Volontariato e auto-aiuto come realtà sociali in Italia
In Italia il volontariato, da un censimento effettuato dalla FIVOL nel 1997, risulta presente con 12.556 organizzazioni. Esso va via, via ampliando gli ambiti di intervento. La legge 266/91 riconosce al volontariato particolare valore sociale come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo.
Sono state date molte definizioni di volontariato ma i tratti essenziali che lo caratterizzano sono: SPONTANEITÀ, GRATUITÀ della PRESTAZIONE, ORIENTAMENTO SOLIDARISTICO. Per attività di volontariato si intende quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito tramite l’organizzazione di cui il volontario fa parte, senza scopo di lucro anche indiretto, esclusivamente per fini di solidarietà. Questo impegno si esercita nei servizi assistenziali classici, in quelli socio-sanitari, socio-culturali sino ai servizi che operano nella prevenzione della natura, in ambito sportivo e promozione della pace. Secondo GAVAZZA possiamo distinguere i compiti:
» Prevenzione
» Terapia
» Riabilitazione
» Socializzazione
Il volontariato si basa su un’idea di cittadinanza in senso più generale di democrazia. Il volontario si configura come individuo che partecipa attivamente alla vita della società e la cui azione è fonte di cambiamenti per la collettività.
Anche per i gruppi di auto-aiuto sono state date molte definizioni, una di esse è: strutture di piccoli gruppi di carattere volontario volte al raggiungimento di obiettivi specifici. Solitamente sono costituiti da GRUPPI di PARI al fine di assistersi reciprocamente e di soddisfare bisogni comuni, superare handicap condivisi, puntare ad un cambiamento personale e sociale desiderato. I gruppi di auto-aiuto privilegiano le RELAZIONI FACCIA a FACCIA e promuovono l’assunzione di responsabilità da parte dei membri. Sono organizzazioni che consistono di persone che condividono un problema o una situazione comune (eredità, sintomi, esperienze), sono gruppi AUTO-ORGANIZZATI ed AUTOGESTITI che enfatizzano il ruolo della solidarietà al posto della strutturazione gerarchica. Vogliono ricostruire legami forti e stabili per uscire da situazioni che conducono ad una situazione di esclusione sociale. L’auto-aiuto è molto vicino al volontariato con il quale condivide l’intervento attivo nel sociale ed una concezione non utilitaristica della società. I gruppi di auto-aiuto assolvono due funzioni diverse ed integrate:
1. una di carattere di sostegno di tipo CLINICO-TERAPEUTICO
2. una di carattere SOCIALE POLITICO che agisce sul versante della sensibilizzazione in favore del cambiamento della comunità.
Sia il volontariato che l’auto-aiuto mettono in atto il PRINCIPIO di RECIPROCITÀ in luogo del principio di autorità all’interno della relazione di reciprocità si da qualcosa a qualcuno perché si ci aspetta che questi faccia altrettanto ma, a differenza dello scambio economico, qui il dare non è condizionato al verificarsi dell’aspettativa.
Il self-help è un fenomeno ricco ed articolato la cui espansione negli Stati Uniti come in Europa è stata molto rapida. [A.A. alla fine degli anni ’70 oltre 30.000 gruppi]
Il volontariato ha in Italia radici antiche. Il suo sviluppo si divide in tre fasi:
1. VOLONTARIATO TRADIZIONALE o PRE-MODERNO beneficenza che si attua negli ospizi-orfanatrofi dove, fin dal 1300-1400 la pubblica pietà aveva cura degli orfani fino ad arrivare alle Opere Pie del secolo scorso. Questa fase del volontariato ha aspetti essenzialmente caritativi e religiosi. Le congregazioni religiose operanti nel settore dell’assistenza proliferano. Con l’avvento dello Stato Unitario Italiano e la politica di separazione tra chiesa e stato, le Opere Pie furono sottoposte al controllo pubblico (Legge Crispi, 1890). Furono trasformate in IPAB (Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficenza). Durante il fascismo, con la firma del Concordato 1929, le relazioni tra stato e chiesa si distinsero. Lo stato fascista soppresse le società di mutuo soccorso (istituzioni autonomamente create dai lavoratori). Nel dopoguerra, tra il 1945 ed il 1970 il volontariato è ancora sorretto da un’ottica caritativa. Le politiche sociali si modificano, nel 1970 nasce il volontariato attuale che ha origine con l’affermarsi del welfare state. Negli anni ’60 vi furono due avvenimenti che ebbero forti ripercussioni sul volontariato cattolico e laico nel 1964 si concluse il Concilio Vaticano II voluto da Giovanni XXIII e nel 1968 si assiste al movimento di contestazione studentesca e giovanile. La contestazione del ’68 sosteneva che “tutto è politica”. Da questi fenomeni di trasformazione della società deriva un ampliamento dei bisogni sociali. Variano le forme di disagio (tossicodipendenze, handicap, minori in affidamento). Il volontariato affronta un altro momento di profondo cambiamento e di ripensamento del proprio ruolo ponendosi sempre più come soggetto attivo delle politiche sociali.
2. Con il CONVEGNO della CARITAS a Napoli, nel 1975, viene sancito il salto di qualità. Si ratifica il rifiuto del volontariato nel ruolo di “tappabuchi”. Il volontariato svolge un ruolo non solo di servizio e di assistenza dove si presentano situazioni di crisi, ma anche di vigilanza critica. Dal ’70 al ’90 l’azione si concentra verso l’ambito assistenziale con un approccio alla riabilitazione ed al recupero sociale di soggetti emarginati.
3. Nel 1991, con l’approvazione della LEGGE 266/91 inizia la terza fase del volontariato che diventa a tutti gli effetti un soggetto attivo delle politiche sociali. Il volontariato viene chiamato alla progettazione dello Stato Sociale.
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Autore:
Ivan Ferrero
[Visita la sua tesi: "Espressioni facciali e i volti della menzogna. Dagli studi di Paul Ekman al ''successo'' di Cal Lightman"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia di comunità
- Docente: Amerio e De Piccoli
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