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L’arco enunciazionale

L’arco enunciazionale


Da ultimo, dobbiamo meglio rilevare il parallelismo esistente tra la prima e l’ultima inquadratura del film (esclusi i titoli di testa e di coda). Da una parte abbiamo lo spazio virtuale del chroma key, dall’altro quello teatrale del Club Silencio; ciò delinea una sorta di arco iscrizionale di tutto il film, che va dalla esemplificazione della scambiabilità dei ruoli (che anche i giochi e la sorte riservano) all’inescambiabilità dei destini (per via della traccia incancellabile del proprio passato), dalla pletora di musica e figure (coreutiche) al microfono senza interprete nel silenzio richiesto.
Il confronto paradigmatico tra dispositivi non è tuttavia una sostituzione; esso rimane tensivamente in gioco, per via di una proprietà che teatro virtuale dell’immagine video e Club del Silenzio hanno in comune, ossia, il loro essere un limbo rappresentazionale.
Anche il destino di Diane, interno a Mulholland Dr., non deve trovare infine concretazione finale (un suicidio tutto reale), un ancoraggio definitivo nella fabula. È questo limbo della rap-presentazione cui il personaggio aspira; intoccato da ulteriori immagini a venire, sopravvive in un inframmezzo dove poter accostarsi, come angelo tragico, a ciò che di più caro ha saputo sciaguratamente estinguere.

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