Malattia psicosomatica e terapia di gruppo
Bion sostiene che il gruppo è la sede ideale per l’indagine delle malattie psicosomatiche. Il pensiero psicoanalitico, fin dalle origini, ha considerato il corpo nell’indagare il processo dello sviluppo psichico dell’individuo, come palestra di apprendimento di funzioni (Freud), come stato nascente del mentale (Bion), come luogo della mente non solo confinato al cervello (Gaddini).
Winnicott sostiene che un armonico sviluppo dello psiche-soma originario necessiti di un ambiente materno che non disturbi l’innato sviluppo dell’esperienza della continuità d’esistenza di sé, su cui si baserebbe la salute dell’individuo. All’inizio, il buon ambiente psicologico è un ambiente fisico (il grembo materno); con il tempo l’ambiente acquisisce una caratteristica nuova che ha bisogno, per essere descritta, di termini emozionali, psicologici e sociali. La carenza materna provoca un’iperattività del funzionamento mentale, per cui la funzione intellettuale del bambino assume il compito e l’organizzazione dell’assistenza allo psiche-soma. Invece, in condizione di salute del vero sé, l’attività mentale fa parte del funzionamento dello psiche-soma.
Winnicott sostiene che all’origine dei disturbi psicosomatici vi è un’organizzazione difensiva scissa a difesa di uno stato non integrato primario, e il fallimento di un buon insediamento, caratteristica che definisce lo stabilirsi della psiche nel soma e viceversa. Attraverso questi disturbi, l’individuo valorizza il potenziale legame psico-somatico perduto.
Bion, invece, individua nel protomentale (qualcosa in cui il fisico, lo psicologico e il mentale si trovano in uno stato indifferenziato), il luogo dove si troverebbe la matrice della malattia. La sfera dei fenomeni protomentali è il gruppo, anche se i sintomi si manifestano nell’individuo.
Toffoli sottolinea come fin dal periodo gestazionale, le comunicazioni psichiche inconsce nell’ambiente materno-fetale trovano riscontro in alcuni sviluppi recenti delle neuroscienze moderne.
L’individuo entra nel gruppo come nel sonno, in un clima oniroide, allucinato e regredito, che permette di rivisitare esperienze sensoriali non ancora organizzate in rappresentazioni, e dunque in forme di pensabilità, e ancora la riedizione di quell’ambiente materno sufficientemente buono, fondante i processi di insediamento della psiche nel soma e viceversa, veicolati inizialmente soprattutto dall’accudimento psichico materno.
A volte solo la patologia ci permette di renderci conto di come le forme somatiche siano intessute di significati affettivi e le fantasie inconsce di esperienze somatiche. Comprendere il senso di una malattia nella propria storia restituisce se stessi alla propria vita.
Per i malati organici, il gruppo ha funzione di rappresentazione, della memoria di un luogo, di una vicenda di scambi affettivi, ideativi, rappresentazionali e narratologici, di funzioni che potranno essere interiorizzate come un modello di funzionamento capace di produrre nuove trasformazioni evolutive e identitarie.
Le presenze e le assenze, i legami che si creano all’interno del gruppo, la sequenza delle sedute, rimandano all’idea dell’organo malato, riproducendo l’alternanza e la contrapposizione vita-morte, presenza-assenza, contatto-negazione, germinazione-distruzione.
Il sogno in gruppo segna il passaggio dalla situazione iniziale fisica e inseparabile verso una simbolizzazione più ricca di spazio, esperienza e pensiero. I sogni sono un momento privilegiato di cambiamento della vita affettiva del gruppo e informano gli incontri seguenti; la tonalità cambia e si fa più affettiva, intima e meno disintegrata.
Negli ultimi incontri l’angoscia è più contenibile e internalizzata, più comunicata, gli scambi affettivi meno connotati dalla paura e più piacevoli; c’è la consapevolezza di aver attraversato una esperienza di contatto. Il gruppo raggiunge la capacità, seppur dolorosa, di internalizzare un affetto; è possibile esperire livelli sempre più affettivizzati di una fantasia centrale e specifica connessa alla malattia. Una patologia come il cancro, paradossalmente, è il tentativo di recuperare il legame perduto con il corpo, recuperando la verità di un’esperienza non esaurita e non decifrata di appartenenza e di intrappolamento psichico nel corpo materno.
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Dettagli appunto:
- Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
- Facoltà: Psicologia
- Esame: Psicologia clinica
- Docente: Marinelli
- Titolo del libro: Gruppi omogenei
- Autore del libro: Corbella S.,Girelli R.,Marinelli
- Editore: Borla
- Anno pubblicazione: 2008
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