Rapporto interno – esterno: rapporto politica estera e politica internazionale
Dilemma: le politiche estere vanno considerate come una politica specifica di ogni stato? Se è così allora come la mettiamo col sistema internazionale? Le politiche estere devono essere analizzate all’interno di questo sistema o fuori, stato per stato?
L’approccio sistemico è sicuramente utile ma non esaurisce i problemi della vita internazionale.
E’ necessario che si stabilisca una forma di socievolezza tra gli Stati, altrimenti non si spiegherebbe l’esigenza di ciascuno di far valere la propria soggettività.
Una impostazione realista classica, secondo cui ogni Stato non ha che da perseguire il proprio interesse nazionale la ritroviamo con Tucidide che, nella Guerra del Peloponneso, scrive che ogni Stato è mosso da gloria, paura, utile.
Ma se è vero che nessuno Stato farebbe nulla contro il proprio interesse ciò non spiega perché certi Stati perseguano l’interesse secondo determinate linee e altri seguendone altre completamente differenti.
Ci sono una serie di modelli seguiti dalle politiche estere dei vari Stati.
Il fatto che si creino delle differenze nelle politiche estere comporta la necessità di studiare le giustificazioni di queste all’interno; ossia capire fino a che punto influiscano motivi interni e fino a che punto quelli esterni.
Hamilton nel Federalista scrive che gli Stati sono obbligati ad avere una politica estera che risponda a regole comuni perché le regole della politica estera sono cogenti.
Tocqueville scrive che nella politica estera gli Stati democratici devono ricercare qualità che in sé non hanno.
L’ideale democratico è in sé autosufficiente, non basta per giustificare le politiche estere in capo ad ogni Stato. Regime democratico inferiore agli altri.
E’ necessario sempre decidere quanto conti nell’elaborazione delle politiche estere la prospettiva soggettiva dello Stato e quanto la politica internazionale.
Da un punto di vista soggettivo ci si chiede le politiche estere da chi vengono elaborate e con quali criteri.
Vengono utilizzati criteri di razionalità -> è necessario che non vi siano fraintendimenti o inganni nella raccolta delle informazioni. Se queste sono inesatte e pilotate si creano situazioni di crisi.
Ed è proprio sulla definizione di questo particolare momento della vita
di uno Stato che gli studi internazionalistici si sono a lungo
soffermati.
Affinché vi sia una situazione di crisi secondo Michael Brecher sono necessaria 3 condizioni:
a)la minaccia ai valori fondamentali di uno Stato
b)alta probabilità di coinvolgimento dello Stato in ostilità militari
c)tempo limitato per reagire alla minaccia esterna
Queste condizioni hanno a che fare esclusivamente con l’aspetto delle
relazioni esterne dello Stato. Non vengono considerate altre variabili.
Secondo Theodore Lowi si tratta di affrontare due principali questioni:
-in quale misura i fattori di politica interna influenzano la formazione della politica estera
-fino a che punto le istituzioni democratiche facilitano o ostacolano
l’uso delle risorse necessarie a perseguire gli interessi di uno Stato?
Robert Putnam risponde a queste domande con una proposta: il gioco a due livelli.
Dice infatti che le politiche dello Stato somigliano ad un gioco a due
livelli: ossia uno quello della politica interna e l’altro quello della
politica internazionale. I soggetti che partecipano al gioco della
politica interna vi partecipano anche quando impegnati in trattative con
soggetti esterni allo Stato, ossia quando devono ottenere una decisione
che dovranno far valere a livello internazionale. E, al contrario,
quando partecipano al gioco politico internazionale devono riuscire ad
ottenere decisioni che possano essere ben accolte all’interno del loro
paese.
Emerge quindi che la politica interna e la politica estera di uno Stato sono in sostanza un tutt’uno.
Infatti coloro che prendono le decisioni nei due ambiti sono gli stessi
personaggi, ma è necessario che le decisioni prese nei due ambiti siano
coerenti.
Infine non esiste decisione di politica interna che non abbia rilevanza internazionale e viceversa.
Nella stessa misura in cui il mondo va globalizzandosi perché le
interdipendenze economiche, finanziarie, sociali, culturali, sanitarie
etc, vanno arricchendosi è chiaro che tende ad una sorta di
unificazione.
Ogni scelta fatta da uno Stato ha un immediato riflesso internazionale.
Tutte le politiche analizzate provengono da un approccio stato centrico.
Sorge quindi una domanda: la politica estera di ogni Stato dovrà mirare a
modificare a proprio vantaggio l’assetto dei rapporti interni a quella
comunità o al contrario dovrà agire a favore della conservazione dello
status quo?
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Dettagli appunto:
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Autore:
Fabrizio Calabrò
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