Il modello multidimensionale dell'empatia di Janet Strayer
Il modello multidimensionale dell'empatia di Janet Strayer
Da un punto di vista teorico, quello di Hoffman è senza dubbio il modello più esaustivo che ha trattato lo sviluppo dell’empatia. Un limite che si può imputare al suo autore è quello di essersi frequentemente limitato a una riflessione su dati empirici provenienti da altri ricercatori, senza avere sistematicamente sottoposto a verifica le proprie assunzioni teoriche attraverso esperimenti appositamente ideati. Gli studi di Strayer prendono spunto dal modello di Hoffman, ma, a differenza di quest’ultimo, la sua produzione sull’argomento è basata su numerose e accurate ricerche empiriche.
Nell’empatia, secondo Strayer, durante lo sviluppo le componenti cognitive si integrano progressivamente con quelle affettive, organizzandole e permettendo l’instaurarsi di forme via via più mature. Nella visione dell’autrice la condivisione emotiva è basilare per lo sviluppo dell’empatia ed è sperimentata anche dai bambini molto piccoli, nella forma del contagio emotivo. Tuttavia, secondo Strayer, il contagio emotivo è una forma di partecipazione emotiva automatica e involontaria. Per vivere un’esperienza autenticamente empatica è necessario che intervengano forme di mediazione cognitiva. Alla luce di queste considerazioni, Strayer si disinteressa delle manifestazioni di condivisione affettiva vicaria che caratterizzano i primi anni di vita e individua due forme di empatia vera e propria: l’una per condivisione parallela e l’altra per condivisione partecipatoria. Il processo di sviluppo che fa evolvere il bambino dalla prima forma alla seconda prende avvio in età prescolare e trova completamento nella prima adolescenza, procedendo con una progressiva focalizzazione sul vissuto dell’altro.
L’empatia per condivisione parallela è mediata da processi cognitivi poco sofisticati (associazione diretta, condizionamento classico).
In questa forma di empatia, l’osservatore focalizza l’attenzione sull’evento che sta interessando l’altro e richiama alla mente una propria esperienza simile, rivivendo l’emozione che aveva provato in quella circostanza. L’empatia per condivisione partecipatoria è la forma di empatia più evoluta, è mediata da meccanismi cognitivi complessi (role taking e perspective taking) ed è basata sulla rappresentazione del vissuto dell’altro. I bambini, tra i 7 e i 12 anni, acquisiscono in modo progressivamente più completo la capacità di condividere l’emozione vissuta dall’altro, mettendosi nei suoi panni. In questo modo focalizzano la propria attenzione sul vissuto interno di chi osservano, comprendendo che l’altro, avendo una propria identità, può sperimentare emozioni diverse da quelle che essi sperimenterebbero nelle stesse circostanze.
Continua a leggere:
- Successivo: I modello di empatia di Davis
- Precedente: La teoria di Martin Hoffman: l’empatia e lo sviluppo morale
Dettagli appunto:
- Autore: Anna Bosetti
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Scienze dell'Educazione
- Corso: Scienze dell'Educazione
- Esame: Psicologia dello sviluppo
- Docente: Ilaria Grazzani Gavazzi
- Titolo del libro: Che cos'è l'empatia
- Autore del libro: Albiero P., Matricardi G.
- Editore: Carrocci
- Anno pubblicazione: 2006
Altri appunti correlati:
- Psicologia dello sviluppo
- Psicologia dello Sviluppo
- Psicologia dello sviluppo
- Psicologia dello sviluppo cognitivo
- Adolescenza e compiti di sviluppo
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Bullismo e life-skills. Una ricerca in provincia di Torino
- I compagni di classe: una risorsa per l'integrazione
- Stare bene dentro e fuori: promuovere la prosocialità nella Scuola Primaria con il programma CEPIDEAS junior
- Aggressività e bullismo nel XXI secolo
- Amici che si scelgono. Una ricerca sulla reciprocità
Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.