanzibar, da  cui sorse la Tanzania).

Riguardo i territori, cui sopra si  accennava, cosiddetti dipendenti in quanto privi del requisito della sovranità, si rileva che si tratta, prevalentemente, di entità per le quali il processo di decolonizzazione previsto dalla Carta delle Nazioni Unite non si è ancora compiuto vuoi, in taluni casi, per volere dello stesso popolo a cui è indirizzato (es.: Samoa Americane, isole Bermuda),vuoi, nella maggior parte delle ipotesi,per "resistenza"più o meno palese, dello Stato amministrante (es.: isola di Guam, Nuova Caledonia).
Come può notarsi dall'elenco di cui infra si tratta di territori di non eccessive dimensioni (tranne la Groenlandia e il Sahara; territori,peraltro,difficili da abitare date le loro caratteristiche geomorfologiche), popolati, tuttavia, da un discreto numero di persone; prevalentemente ciò che resta delle conquiste dei secoli scorsi da parte delle potenze marinare olandese, britannica e francese.
La geografia politica, accanto agli Stati sovrani, si occupa pure dello studio di  tali entità le quali, ovviamente, in un futuro più o meno prossimo potrebbero conseguire l'indipendenza.

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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