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Utilizzo dei pozzi in idrogeologia

Si scava il pozzo, che viene sigillato ai lati, mentre dove passa l’acquifero ci sono finestre per permettere il passaggio dell’acqua. Per prelevare l’acqua inserisco una pompa sommersa. Siccome posso considerare il pozzo come un mezzo a permeabilità elevatisima, il livello piezometrico si deprime verso il pozzo. Deprimendo la superficie piezometrica, il pozzo attira acqua (le direttrici di flusso finiscono dentro il pozzo) e a valle si ha una zona di influenza dove il flusso dell’acqua è influenzato dalla presenza del pozzo.
La legge di Darcy dice che l’abbassamento è direttamente proporzionale alla distanza, quindi ogni disurbo alla superficie piezometrica può essere visto come una somma della superficie piezometrica ideale con quella data dal disturbo, ottenendo la superficie piezometrica reale senza disturbo (principio della sovrapposizione degli effetti).
Se ho un fiume entro il raggio di influenza del pozzo posso stabilire cosa accade attraverso il principio della sovrapposizione degli effetti.  Il limite del fiume è come se fosse la superficie di uno specchio, al di la della quale è come se ci fosse un pozzo immagiario rovesciato (speculare). In corrispondenza della riva del fiume il pozzo immaginario aggiunge tanta acqua quanta ne toglie il pozzo reale (è indipendente dalla portata del fiume) e facendo la somma vedo che il livello del fiume non è influenzato dal pozzo. Più succhio acqua e più il pozzo immagine diventa grande, quindi in realtà è come se prelevassi acqua dal fiume.

Cosa succede se metto un pozzo se metto un pozzo vicino ad un limite di permeabilità con k basso (impermeabile)? Considero sempre un pozzo immagine che si trova alla stessa distanza dal limite: più tiro acqua e più il pozzo immagine tira acqua e ho un abbassamento doppio. Quindi se faccio un pozzo vicino ad un limite di permeabilità funzionerà per pochissimo tempo.
Se metto due pozzi che lavorano nella stessa zona, l’abbassamento nella zona di influenza dei due pozzi sarà dato dalla somma delle due influenze.
Se ho tanti pozzi vicini l’acquifero appare come un imbuto generalizzato.
Se le isopieze convergono verso valle lungo la direzione del fiume vuol dire che il fiume sta alimentando la falda, viceversa, quando le isopieze convergono verso monte, il fiume è drenante (richiama acqua). Il caso indifferente si ha quando lo strato impermeabile non si interrompe a livello del fiume.
Quando ci sono culminazioni sulla superficie piezometrica: se è poco marcata siamo in presenza di una zona di ricarica (rocce permeabili, alimentazione), se è marcata (strati impermeabili) vuol dire che in quel punto c’è qualcosa che sta portando acqua alla falda.
In presenza di una rete irrigua trovo culminazioni in corrispondenza dei canali.
Nel suolo ho più falde e ognuna ha una superficie piezometrica indipendente dalle altre. La sovrapposizione degli effetti in una falda libera non è più la somma algebrica. La superficie piezometrica a cui ci riferiamo è quella per cui abbiamo misurato la piezometria.
I tempi di ricarica delle falde dopo una pioggia, in pianura padana sono nell’ordine dei mesi.
Per calcolare la piezometria posso usare i pozzi, che però deprimono la superficie piezometrica e, inoltre, c’è la pompa che la abbassa ulteriormente, quindi devo spegnere la pompa e aspettare che si stabilizzi il livello. L’altro metodo è quello dei piezometri, che sono mini pozzi con diametro ridottissimo e privi di pompa e servono per stabilire a che quota sale la superficie piezometrica (sono costruiti allo stesso modo dei pozzi).
I pozzi abbandonati vengono sigillati perché sono una grossa fonte di rischio per l’acquifero.

Una derivazione importante della piezometria è la carta della soggiacenza, ovvero la distanza della superficie topografica dalla superficie piezometrica. Mi dice che distanza deve percorrere un inquinante nella zona vadosa per raggiungere la falda. Vicino ad un limite impermeabile la superficie piezometrica è molto distante dalla superficie topografica.

