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Il controtransfert


Per una buona riuscita dell'analisi, il terapeuta deve essere molto sensibile ai cambiamenti che avvengono nella relazione e dentro di sé. Quest'ultimo aspetto è ciò che in psicoanalisi viene definito controtransfert. Ehrenberg fa una divisione tra controtransfert reattivo, ovvero tutta la schiera di sentimenti e reazioni che si fanno strada nell'analista in modo incontrollabile in risposta al contesto interattivo; e controtransfert attivo, che riguarda invece lo stesso materiale non scaricato o agito impulsivamente sul paziente, ma trattenuto in sé, rielaborato prima di costruire un intervento clinico da rimandare al paziente nel momento più adatto.

Per quanto sia di estrema importanza che l'analista sia capace di trattenere in sé determinati affetti generati dalla relazione col paziente, Ehrenberg sostiene che, a volte, possa essere più indicata e più efficace una risposta spontanea, non ancora elaborata, piuttosto che interventi sempre misurati. È singolare uno degli episodi clinici riportati dalla psicoanalista, in cui una paziente si rivela contenta per aver scoperto che anche l'analista potesse "perdere le staffe". Il condividere il proprio sentire in reazione al racconto o all'atteggiamento del paziente può portare infatti a sviluppi inaspettati, l'importante è che anche questo scambio interattivo venga analizzato e rielaborato in seguito con il paziente per darne un significato condiviso legato all'interazione. La condivisione dei cambiamenti avvertiti in sé nel lavoro con lui, rende inoltre il paziente a conoscenza dell'impatto anche affettivo che ha sul terapeuta, e il fatto stesso di potere in qualche modo influenzare l'analista può essere una nuova e importante scoperta. Esso può servire inoltre da esempio, incoraggiando lo stesso paziente ad ascoltarsi di più, a fare maggiormente caso a ciò che prova nel momento presente nel contesto della relazione, e condividerlo con l'analista.

Viene da sé che il terapeuta non possa essere "neutrale" come proposto dalle prime correnti psicoanalitiche, ma che al contrario la sua soggettività, il suo singolare modo di sentire e il proprio tipo di partecipazione influenzi molto il processo analitico. Egli è presente nel rapporto terapeutico con tutta la sua persona e l'oggetto principale di analisi non è il paziente visto come oggetto esterno e distaccato, ma la stessa relazione che si viene a creare tra i due, scoperta ogni volta tramite le analisi dei micro-eventi interattivi.


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