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La giocosità nel rapporto terapeutico


Un altro elemento che Ehrenberg reputa molto importante nell'analisi è la "giocosità". Con essa ci si riferisce a quegli scambi tra paziente e terapeuta in cui hanno luogo battute scherzose, affettuose, ironiche o umoristiche che possono far sorridere o persino divertire durante la seduta. Esse possono servire per diminuire la distanza creando un contesto di sicurezza e complicità, aprendo a nuovi livelli di intimità dovuti al provare piacere insieme, abbattono inoltre le barriere della comunicazione in quanto nel momento in cui esse avvengono non si parla più del contenuto, ma della relazione. Possono rendere la situazione meno tragica e stemperare climi mortiferi, aiutando a mantenere i problemi nelle loro reali dimensioni anziché farli crescere spropositatamente nel racconto del paziente, comunicando che è possibile sopravvivere e mantenere un po' di positività anche in momenti dolorosi. Ma, cosa ancor più importante, possono permettere al paziente di vivere una nuova esperienza, mostrandogli per esempio che può far ridere il terapeuta, che può avere un'influenza su di lui, permettendogli di scoprire in sé capacità sconosciute e nuovi lati di se stesso che non credeva di possedere.

Come anche altri interventi del terapeuta, la giocosità da parte dell'analista può avere però effetti non prevedibili nel processo terapeutico, a volte anche negativi. Non si può mai sapere in effetti se essa amplierà o meno il campo analitico, tali interventi possono infatti essere rifiutati dai pazienti che possono sentire sminuita la propria sofferenza, o possono essere interpretati in modo diverso da come inteso dal terapeuta, come minaccia o provocazione, sentendosene offesi. Un episodio paradigmatico è quello in cui una paziente della terapeuta ha preso sul serio, come vera, un'osservazione sarcastica dell'analista. Anche in questi casi, attraverso l'esplorazione passo passo dello sviluppo negativo insieme al paziente, si può arrivare a costituire delle importanti svolte nel processo terapeutico. Secondo Ehrenberg sembra essere meglio rischiare di sbagliare, cogliendo al volo l'occasione quando si presenta, e poi riparare al danno, che non farsi sfuggire momenti in cui può aprirsi il campo analitico con un'interazione giocosa. Inoltre, il fatto che il paziente rifiuti gli interventi giocosi dell'analista, non cogliendo l'ironia o non riuscendo a rispondere a tono, può essere indicativo di problematiche relative al terreno dell'intimità, dove essa è più ambigua e non letterale, aprendo quindi nuovi terreni da esplorare.

Per Ehrenberg è l'incontro che avviene tra paziente e terapeuta il vero fattore terapeutico, intendendo con esso quel momento dell'interazione in cui i due sono entrambi coinvolti emotivamente, in modo diretto e personale. In tali momenti è possibile scorgere i punti di forza e le vulnerabilità di ciascuno, rendendo il rapporto genuino e autentico. Il materiale emotivo presente non viene agito l'uno nei confronti dell'altro, come può accadere nella vita al di fuori dell'analisi, ma viene elaborato in un lavoro a due nel quale è indispensabile la partecipazione attiva di entrambi.

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