Castel : la protezione ravvicinata
Il socio assistenziale si organizza intorno a delle caratteristiche formali equivalenti in tutte le società, il termine “assistere” riguarda alcune pratiche che si inscrivono in una struttura determinate dalle categorie di popolazione. Questa configurazione interferisce con la problematica lavoro.
Esistono società senza sociale, con il termine SOCIALE si definisce una configurazione specifica di pratiche che non si ritrovano in tutte le collettività. Una società senza sociale è retta solo dalla sicurezza primaria ossia sistemi di regole che connettono direttamente i membri di un gruppo in base alla loro presenza familiare, di vicinato e di lavoro. Si tratta di una società stanziale in cui l’individuo riproduce elementi della tradizione e del costume. Queste società sono dette senza storia, il cambiamento è percepito attraverso fenomeni come la colonizzazione che impongono la trasformazione. Strutture di questo tipo si trovano nelle società contadine. Anche in società regolate tradizionalmente si possono produrre strappi nei processi di integrazione. La disaffiliazione è una rottura verso un rapporto di reti di integrazione primaria un primo scollamento dalla famiglia e dal sistema di interdipendenze fondate sull’appartenenza comunitaria. Al di la della famiglia la comunità territoriale può assicurare certe regolazioni collettive. Tali comunità possono funzionare come sistemi autoregolati che ricompongono il proprio equilibrio mobilitando le proprie risorse. Quando avviene uno strappo nel sistema, la sicurezza primaria deve essere elastica perché possono prodursi dismissioni, abbandoni o rifiuti.
DUBY parla di società assicurate o garantite che attraverso la loro organizzazione interna possono scongiurare rischi endogeni come la disaffiliazione permanente. La “generosità necessaria” è la presa in carico dei deprivati non lasciata all’iniziativa personale ma l’effetto obbligato del posto occupato in un sistema di interdipendenze. Tali comunità sono vulnerabili, difficilmente accolgono le novità. Questa stabilità permette di comprendere come la povertà immensa e generale possa esistere senza porre una questione sociale. Gli erranti e gli isolati sono fuori della comunità e della zona di vita domestica. Il vagabondo è un disaffiliato in rapporto all’ordine sociale a cui è appartenuto, la figura del vagabondo infatti appare solo in un mondo strutturato da cui si può sganciare. Appartiene alla massa dei poveri che possono vivere solo del lavoro delle proprie braccia. La presa in carico dei deprivati diviene oggetto di pratiche specializzate e ospedali e orfanatrofi sono istituzioni che procedono al trattamento particolare dei problemi. Per rientrare nel campo dell’assistenza si prevedono due criteri: l’appartenenza alla comunità e l’inettitudine al lavoro.
Le strutture assistenziali hanno riguardato fin dall’inizio le popolazioni incapaci di lavorare. L’indurimento nei confronti dei poveri visti come una popolazione ingombrante inizia con pratiche ispirate al CRISTIANESIMO. In particolar modo il problema di una popolazione che si pone il problema del lavoro inizia nel 14 sec con il cristianesimo medievale. Per il cristianesimo la carità è la virtù per eccellenza ma la povertà collegata alla vita di Cristo non può essere di tutti. Nell’iconografia cristiana il povero si trova alle porte del ricco, e la carità cristiana non accorre tutte le forme di povertà. Questa contraddizione è superata da due modi di gestire la povertà: l’assistenza cioè l’economia della salvezza e l’attitudine cristiana che classifica le forme di povertà.
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Dettagli appunto:
- Autore: Anna Carla Russo
- Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
- Facoltà: Scienze della Comunicazione
- Esame: Sociologia generale e Controllo sociale
- Titolo del libro: La metamorfosi della questione sociale, una cronaca del salariato
- Autore del libro: Robert Castel
- Editore: Sellino Editore
- Anno pubblicazione: 2007
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