Caso clinico di Lucy
Lucy era una pittrice di 29 anni che era stata in cura con diversi terapeuti, in modo intermittente per quasi 10 anni. Anche se si era sentita genericamente sostenuta nella sua lotta contro la depressione, non si era mai sentita 'coinvolta'…era stata incapace di stabilire un contatto profondo'.
Era in cura con l'analista attuale da 8 mesi e questa volta le cose erano del tutto diverse. Lucy e l'analista si sentivano entrambe coinvolte, al punto che l'analista cercò una supervisione.
Lucy era la maggiore di 5 figli. La madre era una donna estremamente volubile, forte, piena di talenti e tuttavia terribilmente assorbita da se stessa. Era stata una figlia unica adorata e aveva un rapporto stretto con la propria madre, che era andata a vivere con loro quando Lucy era molto piccola. La presenza della nonna aveva creato una frattura fra i genitori, ed il padre si era allontanato. La madre non era sembrata molto preoccupata in merito, si sentiva più vicina alla propria madre. Tutte e tre le generazioni delle donne avevano capacità artistiche, ed ognuna era un personaggio strano e originale; ciò non solo veniva tollerato ma incoraggiato. Il padre alla fine divenne alcolista. Era sembrato particolarmente legato a Lucy, tra loro esisteva un legame autentico, anche se le loro interazioni avevano un carattere ambiguamente sessuale, pur ritualizzato e formale. Dopo la morte del marito e l'allontanamento dei figli di casa, la madre di Lucy si era trasferita con sua madre in una casa nei boschi. Era come se gli elementi estranei fossero stati scartati per formare di nuovo un'unione perfetta. La madre e la nonna si sdraiavano sullo stesso divano, alle due estremità come due 'gattini al sole'.
La madre languidamente si dilettava di poesia e pittura, circondata di fotografia di quando era ragazza, assorta in fantasticherie.
Lucy era stata una bambina timida, sognatrice, dotata, apprensiva. Finì per sposare un giovane compagno di liceo che le era devoto. Si consideravano complementari, lui estroverso, trattava con il mondo esterno, lei assicurava la ricchezza emotiva, forniva gli 'ornamenti emotivi' grazie alla sua fervida immaginazione. Lei restava chiusa in casa a dipingere, per settimane intere, la principessa nella torre, lui tornava di sera, l'aggiornava sul mondo esterno, e condivideva il suo regno. I quadri di Lucy sembravano di un'altra epoca, nelle associazioni furono stabilite connessioni fra i soggetti dei dipinti e le fantasticherie materne. All'analista sembrava che Lucy fosse diventata un personaggio nella vita fantastica della madre.
Appena incontrò la sua analista Lucy decise che si assomigliavano, molto, e questo dominava il loro lavoro. Lucy notò miriadi di somiglianze nei loro gusti, valori, sensibilità. Alle interpretazioni dell'analista spesso rispondeva con un sobbalzo: “come faceva a saperlo?”. Sentiva di essere una paziente speciale, a causa delle loro affinità spirituali e cercò indizi che lo confermassero. Quando era sola fantasticava sulla loro perfetta amicizia, e richiedeva che l'analista condividesse questo stato. Aveva deciso che l'analista aveva un colore preferito, quando lo indossava era contenta, altrimenti si sentiva tradita.
Anche l'analista pensava alla paziente come 'speciale', come una versione di sé stessa- pre-analisi. Se da un lato ammirava Lucy, e provava un piacere materno nell'aiutarla, dall'altro si sentiva oppressa, intrappolata.
Sogni: “Cammino lungo la spiaggia con lei - lei e io insieme - mi tolgo i vestiti ed entro in acqua - lei rimane sulla riva - io gioco con i pesci - prendo una blu e glielo getto. Lei lo prende con destrezza…”
Quando si avvicinò la prima vacanza dell'analista, Lucy prese a dipingerla come 'frugale', che viveva un esistenza solitaria, svuotata, al ritorno dell'analista raccontò il seguente sogno:
Lei era in vacanza; il progetto era che io la raggiungessi, sapevo che avrebbe voluto che fossi lì. Arrivai a casa sua. Ero molto agitata. Poi scoprii che lei aveva qualche problema, che era ferita. Sentivo che stava gridando e piangendo. Poi mi resi conto che ero io a essere ferita non lei. Poi mi rendevo conto di essere in un posto isolato, non riuscivo a trovarla, non c'era nessun aiuto. Si passa poi ad una scena in un ospedale. Lei mi spiegava in modo freddo che non c'era niente da fare. Era un problema medico.
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Dettagli appunto:
- Autore: Mariasole Genovesi
- Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia dinamica
- Docente: Angela Tagini
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