ARBITRATO. LA CIJ
La funzione giurisdizionale internazionale, intesa come accertamento vincolante del diritto, ha sostanzialmente natura arbitrale: un giudice internazionale non può giudicare in modo vincolante se la sua giurisdizione non è stata prima liberamente richiesta e accettata da tutti gli Stati parti della controversia.
La nozione di controversia internazionale è stata definita da una sentenza del 1929 della Corte Permanente di Giustizia: la controversia è un disaccordo su un punto di diritto o di fatto, un contrasto, un’opposizione di tesi giuridiche o di interessi tra due soggetti. In pratica, non esistono controversie giustiziabili o non giustiziabili, dato che qualsiasi rapporto può essere soggetto a pronuncia, in base alla libertà degli Stati di sottoporre le proprie controversie ad un tribunale internazionale. In ogni caso, per ogni contrasto non sottoponibile alla giustizia internazionale resta, comunque, aperta la via diplomatica.
Non ha più senso, dunque, distinguere tra controversie giuridiche e controversie politiche, intendendo queste ultime come quelle in cui le parti non invocano il rispetto del diritto internazionale, ma pretendono di mutarlo a loro favore. Oggi vari accordi limitano espressamente l’obbligo di regolamento giudiziario alle controversie giuridiche, per cui è una questione di interpretazione stabilire quali categorie di controversie vengono escluse dalla giurisdizione internazionale.
Si riferisce alle controversie giuridiche lo Statuto della CIJ: l’art 36 prevede che:
- gli Stati che dichiarino di accettare come obbligatoria la giurisdizione della Corte possono essere citati di fronte alla Corte da altro Stato che abbia prodotto la medesima dichiarazione.
- oggetto del giudizio è ogni controversia di natura giuridica che può riguardare:
1. l’interpretazione di un trattato;
2. qualsiasi questione di diritto internazionale;
3. l’esistenza di qualsiasi fatto che, se accertato, costituisce violazione di un obbligo internazionale;
4. la natura o la misura della riparazione dovuta per violazione di un obbligo internazionale.
Tuttavia non vi sono casi in cui la Corte abbia rifiutato di giudicare dopo un’eccezione di politicità della controversia.
In conclusione, se manca la volontà comune degli Stati di sottoporre a giudizio la controversia di cui sono parti (natura arbitrale), non è possibile costringere uno Stato ad aderire al giudizio stesso.
Nel tempo la struttura dell’arbitrato internazionale si è evoluta e istituzionalizzata per favorire ACCORDO e ISTITUZIONALIZZAZIONE della funzione arbitrale.
Inizialmente: arbitrato isolato: sorta una controversia si stipulava un accordo, il compromesso arbitrale, col quale si nominava un arbitro o un collegio arbitrale, si stabilivano le procedure del giudizio e ci si obbligava a rispettare la sentenza, spesso consistente unicamente nel dispositivo e mancante della motivazione. L’evoluzione di questa forma giurisdizionale approssimativa si è sviluppata attraverso due fasi:
I fase: Alla fine del XIX secolo, si fa ricorso alla clausola compromissoria non completa e al trattato generale di arbitrato non completo. La clausola è accessoria ad una convenzione e crea un obbligo generico per gli Stati di ricorrere all’arbitrato per tutte le controversie future in merito all’applicazione e all’interpretazione della convenzione stessa; lo stesso dicasi per il trattato, che si applica con gli stessi fini, ad eccezione di alcune controversie (clausola eccettuativa dei trattati di arbitrato) che toccano l’onore e l’indipendenza delle parti, aventi natura politica. Essi creano solo un obbligo di stipulare un compromesso arbitrale attraverso la costituzione di un organo giudicante ad hoc, ma, se questo non si realizza, non può pervenirsi all’emanazione di una sentenza.
Nello stesso periodo si assiste all’istituzionalizzazione del sistema, attraverso la creazione di organi arbitrali permanenti e la predisposizione di regole procedurali. Le Convenzioni dell’Aja del 1899 e del 1907 sulla guerra terrestre danno vita alla Corte Permanente di Arbitrato, tuttora esistente, ma le cui poche regole di procedura, alle quali gli arbitri devono attenersi, cedono di fronte a quelle ulteriori eventualmente stabilite dalle parti.
II fase: Con la fine della prima guerra mondiale si giunge alla creazione della Corte Permanente di Giustizia Internazionale, all’epoca della Società delle Nazioni, e poi, nel 1945, della Corte Internazionale di Giustizia, organo dell’Onu con sede all’Aja (funziona in base allo Statuto annesso alla Carta ONU) che sostituisce la precedente. Essa è un organo permanente, formata da un corpo di giudici eletti dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza, che giudica in base a precise norme procedurali inderogabili dalle parti. Trattasi pur sempre di un tribunale arbitrale che giudica in base ad un accordo tra le parti della controversia. La Corte decide secondo diritto e, se le parti lo chiedono, anche secondo equità. Essa svolge anche una funzione consultiva, dando pareri su richiesta dell’Assemblea Generale, del Consiglio di Sicurezza o di altri organismi, su autorizzazione dell’Assemblea. I pareri non sono vincolanti, ma possono divenire tali se con una convenzione ci si impegni a rispettarli. La Corte può essere adita solo dagli Stati e non da altri soggetti internazionali.
In questa fase compaiono le figure della clausola compromissoria completa e del trattato generale di arbitrato completo. Si tratta di misure che prevedono direttamente l’obbligo di sottoporre le proprie controversie al giudizio di un tribunale internazionale, di solito la CIJ, già predisposto e funzionante. In base ad esse uno Stato contraente può citare unilateralmente un altro Stato contraente di fronte al tribunale investito della controversia. Anche se più autonoma, la giurisdizione che si crea è pur sempre dipendente dalla volontà delle parti che intendono sottoporsi alla giurisdizione internazionale con la clausola o il trattato.
Lo Statuto della CIJ (art. 36) prevede un procedimento analogo, secondo cui gli Stati aderenti allo Statuto in qualsiasi momento possono dichiarare di riconoscere come obbligatoria la giurisdizione della Corte, senza una speciale convenzione nei rapporti con un altro Stato che accetti la stessa convenzione.
Queste procedure, pur nate in epoche diverse, oggi coesistono. Poi è vero che nel tempo la funzione giurisdizionale internazionale diretta ad accertare il diritto sta sempre più cedendo il passo a mezzi diplomatici di soluzione delle controversie che si caratterizzano per la loro natura non vincolante. Vari Stati spesso hanno rinnegato giudizi arbitrali in corso o conclusi a proprio sfavore.
Per le sentenze si lamenta la scarsità di mezzi interstatali coercitivi idonei di esecuzione. L’esecuzione è affidata al diritto interno degli Stati che devono osservare la pronuncia. Rispondono a questo scopo le norme di adattamento del diritto interno al diritto internazionale.
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Dettagli appunto:
- Autore: Alice Lavinia Oppizzi
- Università: Università degli Studi di Milano
- Facoltà: Scienze Politiche
- Esame: Scienze Internazionali e Istituzioni Europee
- Docente: Prof.ssa Venturini
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