Sguardo di Oc e Og. Stanza della madre, l'occhio e la benda
La comunicazione del corpo e dell’anima, la dualità tra spirito e materia, incalza all’interno di una stanza-scatola. La corsa di Og termina in un rifugio di cui ha la chiave e lungo il muro Og tratteggia la sua esistenza nella stanza prima di fare qualsiasi cosa, prima di oscurare qualsiasi barlume di luce, di allontanare ogni possibile sguardo, di evitare addirittura di vedere se stesso.
La stanza in questione ci dice in un certo qual modo che è la stanza dell’infanzia o dell’adolescenza, la stanza di sua madre o comunque l’ambiente dove è avvenuta la sua formazione, dove ha trascorso il periodo educativo. Un’immagine stilizzata appesa ad una parete, priva di richiami all’iconografia cristiana tradizionale, raffigurante il volto di Dio, oltre che fatta a pezzi viene addirittura violentemente calpestata, come per rafforzare la certezza della sua distruzione. Questa è la massima trasgressione che pare si voglia riconoscere nella nostra storia. La volontà di Og, nella sua forte inquietudine sembra non voler riconoscere nessuna differenza tra essere umano e animale, e nella lotta che compie per liberarsi da ogni sguardo “indagatore” nessun tributo viene conferito, a nessuno.
Molteplici i significati che qui si possono attribuire. Probabilmente nel nostro mondo che fugge non vuole testimoni, oppure, attraverso la propria libertà, ci si vuole scrollare di dosso tutto il retroterra imposto da un’educazione a cui non si sente più di far parte, e la minaccia di essere perennemente osservati è troppo pesante da sostenere per l’intera esistenza. Og spezza con insistenza lo sguardo, tutto può essere trasformato in occhi che scrutano: va coperto, bandito, strappato. Oltre agli occhi “veri” del pesciolino ed a quelli del ritratto di Dio, Og sfugge anche gli occhielli della sua borsa che nella sua memoria fobica lo osservano e pertanto li ruota ponendoli nella posizione opposta. Egli si accanisce contro tutto, ma si lascia beffare suscitando un’ilare reazione quando nel voler mettere fuori dalla porta un cane ed un gatto, che beatamente soggiornavano nella stanza, i due continuavano a volervi alternatamene rientrare.
La permanenza all’interno della stanza è l’aggressione multiforme e persistente di Oc nei confronti di Og che sta maturando nello spettatore la risoluzione di ciò che ha trascinato finora. Né sonno, né movimento vogliono ormai albergare nell’identità di Og che sta per essere SVELATA. Oc inquadra Og in primo piano che rivela per la prima volta l’occhio bendato, blocca il movimento della sedia a dondolo: l’unico movimento è il suo volto. Oc l’ha catturato, la sua fuga ora non è più possibile, Oc penetra addirittura i suoi fugaci sonni, può solo rivelare tutta la sua angoscia. Og è messo alle strette, introducendo la sua percezione il gioco evolve fino a quando Oc inseguendolo evade deliberatamente dall’angolo di immunità.
Questo era già accaduto, ma per correggersi immediatamente, all’inizio della prima parte quando Og entra in scena e all’inizio della seconda parte quando segue Og verso le scale all’interno dello stabile.
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Dettagli appunto:
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Autore:
Ornella Castiglione
[Visita la sua tesi: "La Concepción di Almodóvar. Una lettura di Che cosa ho fatto io per meritare questo? "]
[Visita la sua tesi: "Le lacrime amare di Petra von Kant tra cinema e teatro"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Scienze della Formazione
- Corso: Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo
- Docente: Bajma Griga
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