L’uso dell’acqua può essere a scopo potabile, industriale, agricolo o per la produzione di energia.
L’uso potabile richiede una qualità elevata, mentre lo scopo industriale una qualità modesta. In realtà, però acque scadenti non sono utilizzabili da nessuna parte.
I veleni possono avere un’azione tossica acuta (nitrati), oppure possono bioaccumularsi, avere un effetto teratogeno, mutageno o cancerogeno.
D.lgs 02/03/2001 → disciplina la qualità delle acque trattate e non per l’uso umano. Le acque destinate al consumo umano devono essere stabili e pulite, non devono contenere microorganismi e devono soddisfare i requisiti minimi dell’allegato 1.
Pseudomonas aeruginosa: la sua presenza indica che l’acqua è venuta in contatto con qualcosa di organico.
Scaldando l’acqua a 22 o 37 °C andiamo a stimolare lo sviluppo delle spore, quindi ci da un’indicazione del filtraggio dell’acqua.
Il nitrato è un indicatore di inquinamento, ma è anche un composto presente in natura, mentre la presenza di nitriti indica che l’acqua è passata attraverso microbi.
L’acrilamide può derivare anche dalle bottiglie in plastica, quindi è più probabile che sia presente nelle acque imbottigliate.
Esistono parametri indicatori che sono i segnali d’allarme e ci indicano se è cambiato qualcosa, quindi vanno costantemente aggiornati:
solfati: indicano inquinamento industriale;
cloruro: è molto conservativo, non interagisce con niente. La sua fonte naturale sono la spuma marina e i giacimenti di salgemma. Indica inquinamento stradale perché nell’antighiaccio ci sono cloruri e inquinamento industriale, in quanto NaCl è un sottoprodotto di molte reazioni;
nitrati e nitriti: non compaiono perché possono essere molto variabili da zona a zona;
ammonio;
Clostridium perfringens: non patogeno, indica che l’acqua è passata attraverso un ambiente anaerobico;
conduttività: è un indicatore universale di inquinamento;
pH;
Fe, Mn: indicatori delle reazioni redox che avvengono nel terreno.

Per stabilire se il Cl- è di origine industriale devo vedere se è presente come acido cloridrico tamponandolo con Na.
Il limite minimo della durezza esiste perché se dissalo troppo l’acqua e la rendo deionizzata non va bene per noi per questioni osmotiche.
Sono le variazioni degli indicatori a essere fondamentali e non l’indicatore in se. Misurare la temperatura è importante perché, se il sistema di roccia è abbastanza lungo, l’acqua uscirà a temperatura costante, quindi indica un lungo sistema idrogeologico. Invece, grandi escursioni termiche dell’acqua indicano un sistema superficiale.

Conducibilità elettrolitica: χ = 1/ → dipende dai soluti disciolti e ci permette di sorvegliare qualsiasi sostanza chimica.
Il tipo di componenti chimici disciolti in acqua dipende da: presenza e natura della matrice litologica, solubilità dei minerali e dalla cinetica chimica. Gli ioni più frequenti sono (oltre 90 %): Ca2+, Mg2+, K+, Na+, Cl-, HCO3-, SO42-, NO3-.
Isocone: linee di uguale concentrazione di una sostanza chimica; la conducibilità elettrolitica si può considerare un’isocona complessa di tutti gli ioni disciolti.

Diagramma di Shoeller: trasforma la conducibilità in milliequivalenti (meq). Possono succedere due cose: i pozzi hanno tutti la stessa forma nel grafico (acquifero omogeneo), oppure avere forme diverse e, in questo caso, vuol dire che l’acqua piovana arriva da due zone diverse.
Il fatto che l’acqua aumenti senza una motivazione geologica indica la presenza di una fonte di inquinamento che può immettere metalli alcalino-terrosi. La concentrazione è proporzionale alla soggiacenza, infatti più la falda è vulnerabile e più viene a contatto con gli inquinanti.
Carta di concentrazione dello ione cloruro: l’aumento di Cl- è direttamente proporzionale all’inquinamento, questo vuol dire che l’acqua superficiale penetra nella falda portandosi dietro il sale. Il Cl- varia fra 6 e 10, però il limite è 250.
I fulmini producono nitrati. I nitrati aumentano poco a poco dopo il passaggio della falda sotto la città, quindi sono dovuti ad un inquinamento diffuso.
I pozzi devono essere accessibili, i dati riproducibili, l’acqua deve essere presa dal pozzo e analizzata subito; il dato deve essere significativo, cioè i pozzi vanno messi ben distribuiti sul territorio.
Le attività dannose per l’acqua sono quelle che possono produrre sostanze pericolose in base alle direttive CE. Sono distinte in due categorie in base alla tossicità,m persistenza e bioaccumulazione. Sostanze con effetto mutageno, teratogeno e cancerogeno.
I cianuri sono legati o alla conceria o all’estrazione di minerali, in particolare l’oro. Il secondo elenco contiene una serie di metalli di transizione e metalli con comportamento simile che tendono a bioaccumularsi.
In Italia settentrionale la peggior fonte di inquinamento è l’urbanizzazione e non l’industria.

