La Personalità
La personalità, per Sullivan, deriva dalle interazioni con gli altri ed è costituita da configurazioni relazionali, dunque non è una struttura concreta, percepibile o conoscibile come tale ma è un fenomeno temporale dato dalla “configurazione, relativamente durevole, delle situazioni interpersonali che caratterizzano una vita umana”.
La personalità si forma nel contesto del carattere “reale” dei genitori, poiché si forma grazie alle relazioni con gli altri significativi e si lega a quei genitori specifici dato che si sviluppa a partire dalle loro personalità specifiche. Noi abbiamo l'illusione che la personalità sia relativamente stabile, non perché in noi c'è una struttura di personalità, ma perché le esperienze interpersonali, cioè il modo in cui si interagisce con le persone, hanno una tendenza all'omeostasi e vi è il tentativo di replicarle anche in interazioni con altre persone, resistendo al cambiamento –> dunque ciò che da l'illusione di stabilità è la tendenza alla ripetizione, il replicare ciò che è noto, poiché permette di avere aspettative certe sul futuro e sviluppare un buon senso di sicurezza rispetto all'ambiente. Esiste, quindi, un bisogno di ricreare un ambiente sicuro e privo d'angoscia, poiché se io riesco a ricreare ciò che è noto mi sento più sicuro --> si ricerca costantemente ciò che noi conosciamo
Dato che la personalità è costituita da configurazioni che derivano da situazioni interpersonali e dalle anticipazioni di ciò che è accaduto all'interno delle relazioni, l'esperienza viene organizzata prevalentemente nei termini di modelli che Sullivan chiama “personificazioni”:
• la “buona” madre con il corrispettivo “Me buono”
• la “cattiva madre” con il “Me cattivo”
--> quando ha un'interazione priva d'angoscia il bambino si relaziona con la mamma buona, e dato che la mente è composta da configurazioni relazionali ci sarà una corrispondenza tra la mamma buona e una visione del sé buono, mentre quando si relaziona con la madre in presenza di un po' d'angoscia, si forma una visione della mamma cattiva che corrisponde ad un giudizio di se cattivo
--> dunque il bambino, a partire dalle integrazioni con la madre, o meglio, con le figure significative in genere, forma delle rappresentazioni, dei modelli nella sua mente, composti dall'io in relazione con l'altro. La divisione è data in buono e cattivo poiché i pazienti tendono a percepire le persone in termini di queste scissioni, o del tutto buono o del tutto cattivo, infatti i pazienti gravi non hanno discriminazioni sottili, del tipo “un po' buono, un po' cattivo”.
Le personificazioni “mamma buona, me buono” e “mamma cattiva, me cattivo”, sono delle somme di tutte le esperienze di un certo tipo che il bambino fa con l'altro significativo.
Continua a leggere:
- Successivo: Me Buono
- Precedente: Terza Fase: Esperienza Sintattica
Dettagli appunto:
- Autore: Mariasole Genovesi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia dinamica
- Docente: Angela Tagini
Altri appunti correlati:
- Il pensiero di Jung
- Psicologia Dinamica
- Psicologia cognitiva ed ergonomia
- Psicologia della disabilità
- Psicologia generale
Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:
- Il soggetto transizionale di G. Benedetti nella terapia non verbale delle psicosi e i suoi collegamenti con il pensiero freudiano
- Psicoanalisi dell'Arte e della Musica
- La religione cattolica e la psicologia clinica: un'analisi della letteratura
- La ribellione dell'erede: il contrasto tra Jung e Freud
- Molteplici personalità e alter ego: David Bowie, l’uomo che sfuggì alla follia
Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.