Cura di sè e cura degli altri in Platone

Non in Platone, ma nei neoplatonici, c’è una biforcazione. Invece in Alcibiade Alcibiade deve occuparsi di sé per potersi occupare degli altri. Dovrà occuparsi insieme della gestione delle parti dell’anima e di ciò che salvaguarda la città. La cura di sé è strumentale alla cura degli altri. Nell Alcibiade del simposio vediamo come A. dice di essersi occupato dei cittadini ma non di se stesso. Platone stabilisce il legame cura di sé-cura deglia altri in 3 modi. La conoscenza di sé comunque appare come una forma del curarsi di sé, nel neoplatonismo la cosa si rovescerà. Ma in Platone il catartico e il politico non sono differenziati, c’è un solo procedimento, al contempo catartico e politico, che si realizza in 3 modi: 1)legame di finalità: mi occupo di me per potermi occupare degli altri. Faccio catarsi per poter diventare soggetto politico. 2)legame di reciprocità: se occupandomi di me metto in pratica la catartica, faccio del bene alla città. Mi salvo se salvo la città. 3)legame di implicazione essenziale: per mettere in pratica la catartica l’anima scopre il proprio essere e il proprio sapere, scopre ciò che è ma anche cio che ha già contemplato (reminiscenza). Contemplando, contempla la verità e ciò gli consente di fondare un nuovo ordine per la città. Nel 1-2° sec. il sé si isola come un fine che basta a se stesso. Il sé di cui ora ci si preoccupa non è un elemento di transizione verso qualcos’altro (citta o altri), ma lo scopo unico è la cura di sé. La pratica della cura di sé si conclude nel sé. Ci si cura di sé per se stessi. Ma perché le 2 cose si separano? 1° ragione: dai cinici e i postsocratici la filosofia si era sempre più fissata sulle tecniche di vita. l’arte dell’esistenza si identifica sempre più con la cura di sé.