Appunti relativi al corso di Ecologia vegetale - fitosociologia, disciplina che studia le comunità vegetali, sotto l'aspetto flogistico, ecologico e dinamico. In aggiunta gli appunti contengono le normative adottate, a livello internazionale e nazionale, per la conservazione della natura.
Ecologia vegetale - fitosociologia
di Marco Cavagnero
Appunti relativi al corso di Ecologia vegetale - fitosociologia, disciplina che
studia le comunità vegetali, sotto l'aspetto flogistico, ecologico e dinamico. In
aggiunta gli appunti contengono le normative adottate, a livello internazionale e
nazionale, per la conservazione della natura.
Università: Università degli Studi di Torino
Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Docente: Prof.ssa Consolata Siniscalco1. Comunità vegetale
La comunità vegetale un insieme di specie vegetali che occupano uno spazio definito e sono tra loro
interagenti (attraverso competizione); si trovano a convivere perché hanno esigenze ecologiche simili.
Lo studio delle comunità ci permette di ricavare un quadro generale sull’ambiente. È importante la storia
del territorio, cosa l’uomo ha fatto prima. Ci sono due aspetti gestionali: aspetto agro-silvopastorale e
aspetto urbanistico-industriale.
L’agricoltura e l’attività forestale hanno come premessa in Europa la sostenibilità degli interventi. L’attività
urbanistica, invece, va a modificare in maniera irreversibile l’ambiente.
Studio della vegetazione
Prende in considerazione contemporaneamente gli aspetti qualitativi (che si basano sulle specie) e
quantitativi; tanti metodi diversi per risultati diversi:
• Metodo fisionomico-strutturale;
• Metodo dei punti sulla linea;
• Metodo dei quadrati o dei cerchi (Metodo di Raunkiear);
• Metodo della biomassa per le singole specie;
• Metodo fitosociologico.
È importante la fisionamia della comunità. L’interazione tra i vegetali può essere più o meno accentuata.
Gli elementi nutritivi vengono ridistribuiti dalle ife fungine che collegano più individui, anche di specie
diverse, quindi le simbiosi avvicinano ancora di piuù i diversi individui della comunità.
Le praterie al di sotto di una certa quota sono provocate dall’uomo, così come il bosco, molto spesso, è il
prodotto della gestione antropica, ad esempio i boschi cedui dove si sfrutta la capacità pollonifera delle
specie per avere un migliore reddito distribuito nel tempo.
Vigneti e terrazzamenti modificano il paesaggio e le comunità. L’abbandono comporta una modifica della
comunità vegetale con ricolonizzazione da parte di specie arbustive e arboree.
La comunità vegetale determina e descrive l’ecosistema in tutte le sue componenti e ci permette di
tipificare l’ecosistema. Descrivo l’ecosistema in base alla vegetazione presente che, a sua volta, è descritta
dalla comunità nel suo complesso.
Metodi fisionomico-strutturali
L’Unione europea si serve di due strumenti di studio delle comunità: Corine-landcover, che è una
descrizione degli habitat sulla base della loro fisionomia; l’altro strumento si chiama Corine-byotops e
analizza meglio i tipi vegetaionali.
Aspetti fisionomici secondo Corine Landcover:
• Foresta (maggiore vulnerabilità), bosco (minore vulnerabilità);
• Arbusteti (non più alto di 3-4 m dal suolo);
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Ecologia vegetale - fitosociologia • prateria (formazione erbacea), torbiera;
• vegetazione costiera;
• detriti e rocce (fisionomia più sparsa);
• acque dolci;
• zone agricole e paesaggi artificiali (molto trasformati e senza copertura).
Per ognuna di queste categorie ci sono delle sottoclassi che tipificano meglio l’ecosistema.
Quando si esegue un’analisi fisionomica:
• Ampi territori (fotografie aeree e satellitari);
• Mancanza di tempo e risorse;
• Mancata conoscenza della flora;
• Confronto con cartografia del passato (ad esempio, Catasto Napoleonico);
• Necessità di conoscere parametri fisiologici (fitomassa);
• Analisi della diversità paesaggistica (studio del paesaggio, carta strutturale-fisionomica, carta fisionomica-
floristica).
