Tra tecnologia e dimensioni: da Joan Woodward al gruppo di Aston
La ricerca condotta dal gruppo di Aston cerca di rispondere al dubbio cha la tecnologia possa riuscire a spiegare tanta varietà nelle strutture organizzative; con la differenza rispetto al passato di predicare non un solo best way ma una pluralità di best way? Allora cosa resta del principio della scuola socio-tecnica?
I ricercatori di Aston perfeziona la ricerca iniziata dalla Woodward, distinguendo due dimensioni:
a) l’integrazione del flusso di lavoro, che misura il grado in cui le varie fasi del processo produttivo sono rese interdipendenti grazie alla presenza di meccanismi automatizzati
b) la continuità della produzione che riguarda la natura del processo di trasformazione da una scala di dieci crescenti livelli di fluidità produttiva
Questa distinzione condusse anche a ridimensionare l’importanza accordata alla tecnologia nella ricerca di Woorward.
Il maggiore risultato della ricerca di Aston fu infatti che la variabile principale per spiegare l’assetto organizzativo delle imprese non è la tecnologia come osservava Woodward, bensì la dimensione delle imprese. Quanto più grande è l’azienda, tanto maggiore tende ad essere la specializzazione dei compiti, la standardizzazione delle procedure e la formalizzazione delle comunicazioni interne.
I ricercatori di Aston scopersero che la tecnologia gioca un ruolo diverso a seconda delle dimensioni dell’impresa. Nelle piccole e medie imprese dove le strutture interne sono più esposte alle esigenze dirette della produzione la tecnologia condiziona l’intero assetto organizzativo. Nelle grandi imprese aumenta invece l’autonomia degli uffici dai vincoli tecnologici della produzione e tale autonomia si manifesta in una logica di formalizzazione burocratica che è diversa da quella posta dai vincoli tecnologici della produzione.
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Dettagli appunto:
- Autore: Priscilla Cavalieri
- Università: Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM)
- Esame: Organizzazione d’impresa
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