Sversamento di un inquinante che penetra nel substrato fin quando raggiunge la zona freatica e inizia a muoversi orizzontalmente. La zona impermeabile avrà una leggerissima perdita e l’inquinante raggiungerà la falda confinata sottostante. Ogni inquinante si comporta in maniera diversa a seconda della sua solubilità. In caso di olii, essendo immiscibili e più leggeri dell’acqua tendono a stare in superficie. Gli olii pesanti tendono, invece, ad andare più in basso dell’acqua e tendono a diventare stabili saturando gli ambienti vadosi. In caso di inquinanti solubili bisogna verificare se interagiscono con i sedimenti, per esempio l’acido fluoridrico interagisce molto e si estingue lungo la zona vadosa.
Quando gli inquinanti attraversano il substrato subiscono diversi processi:
la filtrazione meccanica è importante per rimuovere microorganismi;
la precipitazione è fondamentale per i solfati e composti non solubili;
l’idrolisi distrugge la plastica in tempi lunghissimi;
l’adsorbimento e le soluzioni colloidali sono il primo schermo che l’ambiente esercita nei confronti dell’inquinante;
la diluizione e la dispersione sono fondamentali per eliminare le sostanze persistenti; la diluizione rappresenta l’allargamento del pennacchio, memtre la dispersione l’allungamento; nelle falde convergenti la diluizione sarà minima;
la biodegradazione e i processi biochimici per le acque sotterranee sono molto modesti; per esempio NO3- viene trasformato in NH3 dai batteri ammoniacali, che è tossica per l’uomo, mentre i nitrati non lo sono.

Se voglio eliminare qualche inquinamento posso favorire qualche processo naturale (diluizione) o posso asportare una parte di terreno se si è mosso poco. Se ho una captazione sotto-corrente all’inquinamento, devo avere la possibilità di allarmare e acqua disponibile da sostituire a quella inquinata.
La prevenzione dell’inquinamento si basa sulla fascia di rispetto, che è un’area sopra-corrente alla captazione tale da garantire l’allarme o la diluizione prima che l’inquinante arrivi. Possono essere distribuite con un criterio geometrico (diluizione e dispersione) o con un criterio cronologico (allerta). Nella legislazione è privilegiato l’aspetto cronologico con l’eccezione degli acquiferi carsici perchè la loro velocità è alta e non può essere calcolata (non vale la legge di Darcy), quindi si utilizza un sistema geometrico che tende a tutelare tutta l’area carsica (questa è l’origine di molte aree protette); oppure si fa come in Giappone, dove gli acquiferi carsici non vengono considerati e usati solo per uso industriale.
La zona dell’acquifero, rispetto alla zona di captazione, si divide in 3 parti:
zona di captazione (zona 1), (l’inquinante viaggia lungo l’acquifero e la zona vadosa) dove la vulnerabilità è massima;
zona di protezione (zona 2) dove l’inquinante viaggia lungo l’acquifero e corrisponde alla zona che poi finirà nel pozzo e qualsiasi sostanza che si getta finirà nel pozzo senza alcuna diluizione;
zona generale di ricarica dell’acquifero, (zona 3) dove meno si diluisce e meglio è perché se no arriva alla zona di captazione.

