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Tragedia e favola nell'opera italiana


In effetti, l’opera italiana è teatro lirico in duplice senso, perché è cantato e perché è poetico, in versi e rime, e del teatro in poesia ha tutte le caratteristiche.
La tragedia non è più compatibile con la cultura moderna, che ne ha rimosso le fondamenta (destino assurdo, male irrimediabile, innocenza punita, colpa involontaria, ecc.). Tutti o quasi i tentativi di risuscitarla nell’Ottocento sono stati segnati dal fallimento. L’opera lirica si è così incaricata, soprattutto nell’Ottocento italiano, di tenere accesa la fiammella della tragedia, rendendola compatibile con la nuova sensibilità e largamente accettabile presso il pubblico. Lo ha fatto addomesticando il tragico, che ha reso popolare smussandone gli spigoli più dolorosi. Il melodramma romantico ha consentito alla tragedia di non morire e anzi di resistere travestendola da favola, situandola in un mondo inattuale e dislocato altrove, con personaggi straordinari. Vestita da favolala tragedia è parsa più accettabile e praticabile.
Proprio nella congiunzione di favola (meraviglioso scenico, convenzionalità linguistica, approssimazione narrativa) e tragedia (contrasti di sentimenti assoluti, ineluttabilità del male, dolore e amore), l’opera italiana rivela la sua originalità.
L’opera europea del Novecento ritroverà lo spazio tragico che il XX secolo ha riaperto con le sue terribili guerre e i loro orrori.

Tratto da DA MONTEVERDI A PUCCINI di Anna Bosetti
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