Cosa è possibile fare sulla base della fisionomia:
• Carte fisionomiche della vegetazione
• Analisi della biomassa
• Analisi di diversità paesaggistica
• Confronti su ampia scala
• Confronti climatici
Si possono condurre analisi strutturali, ovvero’ la disposizione spaziale delle specie in strati:
• Strato arboreo: alto e basso
• Strato arbustivo: alto e basso
• Strato erbaceo
Scelta dell’area di saggio:
• Omogeneità ambientale dell’area di saggio
• Rappresentatività dell’area di saggio
• Differenziazione dell’area di saggio dalle altre aree
• Individuazione dell’ecosistema da campionare (su base fisionomica).
La disposizione spaziale mi può dire qualcosa sulla biodiversità, infatti più sono gli strati e più alta è la
biodiversità.
Metodo dei punti sulla linea
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Ecologia vegetale - fitosociologia Un filo con punti in corrispondenza dei quali si utilizza un ago da calza e si rilevano le entità
che toccano l’ago; fornisce dati quantitativi e qualitativi. Ottengo un elenco floristico, le percentuali delle
specie dominanti e quanto una specie è più dominate rispetto ad un’altra. Posso calcolare indici di
biodiversità, che possono essere ecologici (Ellemberg). Posso rilevare se sono presenti specie endemiche,
alloctone e quali sono i corotipi dominanti.
Metodo dei quadrati o dei cerchi (Metodo di Raunkiear)
In un’ area campione si rilevano le specie presenti in cerchi di 1/10 di m2 di superficie, che vemgono
posizionati a distanza costante. Anche con questo metodo ottengo dati quantitativi sulle specie.
Si può fare dividendo le singole specie e calcolando la biomassa di ciascuna; il riferimento deve essere fatto
sempre all’unità di misura di superficie.
A livello di comunità ci interessa quanta biomassa è presente in un determinato momento o prodotta in un
anno. Possiamo fare questo discorso in relazione al carbonio: quanto carbonio resta presente per un
determinato tempo. Il carbonio immagazzinato viene trasformato in zuccheri e utilizzato per diverse attività.
Energia fissata durante la fotosintesi prende il nome di produttività primaria che si divide in produttività
primaria lorda (GPP – ovvero la produttività senza contare la respirazione) e in produttività primaria netta
(PPN – ovvero la PPL meno la respirazione). L’unità di misura è g di sostanza secca per m2 per anno.
Produttività significa produzione in un determinato intervallo di tempo. Dipende dagli ecosistemi, ci sono
tempi diversi della fotosintesi in base all’ecosistema in cui ci troviamo.
Si può lavorare anche con la biomassa permanente, che è la materia organica presente in un determinato
momento (g/m2). Prendo la biomassa presente in 1 m2 e la faccio essiccare in stufa ottenendo la biomassa
secca.
Sono tutti parametri distintivi e non si utilizzano per il bosco, ma esistono altri parametri.
Si può calcolare la biomassa a inizio stagione e fine stagione: PPN = BP+2 – BP+1.
Si calcola sempre la biomassa epigea perché è più facile da rilevare. I campionamenti devono fornire dati
elaborabili statisticamente.
Relazione tra produttività primaria netta e durata della stagione vegetativa: maggiore è la durata della
stagione vegetativa e maggiore può essere la PPN.
I fattori che influenzano la biomassa sono:
• Temperatura, acqua, luce, CO2, nutrienti, durata stagione vegetativa;
• Specie presenti;
• Percentuale di copertura vegetale.
Prelievi di biomassa ipogea: cilindri di volume noto che mando in profondità nel suolo; separo la parte
organica con l’elutriatore; valuto il peso di sostanza secca per volume e si specifica la profondità; trovo la
lunghezza delle radici per unità di superficie; si possono fare anche analisi dell’immagine tramite software.
LAI: indice dato dal rapporto dei cm2 di foglie su cm2 di suolo; ho un numero adimensionale; maggiore è la
superficie fogliare e maggiore è la capacità fotosintetica.
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