Il ruolo dello psicologo nei servizi
L'evoluzione del ruolo dello psicologo nei servizi si intreccia strettamente con quella della psicologia in Italia.: ostracismo in epoca fascista, ostruzionismo da parte de medici e psichiatri, carenze di strutture formative, nel 1978 la riforma sanitaria offre agli psicologi spazi professionali in centri per rieducazione dei minori, alunni portatori di handicap, O.P. , centri di igiene mentale ecc.
Tra il 1977 ed il 90 il ministero della pubblica istruzione da la possibilità a docenti laureati in psicologia di staccarsi dall'insegnamento ed impegnarsi in progetti di riduzione del disagio scolastico (nasce la figura dello psicopedagogista), per le scuole superiori si approva il "progetto giovani", nel 1990 è istituito il CIC centro informazione consulenza rivolto agli studenti.
Nel 1989 è approvata la legge n. 56 sull'ordinamento professionale che stabilisce cosa occorre per definirsi psicologi ed esercitare l'attività psicoterapeutica. Per chi opera nei servizi il lavoro tende sempre più a presentare, anche in seguito alle due nuove riforme sanitarie, alcune specificità » almeno tre elementi chiave influiscono infatti in maniera significativa sull’agire professionale nelle istituzioni pubbliche:
1. I BISOGNI DELL’UTENZA Lo psicologo si trova a dover rispondere a richieste che spesso provengono non solo dal singolo, ma anche da parti consistenti della sua rete socioaffettiva, concernendo le tematiche più svariate. Gli si chiede di saper affrontare le problematiche derivanti da problemi psicologici più profondi, dalle malattie psichiatriche e dalle tossicodipendenze, ma anche di essere in grado di fornire aiuto psicologico per affrontare specifiche situazioni » l’insoddisfazione nella vita, i problemi di relazione, le difficoltà educative e di apprendimento scolastico, il disagio giovanile e così via.
2. GLI AMBITI DI INTERVENTO Allo psicologo vengono spesso affidati, oltre a quelli tradizionali della clinica, anche compiti significativi nel campo della prevenzione del disagio psico-fisico e della promozione della salute e del benessere » ciò implica di operare su più fronti (non solo direttamente con i pazienti, ma anche con i genitori, insegnanti, operatori di servizi e di strutture aggregative) e con metodologie non solo di cura, ma anche di informazione, formazione ed aggiornamento. Nell’ambito più squisitamente terapeutico, gli è spesso richiesto un approccio che permetta di intervenire sulle relazioni interpersonali e sulla dimensione sociale del paziente in modo mirato, senza peraltro trascurare le esigenze ed i bisogni di quest’ultimo » se in ambito clinico si è finalmente riconosciuta l’importanza di intervenire anche sulle persone significative affettivamente per il caso in trattamento, a maggior ragione si è affermata la necessità di lavorare su adulti ed aree a rischio per attenuare le possibilità di creazione di patologie e devianze nei soggetti più deboli e nei giovani figli in formazione.
3. IL LAVORO DI EQUIPE A seconda della cultura interna e della zona, i servizi rispondono alle richieste del territorio elaborando modelli di organizzazione del lavoro in un’ottica di raggruppamento dell’utenza per fasce di età (minori, adolescenti, adulti, anziani), o per tipologia del bisogno (handicap, malattia psichiatrica, tossicodipendenza), costituendo équipe pluri-professionali di lavoro nelle quali spesso lo psicologo gioca un ruolo centrale. Lo psicologo che opera nei servizi lavora in relazione con altri professionisti, configurandosi chiaramente come interprete sia delle problematiche relazionali nelle organizzazioni-istituzioni, sia delle specifiche questioni inerenti l’ambito clinico: come abbiamo visto, tutto ciò si verifica non solo nelle équipe sociosanitarie e/o socioassistenziali con medici, psichiatri, neuropsichiatri infantili, neurologi, assistenti sociali, educatori ed infermieri, ma anche in campi non direttamente psicologici con insegnanti, avvocati, giudici e così via. Abbiamo già più volte notato nel corso del volume come il lavoro d’équipe rappresenti una seria sfida, rendendo necessario costruire un contesto di collaborazione paritaria tra le varie professionalità e di disponibilità a confrontarsi con operatori di formazione diversa dalla propria » solo in questo modo è possibile superare un modello sommativo ed integrare le competenze ed i punti di vista al fine di ottenere un prodotto differente e migliore di quello che ciascuno potrebbe offrire singolarmente.
Ne emerge un quadro che, almeno negli auspici, per molti versi si rifà a principi assai vicini a quelli della psicologia di comunità l’enfasi sulla prevenzione e la promozione del benessere, sulla necessità di portare l’intervento non solo sul singolo ma anche sulla sua rete sociale e sulla sua comunità, l’utilità della formazione continua e del lavoro di èquipe. Le difficoltà sono però ancora molte la complessità delle richieste spesso collide con gravi problemi di tempo e di risorse, con dinamiche istituzionali burocratizzate e farraginose, con un’organizzazione del lavoro complessa e con difficoltà di coordinamento con le altre figure professionali, tanto che per lo psicologo è sovente difficile mettere in atto le modalità di intervento che riterrebbe più opportune o funzionali alla specifica situazione. L’imperativo di ottimizzare le risorse disponibili amplifica la necessità di un’efficace ANALISI della DOMANDA.
Purtroppo spesso l'organizzazione dei servizi è tale per cui mancano efficaci valutazioni degli interventi messi in atto, può esserci il rischio di IPERATTIVISMO cioè produrre molte attività preventive accorgendosi poi di aver utilizzato con tali attività tutte le risorse disponibili. Da questo la discrepanza fra i principi che dovrebbero regolare gli interventi e quello che realmente si fa, cioè si attuano principalmente INTERVENTI PARZIALI. E' importante che lo psicologo di comunità operante nei servizi sappia farsi occhi ed orecchi della comunità stessa in modo da tradurre in progetti concreti le esigenze esplicitate dal territorio.
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Autore:
Ivan Ferrero
[Visita la sua tesi: "Espressioni facciali e i volti della menzogna. Dagli studi di Paul Ekman al ''successo'' di Cal Lightman"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia di comunità
- Docente: Amerio e De Piccoli
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