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Il Clone


Si sostiene che il clone  sia la copia esatta del portatore e così verrebbe meno il diritto ad una identità personale, si creerebbero poi mutazioni della specie umana. Sappiamo invece che l’identità dipende dall’interazione con l’ambiente e la specie umana non verrà modificata dopo qualche clonazione così come non è cambiata con la nascita di gemelli monozigoti. No siamo per un rigido controllo di tali tecniche, le consideriamo pertanto moralmente accettabili se a scopo terapeutico; le contrastiamo quando lo scopo è eugenetico (mini-me). In realtà l’unica identità lesa è quella creata dall’immaginario comune.
In conclusione, è da rifiutare ogni forma di paternalismo (trasmettendo geni che diano determinate qualità ritenute da noi buone e giuste); dobbiamo garantire la massima espressione di libertà e dare potere decisionale ai nascituri che non è certo libertà (o assimilabile) ad avere AIDS, CANCRO, malattie varie. Pertanto risulta moralmente doveroso offrirgli una vita giusta e non malata. Prevenzione inclusa. Bisogna certamente porre dei limiti etici per evitare di sconfinare in forme di paternalismo, ma anche sostituire al più presto pregiudizi e paure sulla sperimentazione genetica, dobbiamo farci carico di responsabilità morali che non prevedano sofferenze, a cui si può (la scienza può) porre rimedio. (lei può se noi non la intralciamo).

Tratto da BIOETICA. LE SCELTE MORALI di Marianna Tesoriero
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