I bisogni di base dell'uomo
LEVINE e PERKINS Analizzando la documentazione reperibile in varie fonti statistiche per un anno-tipo (1980) negli Stati Uniti, hanno tracciato un quadro impressionante di situazioni problematiche possibili che, secondo i loro calcoli finiscono col toccare praticamente tutta la popolazione americana. Il vivere situazioni critiche, essi dicono, “non è un’eccezione, ma una norma”, perché in un modo o nell’altro, direttamente o a causa di eventi che colpiscono parenti e persone care, ognuno finisce coll’esserne coinvolto frequentemente.
Questa tesi è per un verso esatta. Le situazioni problematiche sono un’espressione del rapporto che ci lega all’ambiente, del nostro essere costantemente partecipi del mondo e con questo perennemente in TRANSAZIONE sul piano biologico e psicologico. Ogni aspetto della nostra vita è collegato con questa transazione quelli che sono definiti come BISOGNI di base dell’organismo umano sul piano funzionale (cibo, acqua, attività, sesso) e su quello chimico-fisico (zuccheri, proteine, ossigeno) non sono altro che mancanze nell’organismo di elementi recuperabili nell’ambiente. Anche taluni cosiddetti bisogni di ordine sociale (affetto, riuscita, difesa) possono essere visti come espressione di tale transazione, considerata a livello dei rapporti tra gli uomini, e, più largamente, dei rapporti con il contesto che l’attività degli esseri umani ha costruito sul piano materiale e simbolico. Il lavoro di Arnold e Lazarus (emozioni, coping) non fa che esprimere il senso di questo rapporto dal punto di vista dei procedimenti messi in atto dall’essere umano per “far fronte” alle situazioni che in un certo senso sono state tutte critiche nel corso della filogenesi, e che ogni singolo individuo si ritrova in parte come “critiche” nel corso della sua storia personale.
Ma questa tesi è anche, per un verso, esagerata. In effetti l’essere umano è in un certo senso “programmato” per affrontare le situazioni cui lo mette di fronte il suo rapporto con l’ambiente fisico e sociale perché in esso trova le basi stesse che lo fanno vivere. D’altro canto se questo vivere si riducesse soltanto ad “affrontare problemi, a reazioni di ordine puramente adattivo (nel senso che Skinner ha delineato con molto rigore nei suoi testi) la nostra vita si rilucerebbe a ben misera cosa. Ci sono espressioni di qualcos’altro (la “Divina Commedia” e le “canzoni dei Beatles”) o almeno di qualcosa che noi definiamo in altro modo, proprio perché la nostra esistenza “ha bisogno” anche di quegli “elementi culturali” che la nostra specie ha prodotto nel corso dei millenni.
Chi o che cosa decide sulla criticità di una situazione? Non sempre la situazione critica è considerata un problema. Consideriamo la povertà: è riconosciuta come situazione critica però è diventata problema quando con la nascita delle comunità urbane e dei primi governi politicamente gestiti la povertà è diventata un pericolo per la governabilità dell'ordine sociale. I problemi umani sono anche sociali perché si sono originati come situazioni critiche nell'ambito della convivenza umana, perché sono i modi di relazione sociale che hanno trasformato le situazioni in problemi e anche perché i problemi dell'uno sono anche i problemi dei molti.
La psicologia di Comunità opera con 2 obiettivi far emergere cerniere empiricamente analizzabili tra la sfera individuale e quella sociale, operare concretamente sull'articolazione tra psichico e sociale, individuare situazioni concrete su cui operare e connetterle con altre più generali costruendo sentieri empiricamente fondati sull'esperienza (Lewin).
Quadro di una situazione critica:
Analisi di una famiglia monoreddito composta da madre casalinga, padre operaio, 2 figli maschi di 13 e 17 anni; crisi per perdita di lavoro. Risultato: padre depresso, madre forte trova lavoro a ore ma così ha meno tempo per la casa, figlio 13 anni panico e conseguente deficit scolastico, figlio 17 anni ha la prova che lavorare non serve e i soldi si possono fare in "altro modo".
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Dettagli appunto:
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Autore:
Ivan Ferrero
[Visita la sua tesi: "Espressioni facciali e i volti della menzogna. Dagli studi di Paul Ekman al ''successo'' di Cal Lightman"]
- Università: Università degli Studi di Torino
- Facoltà: Psicologia
- Corso: Psicologia
- Esame: Psicologia di comunità
- Docente: Amerio e De Piccoli
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