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Gulu



La nozione kaluli di gulu nell’andamento musicale presenta: una pulsazione metrica di 120 pulsazione sob al minuto, un suono timbricamente risonante e continuo che mantiene pulsazioni distinte, ideali di hesa moderazione e prudenza, ed equivalenze simboliche tra danzatore, uccello e suono movimento verso una cascata. Secondo i kaluli l’elemento più importante nello stile e nella tecnica dell’esecuzione è l’emissione vocale, la gisalo molo dagan, la voce da canzone gisalo. Tale dovrebbe essere aperta e piena non nasale, ne troppo rauca ne di gola. Il suono dovrebbe essere risonante, chiaro, ben articolato, distinto e non spezzato ma soprattutto dovrebbe filare come “acqua che scorre sulle pietre”.
I kaluli usano nel discutere di canzoni entrambe i verbi cantare e parlare: molab significa vocalizzare melodia e testo o solo melodia, salab si riferisce allo stile del linguaggio nel canto. La nozione più importante espressa in relazione a molab e salab riguarda il registro vocale e la pragmatica del linguaggio della canzone, ed è incentrata sul verbo GESEMA, impietosire, in particolare per ciò che riguarda la sua importanza nello stile poetico, nel suo impiego nel connotare le suppliche dei bambini, un tipo di lamento, e l’intervallo musicale di 2° maggiore discendente. Insieme a verbi sonori GESEMA forma una serie di paradigmi:
Gese-holab, Gese-ganalab, Gese-yelab, Gese-salab, Gese-molab: tutti canti, fischi, suono tristi, supplichevoli con
intonazioni discendenti.
La prevalenza di gesema o gese in questi ambiti fornisce un esempio ancora più lampante di come i kaluli colleghino esplicitamente espressioni di sentimento sociale, modalità sonore, uccelli e il mito del bambino.
Tra gli artefici che i kaluli applicano ai loro testi per gisalo abbiamo altri due forme, tali sono costruite\cantate in modo tale che il pubblico non riesca a cogliere il testo, servono ad attirare l’attenzione. Il 1° “canta\parla segretamente” consiste nel mormorare parole, i kaluli sostengono che in questi casi il cantante canti nella sua testa ingarbugliando il messaggio. È un’opacizzazione voluta il cui scopo diventerà chiaro alla fine della canzone. La 2° forma indica il “cantare\enunciare un testo in modo fonologicamente ben espresso ma fuori portata” si tratta di un parlato\cantato distante e sommesso ma sufficientemente percepibile, ogni tanto qualche parola risulta ben comprensibile, il che rende il pubblico ancora più attento.

Tratto da SUONO E SENTIMENTO di Marianna Tesoriero
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