Nell’area di captazione, in teoria, ci vorrebbe una condizione per cui devo immediatamente accorgermi che arriva un fenomeno inquinante. Per esempio, a Torino, dove l’acquifero è monitorato costantemente, la zona 1 può anche non esserci, mentre in una sorgente di acqua minerale, dove le analisi vengono fatte più sporadicamente, l’area di captazione deve essere grande quanto è il tempo che impiego ad accorgermi dell’inquinamento. Per esempio, costruisco un’area tale che mi accorgo dell’inquinamento entro 60 giorni e, anche se l’inquinamento avviene il giorno dopo l’analisi, ho il tempo sufficiente per accorgermene.
L’analisi viene fatta ai bordi dell’area. L’area di analisi deve essere maggiore di 30 m perché può essereci un difetto nell’impianto. Entro la zona 1 è vietata qualsiasi attività.
La zona 2 ha un tempo di sicurezza decennale e oltre o almeno di 2 km (si sceglie la più cautelativa); questo perché alcune sostanze possono viaggiare più rapidamente dell’acqua. Non sono ammissibili attività che costituiscono minaccia diretta per la falda, mentre sono consentite attività indirettamente dannose.
La zona 3 è soggetta a leggi normali di protezione.
In Italia la zona 1 è protetta rigorosamente (non è consentita alcuna attività) e, siccome anche la zona 1 è fortemente urbanizzata, l’unica soluzione è che il proprietario dell’acquedotto acquisisca e gestisca l’area. Sulla zona 2 si permettono attività, ma bisogna fare un piano di rischio co l’impegno di impedire ogni azione che possa inquinare la falda. La zona 3 è protetta solo genericamente.
L’ente che gestisce l’acquedotto deve individuare i centri di pericolo, cioè dove possono verificarsi potenziali immissioni di inquinanti (cimiteri, canali di irrigazione, agricoltura intensiva, allevamenti compreso il pascolo soprattutto nelle zone di ricarica degli acquiferi carsici).

Il pozzo deve avere una zona recintata dove è vietato l’accesso a chiunque, ci deve essere un fossato di intercettazione delle acque superficiali per impedire che finiscano nel pozzo. In alcuni casi, al posto del pozzo posso utilizzare una galleria drenante, cioè una galleria scavata nell’acquifero rivestita di materiale poroso (una specie di pozzo orizzontale), che può essere di due tipi: si costruisce parallela al flusso creando una depressione della superficie piezometrica e, essendo più compatta, è più facile controllare l’inquinamento; oppure si può mettere una galleria drenante che sbarra il flusso (se la falda è sottile e povera). Possiamo, inoltre, avere un sistema per la captazione di acque presenti ancora in minore quantità (acquiferi montani), che prevede di installare dei drenaggi in un’area di versante che portano l’acqua in un punto centrale dove viene raccolta. Il rettangolino alla fine è il bottino di presa, ovvero una vasca dove l’acqua decanta prima di essere prelevata (l’acqua di raccolta deve essere tenuta al buio e non devono entrare animali di una certa dimensione).

L’apice dell’inquinamento non sarà sotto il punto di sversamento, ma un po’ sottostante perché arriva acqua pulita da monte. A seconda della capacità di diffusione dell’inquinante e del flusso la dispersione e diluizione sarà più o meno maggiore.
Sversamento continuo intermittente
In questo caso è più difficile rilevare l’inquinamento, perché appare come dei goccioloni che si muovono in direzione della corrente.
Bisogna stabilire se l’inquinante viene asportato da una falda o no. Per esempio, HCl è grave, però è benigno perché è reattivo e decade, inoltre, è estremamente solubile. In questi casi si blocca l’approvvigionamento idrico e si aspetta che finisca l’inquinamento. Invece, se ho una sostanza persistente, poco reattiva e solubile (diossina), l’unica soluzione possibile è rimuovere l’acquifero, però in questo modo spostiamo solo l’inquinante da un comparto all’altro; oppure possiamo isolare la zona impermeabile.
Per le discariche e i cimiteri cerco di rallentare la trasmissione di percolato mettendo fogli di polietilene ad alta densità: in questi casi si forma una massa di percolato liquido sul fondo della discarica pieno di inquinanti che interagiscono tra loro e un po’ decadono. Questo foglio viene associato ad uno strato di argilla (al di sotto del telo) e così via a formare tanti strati fino al livello del terreno.
Se c’è una falda sotto la discarica immetto acqua sotto in modo che il flusso diverge in prossimità del pozzo e la falda non si inquina. A valle della discarica raccolgo l’acqua che è passata vicino al percolato (converge), la tratto e la reimmetto a monte della discarica.

Tratto da RISCHIO IDROGEOLOGICO di Marco Cavagnero
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